Addio a Sandro Colombo, l’ingegnere carismatico davanti al quale anche Enzo Ferrari abbassava la voce

Di Massimo Falcioni

21 luglio 2022

Se n’è andato in una afosa giornata di luglio Sandro Colombo, milanese, una persona di qualità, uno dei più grandi progettisti e dirigenti del Motorsport internazionale, l’ingegnere davanti al quale persino Enzo Ferrari abbassava la voce. Colombo era arrivato in buona salute alle soglie dei cento anni (aveva superato 98 anni) mantenendo intatto il desiderio di conoscere e di fare conoscere. La sua massima era: “Non si finisce mai di imparare”. A chi gli chiedeva cosa serviva per lavorare e vivere al meglio rispondeva: “Bisogna coltivare l’arte della curiosità, essere disponibili e aperti con tutti”. Laureatosi in ingegneria al Politecnico di Milano nel 1947 a 23 anni, per più di cinquant’anni Sandro Colombo è stato uno straordinario ideatore di mezzi di trasporto partendo dai treni, poi una vita passata a progettare e sviluppare moto e auto da corsa e di serie che hanno segnato la storia delle due e delle quattro ruote, il “capo” riconosciuto di squadre famose e di centri progettazione nei segreti antri di grandi Case automobilistiche e motociclistiche. Il motore, in particolare i motori da competizione, sono stati sempre al centro del suo interesse, oltre i confini professionali, oltre l’aspetto tecnico. Tuttavia Sandro Colombo guardava oltre, appassionato di qualità per l’arte, la cartografia antica, i manufatti artigianali in ferro, la tecnica in generale fino al giornalismo e all’editoria affiancando alla sua attività di progettista di successo quella di scrittore e di direttore di significative riviste tecniche del motorismo e anche quella di autore di importanti volumi di storia della motocicletta e delle corse motociclistiche. Colombo è stato socio fondatore di AISA (l’Associazione italiana per la storia dell’automobile) diventandone presidente sin quasi dagli inizi, carica mantenuta fino al 2002, quando fu nominato presidente onorario. Ha scritto il presidente di AISA Lorenzo Boscarelli: “Uomo di tecnica, di organizzazione industriale, ma anche di cultura, Sandro Colombo è stato un rappresentante di quella tradizione tipicamente italiana che completa la funzionalità della soluzione progettuale con il gusto estetico e il rispetto per la cultura, intesa nelle sue più diverse accezioni”. La vita professionale di Colombo è sempre andata avanti su un unico binario: quello della qualità, della voglia di intraprendere strade nuove, del piacere di fare meglio. Dopo un primo impiego provvisorio in una azienda milanese di apparecchiature pneumatiche, nella primavera del 1948 il giovane ingegnere viene assunto all’ufficio tecnico della OM impegnata nel settore ferroviario contribuendo alla progettazione della automotrice ferroviaria diesel ALn 990, un mezzo di 28 metri con carico da 56 tonnellate che farà viaggiare gli italiani per molti decenni. Due anni di grande impegno e di grandi realizzazioni portano Colombo a varcare i cancelli della mitica e desiderata Gilera di Arcore, dove a fine 1950 viene assunto come Capo servizi studi ed esperienze, cioè responsabile dell’ufficio tecnico per la produzione di serie e del reparto corse, ai vertici internazionali già fra le due guerre mondiali.


Colombo fra Duke e Gilera dopo il trionfo a Monza 1953

Cinque stagioni esaltanti, dal 1950 al 1954, dove Colombo contribuisce a fare della 4 cilindri di Arcore la moto da battere, in Italia e nel mondo. Chi sale sulla Gilera vince. Con Duke, il bolide italiano trionfa al GP del Belgio di Hockenheim lambendo nel giro veloce i 200 Kmh di media: 199,300 Kmh! E’ l’epopea d’oro del Motociclismo de “I giorni del coraggio”, con le grandi Case italiane protagoniste sui circuiti e nei mercati, con la Gilera ai vertici della “classe regina” con piloti straordinari quali Duke, Amstrong, Masetti, Alfredo Milani, Colnago, Liberati. Qui Colombo “alza il tiro”, progettando e realizzando nel 1951 la nuova versione della 500 4 cilindri Grand Prix con l’adozione dell’alimentazione a quattro carburatori e con un nuovo telaio dotato di forcella telescopica e forcellone posteriore oscillante con due gruppi molla-ammortizzatore idraulico. Sorprendente l’evoluzione del propulsore cha in tre stagioni passa dai 50 CV a 9000 giri a sopra i 65 CV oltre 10.500 giri (a fine ’57 si supereranno i 70 CV a 11.000 giri e 270 Kmh di velocità con carenatura a campana) con una coppia ampia fra 6.000 e 10.500 giri e una velocità di punta di 250 Kmh: a Monza Duke gira a 182,022 di media! Colombo faceva girare quei motori sui banchi prova anche di notte tenendo svegli i cittadini a più di un chilometro di distanza dalla fabbrica. “Mai nessuno protestò – si vantava poi l’ingegnere – per quel rombo definito da tutti melodia”. La Gilera manca per poco con Alfredo Milani il titolo iridato 500 del 1951 ma si rifà ampiamente trionfando nel mondiale 1952 con Umberto Masetti e in quello del 1953 con Geoff Duke, oltre al Mondiale Marche 1953 e ai tre titoli tricolori della 500 nel 1951-’52-’53 e a decine di vittorie in gare internazionali. Ciliegina sulla torta i record mondiali sulla fettuccia di Terracina conseguiti con Piero Taruffi con il bisiluro Tarf con motore 500 Gilera 500 Grand Prix. Nel frattempo Colombo non si limita al reparto corse ma viene impegnato anche a rivoluzionare la produzione di serie: ecco la nuova bicilindrica 300 4 tempi, il motocarro leggero di 150 cc. e le 125 portate a 150. Il commendatore Gilera apprezza il lavoro del suo ingegnere ma non intende allargare i cordoni della borsa per cui Colombo, agli inizi della stagione agonistica 1954, abbandona Arcore mettendosi in proprio come consulente nel campo della progettazione di moto. C’è la fila per accaparrarsi i servizi del giovane progettista lombardo: ecco il contratto con la grande Bianchi ed ecco il contratto con la spagnola Ossa: tanti i progetti per la Casa milanese, in particolare la Tonale 175 MSDS trionfatore delle Gran Fondo (Milano-Taranto e Giro motociclistico d’Italia) e delle corse di velocità e anche di motocross (modello 245 cc) in Italia e mezzo mondo, oltre i record mondiali a Monza sui 1000 Km e sulle 6 ore a quasi 190 Kmh di media. Nel 1958 c’è il progetto Bianchi di una moto 300 cc. per l’Esercito mentre alla Ossa l’ingegnere italiano praticamente rifà tutti i modelli, oltre a concludere una partnership con la Morini. All’inizio del 1958  Colombo, in qualità di consulente della Catene Regina, inizia a collaborare con la Innocenti, diventandone responsabile reparti sperimentali auto e moto e poi direttore tecnico dell’intero settore auto.

Colombo (primo a sinista in piedi) con lo squadrone Gilera 

Nel 1963 c’è l’accordo Innocenti con la Ferrari per la realizzazione di una coupè con motore V6 di 1788cc (la metà di un 12 cilindri della Casa di Maranello) con una potenza di 156 CV a 7000 giri. Ma dopo tanti investimenti il progetto non va oltre il prototipo con l’ingegner Colombo che si guarda attorno, approdando al gruppo Fiat per il nuovo Centro Studi di Orbassano. Ancor prima di iniziare il suo nuovo lavoro, Colombo riceve dal direttore tecnico del settore auto FIAT ingegner Oscar Montabone la proposta di passare subito alla Ferrari, quale “aiutante” del Drake. Così il 15 settembre 1971 per Colombo inizia l’avventura a Maranello, ufficialmente con il compito di stabilire un collegamento diretto fra la gestione sportiva Ferrari e la Fiat consentendo al colosso torinese di mettere a disposizione della prestigiosa Casa emiliana quel che le occorre. Il nuovo lavoro di Colombo, da “transitorio” diventa subito “stabile”: in data 30 novembre 1971 un ordine di servizio precisa che l’ incarico ufficiale dell’ingegnere è quello di “assistente del Presidente con riferimento a tutto quanto attiene l’attività della Gestione Sportiva: svolgimento dei programmi progettativi, costruttivi, sperimentali, agonistici”. Di fatto, nel triennio 1971-1973, Colombo è il “braccio destro” del Drake. Ma a Maranello tira aria di burrasca, specie in F1, con il giovanissimo Ing. Mauro Forghieri prima messo in seconda fila e poi riportato a capo del reparto corse, ma con Colombo sempre a orientare e a tirare le fila, anche sul piano tecnico, in nome del Drake. Colombo cambia volto e sostanza al reparto corse e all’impegno in F1 e nel mondiale Prototipi, dominandolo. 
Ricordava Colombo: “Quando io sono arrivato in Ferrari, uno dei compiti principali era quello di riportare alla vittoria le vetture del Campionato Marche, i prototipi, perché nel ’71 quando hanno fatto la 312 P, il primo prototipo con il motore a 12 cilindri boxer, avevano solo 2 macchine e con 2 macchine era molto difficile fare un campionato Marche, con gare su distanza, quando erano poco, di 500 km come a Monza, ma normalmente di mille chilometri”. Colombo parla con Ferrari: ”Se vogliamo vincere il campionato, bisogna che noi cominciamo a fare un programma un po’ a lunga scadenza per produrre un certo numero di vetture, di motori”. La reazione del Drake è immediata: “Colombo, noi non siamo la Santa Sede che si può permettere di fare programmi a millenni, noi qui dobbiamo agire rapidamente”. Colombo capisce l’aria che tira a Maranello e mette a frutto la lezione. Anche se niente è facile, specie in F1, dove le nuove 312 B2 vanno forte ma vincono solo al Nurburgring con Icks con i tre secondi posti e tanta sfortuna.

Colombo con Agnelli e Pininfarina

Nel 1973 c’è il taglio del budget agonistico ridotto del 50% rispetto alla stagione precedente con il rimescolamento interno al reparto corse e non solo. Colombo inventa (con la collaborazione di uno stuolo di super tecnici quali Franco Rocchi, Giancarlo Bussi, Giorgio Ferrari, Giacomo Caliri) la nuova scocca per la F1 in pannelli di avional piegati, incollati e chiodati e con elementi in acciaio sulle due testate per il collegamento delle sospensioni anteriori sul davanti e per l’attacco del motore, dietro. I problemi, non solo tecnici, non mancano e Ferrari impone per la F1 una “pausa di riflessione”. Colombo viene richiamato alla base, in FIAT a Torino e poi a Milano, alla direzione Ricerche Magneti Marelli per la parte elettromeccanica e per le applicazioni automobilistiche, in partnership con il Centro Ricerche Fiat. Dal 1977 al 1982 a Colombo è assegnata la direzione tecnica centrale della Magneti Marelli. Poi, verso la fine del 1980 l’apertura di un proprio ufficio a Milano in corso Indipendenza, per consulenze a grandi Case, iniziando proprio dalla Magneti Marelli e poi dalla Piaggio per una consulenza alla Gilera di Arcore, un ritorno al primo amore che dura fino al 1991. Nel corso degli anni Colombo aveva collaborato assiduamente con giornali (fino al 1996 anche con il Corriere della Sera) e riviste (direttore di Mototecnica, Autotecnica, Legend Bike) scrivendo con successo anche libri e enciclopedie di settore. Non solo: Colombo ha svolto anche incarichi federali e associativi nazionali e internazionali: dal 1948 al 1958 commissario tecnico della Federazione Motociclistica Italiana; dal 1958 al 1973 membro della commissione tecnica internazionale della FIM e poi commissario tecnico unico internazionale; nel 1969 vice presidente della FIM; dal 1964 al 1968 presidente della commissione tecnico-sportiva della Fmi; dal 1984 al 1987 membro del Technical Advisor Committee della Fim; dal 1977 al 199 presidente della commissione culturale dell’Asi, dopo esserne stato, come già scritto, fra i soci fondatori e presidente. Nel 1973 era stato nominato consulente tecnico dal magistrato per l’incidente mortale di Monza in cui perirono Renzo Pasolini e Jarno Saarinen. Dire che Alessandro Colombo è stato un grande ingegnere carismatico è dire poco perché è stato per decenni protagonista e interprete del complesso mondo delle due e della quattro ruote, specie quello agonistico, capace di interpretarlo e poi di trasmetterlo a tutti lasciando un segno indelebile, anche di umanità. Sempre con la sigaretta in bocca.