“Silenzi comunicanti tra verbo e simbolo”

Una mostra che si tiene tra le sale di Palazzo Cusani, nel cuore di Milano, sede del Corpo d’Armata di reazione Rapida della Nato e del Comando Militare Esercito della Lombardia. Il connubio arte e servizio è fisicamente realizzato e il titolo esalta un aspetto importante del servizio militare.

Di Antonio Pennino

18 novembre 2021

“Silenzi comunicanti tra verbo e simbolo” un titolo che sembra una contraddizione in termini, ma in realtà esprime uno dei concetti più forti e veri della nostra vita. 
Quante volte avete incontrato gli occhi di una persona, donna o uomo, che vi hanno colpito, provocandovi una forte emozione e in quello sguardo avete letto tanti messaggi: amore, condivisione, pietà, aiuto, allarme, rimprovero.
Avete trovato questi sguardi più forti di una qualsiasi parola, di una qualsiasi espressione verbale, di un qualsiasi discorso, urlato o meno. 
Quante volte avete provato soggezione di fronte a uno sguardo severo che vi interrogava su quello che avete fatto? Lo sguardo che vi uccide senza l’uso di un’arma. 
Quante volte avete espresso amore e passione o avete letto amore e passione nello sguardo che stavate incrociando. Non una parola, non un gesto, ma solo e soltanto uno sguardo intenso, forte, intriso di passione che se potesse esploderebbe in una mimica accompagnato dal canto dell’amore.
In questo tempo di “mascherine” quante volte abbiamo parlato con gli occhi o abbiamo letto gli occhi degli altri. 
In questo tempo di pandemia, forse, abbiamo provato spesso il silenzio, nel suo peso e nella sua, a volte forte, gravosità. Chiusi in casa da soli o in giro con il “distanziamento sociale”. Il silenzio delle mura domestica, così solitario per chi non le condivide con alcuno. Un momento di raccoglimento o un momento di tristezza, che trovava la sua reazione più forte nel ritrovarsi nel distanziamento sociale e nell’atmosfera musicale dei balconi e delle finestre quasi a dire che di quel silenzio isolamento non ne potevi più. Quindi anche quel silenzio pesante parlava. 
E poi il silenzio che ricorda la solitudine dell’essere umano solo al comando, da cui tutti aspettano la decisone e a cui tutti quelli che non hanno responsabilità suggeriscono decisioni. Chiuso in se stesso, analizza il quadro delle informazioni che gli sono state fornite o che ha acquisito, per decidere se andare da una parte o da un’altra, se perseguire una strategia o un’altra, se investire su un settore o su un altro. Riflette su le possibili conseguenze della sua decisione sugli altri che da lui dipendono. 
Ed ancora il silenzio che improvvisamente subentra ad un fragore o a un temporale. Verrebbe quasi da recitare il canto di Leopardi “la quiete dopo la tempesta”. Viene spontaneo, però, immaginare che dopo un fragore a volte segue un lamento, mentre dopo un temporale un ritorno alla gioia. E questo si esprime anche con il silenzio. Guarda un volto con attenzione e scoprirai emozioni importanti, passioni forti e non udirai una parola, ma quelle espressioni parlano con il silenzio e nel silenzio. 

Palazzo Cusani

Il silenzio, però, precede anche momenti esplosivi, in senso positivo e in senso negativo. A volte è la premessa a un boato di gioia o a un tonfo di tristezza. 
Insomma, il silenzio è una grande comunicazione. 
Quindi silenzio è comunicazione, è una espressione di emozioni, messaggi passioni, allarmi quindi il silenzio va letto e bisogna imparare a leggerlo. 
“Silenzi comunicativi tra verbo e simbolo” è diventata una mostra. Vi racconto come.
Mi sono imbattuto in questa esposizione degli artisti Alfredo Rapetti Mogol e Lara Martinato. Conosco più la seconda che il primo perché mi aveva attratto la sua collezione sui Samurai. Allora comandavo il reparto corsi degli ufficiali dell’Esercito e avevo condiviso con l’Artista l’idea di un connubio “arte ed etica” coinvolgendo i giovani che avevano scelto di intraprendere la vita militare. La collezione sui soldati giapponesi di guardia al Palazzo dell’Imperatore, poi diventati casta militare con un forte codice d’onore, si prestava bene per parlare di etica del servizio. 
Il Covid ha impedito la realizzazione di questo progetto ma il progetto di declinare arte ed etica era diventata una idea fissa, in una realtà che spesso è più materialista che spinta da un ideale. Allora eccoci ai silenzi comunicativi tra verbo e simbolo. 
Una mostra ambientata in un antico palazzo del cuore di Milano: Palazzo Cusani, sede del Corpo d’Armata di reazione Rapida della Nato e del Comando Militare Esercito della Lombardia. Il connubio arte e servizio è fisicamente realizzato e il titolo esalta un aspetto importante del servizio militare. 
L’arte parla in silenzio attraverso una immagine, un dipinto, una realizzazione tridimensionale, una forma, una architettura. E il soldato che opera si esprime in silenzio: attraverso gesti, attraverso la concentrazione su un particolare aspetto, attraverso l’analisi di ciò che lo circonda, nella decisone. 
Il silenzio, quindi, comunica in ogni circostanza, in ogni ambiente, in ogni contesto. 
Lo sguardo, un esempio silenzioso, può uccidere come ridare vita, può esaltare come abbattere, può incitare come frenare. L’essere umano, di fatto, è orientato visivamente e si fida più della vista che di altri sensi. Gli occhi sono lo specchio dell’anima, recitava un vecchio andante, quindi non mentono mai, comunicano gioia, dolore, turbamento, rimprovero….
E così il linguaggio del corpo, come un’opera d’arte, è un silenzio comunicativo a volte rotto dalla espressione verbale, analogico, determinando la natura delle relazioni e quindi emozioni, e digitale. veicolando informazioni e quindi arbitrarietà, perché le informazioni sono la decodifica di un qualcosa che noi abbiamo interpretato.

Generale di Brigata dell'Esercito Italiano, Antonio Pennino