Auto a benzina e diesel, stop della Ue dal 2035. L’Europa nella tagliola cinese?

21 giugno 2022

Di Massimo Falcioni

Il “Fit for 55” già di per sé, scritto così, mette subito sul “chi va là” non solo chi in Italia non mastica la lingua inglese ma chi sa che, su certe questioni, quando si tratta di Europarlamento vale sempre il detto “fidarsi è bene non fidarsi è meglio”. Intanto perché quando come in questo caso dello stop alle auto a benzina e diesel dal 2035 si rivoluziona un comparto industriale che da oltre un secolo condiziona in modo notevole le economie del mondo, oltre la società stessa. Poi perché il pacchetto di misure proposte dalla Commissione Europea e votato dal Parlamento europeo (comunque non è un organo legislativo) che costringerà le case automobilistiche europee ad abbandonare dopo oltre un secolo e mezzo i motori endotermici a combustione diesel e benzina è stato votato a maggioranza (339 voti a favore e 249 contrari oltre 24 astenuti) e non entrerà in vigore, con valore legale, nei Paesi membri dell’Ue, ma sarà oggetto di negoziati fra tutti i governi membri. L’unica deroga riguarda l’Italia, con l’approvazione dell’emendamento “salva Ferrari” proposto dai parlamentari di tutti i partiti del Belpaese: di fatto un allungamento di 6 anni alle regole Ue sugli standard di emissione di gas serra di cui beneficiano i piccoli produttori di auto (da 1000 a 10 mila veicoli prodotti ogni anno) e di furgoni (da 1000 a 22 mila veicoli). In generale, specificatamente all’Italia, la decisione dello stop alle auto a benzina e diesel diventerà oggetto di confronto e lotta politica fra i partiti, una patata bollente nella lunga campagna elettorale in vista delle elezioni politiche del 2023.


Allo stato attuale, almeno in apparenza, fra i partiti di governo solo la Lega aveva avanzato significative riserve di metodo e soprattutto di sostanza, con il ministro Giorgetti a lanciare appelli al realismo e con il leader del Carroccio Salvini che bolla questa ultima misura della Ue, non senza ragioni, “un regalo alla Cina”. All’opposto, soprattutto il Pd, in prima linea nella battaglia della cancellazione a breve delle auto a benzina e diesel e nella difesa tout court dell’intero pacchetto “Fit for 55”. Non si tratta, qui, di mettere in discussione la validità della Ue e la legittimità del suo parlamento ma stavolta, se le intenzioni della maggioranza dei parlamentari europei dovessero venire confermate anche dopo il cosiddetto “trilogo”, si avrebbe una rivoluzione epocale alla guisa della pianificazione sovietica staliniana del tempo che fu. In Europa le decisioni vengono prese dopo tre livelli di confronto fra Commissione Ue, Parlamento e Consiglio Ue (composto da capi di Stato e di governo): in questo caso, al di là di spaccature e voti di (risicata) maggioranza, sono già stati superati i primi due livelli decisionali. Adesso il Consiglio dovrà esprimere una sua proposta di “mediazione”. L’eventuale intesa fra le Nazioni dovrebbe approdare al Consiglio Ambientale del 28 giugno per stabilire nel dettaglio l’accordo definitivo sulle nuove regole, a quel punto, valide per tutti i Paesi Ue.  


Sostanzialmente ci sono tre schieramenti: chi vuole anticipare l’addio alle auto con motore termico a fine decennio. Chi punta a standard meno severi, dando la possibilità ai costruttori di acquistare crediti verdi e cercando di garantire una quota di mercato ai biocarburanti e ai carburanti sintetici. Chi, infine, non vuole nessuna cancellazione delle vetture con propulsori endotermici, lasciando ogni decisione al libero mercato. Ricapitoliamo: stando al divieto Ue approvato l’8 giugno 2022, dal  2035 le auto a benzina, diesel e ibride non potranno più essere vendute ma, comunque potranno ancora circolare quelle esistenti (fino a quando?). Quel che pari manchi alla Ue in questa decisione è il realismo. Oggi le auto elettriche costituiscono il 10% del mercato europeo, mentre le auto a benzina sono ancora il 36% del mercato, il 61% se si sommano le normali auto ibride (alimentate comunque a benzina) e le diesel sono il 17% del mercato. L’elettrico non tira ancora, dunque. Perché. Intanto perché, oggi, una semplice utilitaria elettrica costa il doppio di una utilitaria ibrida di pari dimensioni e prestazioni. Poi c’è il problema batterie che non consentono più di 250-350 Km di autonomia con almeno mezz’ora di tempo per la ricarica. Che succederà quando tutti i veicoli saranno elettrici? Quali ingorghi si formeranno alle colonnine che oggi sono sotto 30.000 in tutta Italia con 150 nelle autostrade?


Solo da questi accenni si capisce che la rivoluzione elettrica comporta forti sacrifici ai consumatori e ai produttori, un durissimo colpo all’economia, specie in Italia dove si prevedono almeno 75 mila posti di lavoro cancellati, circa la metà dell’intero settore e mezzo milione di disoccupati in Europa. Il nuovo non compensa il vecchio sistema. Per realizzare un motore diesel servono 10 persone, per il benzina 3 e per l’elettrico solo 1. La componentistica dei motori endotermici conta oggi (dati Anfia) 2200 imprese, 161 mila addetti, 105,8 miliardi di fatturato, per il 6,5 del Pil. Con l’avvento dell’elettrico buona parte di questi volumi salterebbero. Si può recuperare producendo batterie? Oggi il 70% delle batterie è prodotto in Asia con la Cina che ne produce da sola il 45%. Poi Corea del Sud e Giappone. Chi, come Salvini, parla di “gran regalo alla Cina”, in questo caso non ha torto soprattutto perché le materie prime con cui vengono prodotte le batterie, le “terre rare” sono sempre più monopolizzate dai cinesi, non solo nel suo territorio e in Asia, ma anche in Africa.


Controllando il 70% delle forniture globali di terre rare, la Cina è un quasi-monopolista. Se per renderci indipendente dal petrolio e dai suoi fornitori, a dir poco inaffidabili, ci mettiamo nella tagliola della Cina, non faremo certo un cambio vantaggioso. Anche da questo punto di vista, l’Ue rischia di commettere un suicidio strategico. Comunque, si dice alla Ue e non solo lì, le auto elettriche consumano meno e non inquinano. E’ così? Non proprio. Per essere “carbon neutral” l’auto dovrebbe essere ricaricata al 100% da fonti rinnovabili, cosa ancora impossibile. Inoltre i processi di estrazione delle materie prime che servono a produrre le batterie utilizzano moltissima acqua e sono inquinanti. Infine, l’ultima domanda inquietante: come verranno smaltiti i miliardi di batterie che in futuro diventeranno vecchie e inutilizzabili? Ad oggi, si stima che fino a 80mila chilometri un’auto endotermica (a benzina o diesel) e una elettrica producano pari emissioni. Di fronte a questi e ad altri interrogativi non sarà bene approfondire e rivedere tutta la questione prima di infilarsi in un buco nero da cui sarà assai difficile uscirne?