Italia, direzione politica energetica. Per non essere una semplice "espressione geografica"

17 maggio 2022

Di Mario Caligiuri

“Qualcuno mi spiega perché Ravenna che campa molto sul turismo Adriatico vuole il gassificatore e invece Gioia Tauro che è una zona portuale industriale no?”. Questo il tweet di Chicco Testa dell’11 maggio 2022, suscitando innumerevoli commenti che è il caso di leggere, per avere la plastica conferma delle valutazioni che sui social aveva maturato Umberto Eco alla fine della sua avventura intellettuale e umana.
Il tema non è banale e, tra l’altro, spiega che per evidenziare temi fondamentali non occorrono grandi dissertazioni ma anche poche, semplici righe.
Il mio punto di vista è che occorra riflettere sempre sulle cause, individuando i dati rilevanti, attraverso un processo di intelligence volto a cogliere i segnali deboli, poiché quelli forti li vedono tutti e spesso portano da un’altra parte.
Inoltre ogni fenomeno va contestualizzato culturalmente, non schiacciato sulle asfittiche considerazioni della cronaca.
Premettiamo che, dopo pochissimi lustri da una rovinosa guerra perduta, combattuta al Nord tra italiani, il miracolo economico venne reso possibile da tre fattori: l’inserimento nel libero mercato che consentì gli investimenti espansivisi del piano Marshall; la riforma scolastica di Giovanni Gentile, che assicurò i quadri tecnici per promuovere lo sviluppo industriale; la politica energetica di Enrico Mattei che, affrontando scontri pericolosi e tragici, rappresentò il propulsore della crescita sociale del Paese.
Per comprendere quest’ultima dinamica non occorre soffermarsi né sulla bruciante attualità della vicenda ucraina né ripercorrere nella mente i fotogrammi indelebili del film “I tre giorni del Condor”.

La più scontata considerazione che viene in mente sulla differenza tra Ravenna e Gioia Tauro è la collocazione geografica, che ripropone il dualismo strutturale e sempre più accentuato tra Nord e Sud. Le affermazioni tipo “il Mezzogiorno sarà la locomotiva d’Italia” le abbiamo recentemente riascoltate, come avviene da almeno settant’anni con esiti inevitabilmente scontati.
Il problema del Sud, lo dicevano chiaramente Francesco Saverio Nitti insieme a Guido Dorso, Gaetano Salvemini e a tanti altri meridionalisti, è causato principalmente dalla inadeguatezza delle sue classi dirigenti. Le stesse che non hanno impedito che il fenomeno mafioso diventasse così penetrante.
Da precisare però che la criminalità organizzata con la globalizzazione è diventata planetaria. A pochi anni dalla caduta del muro di Berlino, il capo dell’intelligence tedesca Eckart Werthebach lo aveva lucidamente anticipato: “il XXI secolo sarà segnato da una lotta senza quartiere tra stati legali e poteri criminali”.
I porti, nessuno escluso e quindi anche Ravenna, sono luoghi da sempre di traffici illeciti e quello di Gioia Tauro in sovrappiù nasce con il marchio della mafia che, proprio grazie ai lavori di sbancamento per la realizzazione dell’opera pubblica, diventa imprenditrice, come aveva documentato Pino Arlacchi.
Inoltre, dopo oltre un quarto di secolo dalla sua apertura, quali sono i reali benefici che il porto di Gioia Tauro ha effettivamente determinato alla Calabria e all’Italia? Il risultato più rilevante ritengo sia stato invece il rafforzamento dei poteri criminali.
L’altro tema è la strategia energetica, che rappresenta la componente più rilevante della politica industriale, intesa come fattore di potenza dell’interesse nazionale.  


A tale riguardo non è più rinviabile una riflessione sul nucleare. Sull’onda emotiva di Chernobyl, il referendum ne bloccò lo sviluppo. Il parere del popolo stavolta è stato tenuto nella debita considerazione, a differenza di quanto accaduto per gli esiti relativi al finanziamento pubblico dei partiti e alla responsabilità civile dei giudici.
Abbiamo diverse centrali nucleari poste ai nostri confini e le posizioni del Ministro alla transizione ecologica Roberto Cingolani vanno valutate con grande attenzione. Appunto per questo il conflitto in corso in Europa potrebbe essere l’occasione per ripensare subito la politica energetica del nostro Paese, aprendo decisamente al nucleare. Infatti, solo in tempi emergenziali si possono assumere decisioni di vasto respiro.
Inoltre, se in Italia il dualismo territoriale continuerà a rimanere talmente profondo, potrebbero riemergere due aspetti molto pericolosi: la rinnovata richiesta di accentuata autonomia delle regioni del nord e la frantumazione dell’Italia come nazione. E questo pone il tema fondamentale della selezione delle classi politiche che andrebbe subito affrontato in vista del rinnovo del Parlamento nel 2023, attraverso una legge elettorale della quale non si sente affatto parlare e che tutto lascia prevedere non si farà.
Infine, il rapporto tra economia e criminalità rappresenta il problema politico globale più rilevante, di gran lunga superiore a quello della guerra in Ucraina.
Ecco, queste sono le riflessioni provocate da due righe di tweet partendo dai gassificatori, che sono solo tre in Italia. Pertanto, se non si interviene decisamente in direzione della politica energetica continueremo a perdere terreno nell’economia internazionale e il nostro Paese potrebbe di fatto rischiare di ritornare a essere un’ ”espressione geografica”.