Difesa europea: stanziati 8 miliardi fino al 2027

05 dicembre 2022

Di Giuseppe Leone

Lo scorso anno, per l’esattezza nel mese di aprile, è stato istituito, all’interno del bilancio pluriennale della UE per il 2021-2027,  il “Fondo europeo per la difesa” con risorse per quasi 8 miliardi  di euro per sette anni, divisi nei due pilastri della ricerca (con 2,65 miliardi, a patto che non sia ricerca di base) e dello sviluppo dei progetti (5,3 miliardi). 
L'obiettivo generale del Fondo europeo per la difesa – si legge in un dossier della Camera - è quello di promuovere la competitività, l'efficienza e la capacità di innovazione della base industriale e tecnologica di difesa europea, contribuendo "all'autonomia strategica dell'Unione e alla sua libertà di azione". Per rendere più efficiente la spesa, il fondo intende quindi sostenere prodotti e tecnologie europei, favorendo le economie di scala e la standardizzazione dei sistemi di difesa. 


I progetti – si specifica - sono finanziabili solo se coinvolgono almeno tre soggetti giuridici diversi (non controllati tra loro) di tre diversi Stati membri. 
Il Fondo è in linea di principio riservato alle imprese che sono stabilite in un Paese dell'Unione o associato (cioè per ora Norvegia, Islanda, in attesa della definizione dei futuri rapporti col Regno Unito) e non siano controllate da un Paese terzo o da soggetti di paesi terzi.  È comunque prevista, a certe condizioni, la partecipazione di aziende stabilite nell'Ue ma controllate da Paesi o entità terze. 
Per le attività di ricerca – evidenzia il dossier - il progetto può essere finanziato anche al 100%. Per le attività di test, certificazioni e collaudi, la quota di finanziamento può invece arrivare fino all'80% delle spese complessive. Per lo sviluppo di prototipi la quota non può eccedere il 20%, dei costi, con un incremento progressivo se il progetto è stato già approvato nell'ambito della cooperazione strutturata permanente (PESCO) o coinvolga Pmi o imprese a media capitalizzazione. 


Per essere selezionati i progetti devono essere fortemente sostenuti anche a livello nazionale, non solo dal punto di vista finanziario. Considerando che i programmi devono essere "sostenibili sul piano commerciale nel medio e lungo termine", il processo di selezione   tiene conto della disponibilità degli Stati membri ad acquistare il prodotto finale. Tale disponibilità diventa elemento essenziale per lo sviluppo di prototipi, per i test e le attività di qualificazione e certificazione dei prodotti. 
Una parte di fondi, tra il 4 e l'8 % - precisa ancora il dossier - è destinato a sostenere le cosiddette "tecnologie di rottura", attività a forte contenuto innovativo che possono essere fornite anche e soprattutto da università e centri di ricerca (in questo modo si favorisce la partecipazione ai progetti degli Stati membri sprovvisti di una significativa industria nazionale di settore). 
Sono invece escluse dai finanziamenti le armi letali autonome (quelle cioè che "non permettono un adeguato controllo umano sulle decisioni in materia di scelta e intervento nell'esecuzione di attacchi contro l'uomo"), con possibili eccezioni solo per i sistemi di allarme rapido e di contromisure a fini difensivi.