A scuola di startup. Conversazione con Carlo Mazzone

Di Camilla Povia

30 ottobre 2021

Carlo Mazzone insegna Tecnologie dell’informazione e della comunicazione e Informatica all’Iti “Giambattista Bosco Lucarelli” di Benevento. Ha elaborato metodologie didattiche innovative, stimola i suoi studenti a progettare start-up imprenditoriali e si batte contro la dispersione scolastica. Da qualche giorno è anche il primo docente italiano a essere stato nominato nella rosa dei dieci finalisti del Global Teacher Prize.

Ci spiega come ha fatto a essere candidato a un premio così prestigioso?

“La mia candidatura è stata proposta da Junior Achievement Italia, un’associazione che si propone di portare l’imprenditorialità nella scuola. E ho aderito molto volentieri a questi progetti perché sono esattamente il mio approccio alla didattica. C’è bisogno di creare partecipazione negli alunni: per questo ho inventato il “VivariumWare”, una metodologia didattica che consiste nel dividere i ragazzi in gruppi di due o massimo tre persone, ciascuna con il proprio ruolo e un proprio leader, e li sfida a gestire una mini-impresa simulata volta alla realizzazione di un progetto, con la creazione di un logo. Ogni settimana riferiscono all’insegnante i progressi del loro progetto, il quale fornisce indicazioni di massima sulle tecnologie da usare ma lascia piena libertà nelle scelte di realizzazione del progetto stesso”.

La fondazione che ha selezionato i docenti per il Global Teacher Prize, stanzia ogni anno un premio da un milione di dollari da impiegare in progetti scolastici. Mai come quest’anno, vissuto in didattica a distanza per il Coronavirus, ottenere quel finanziamento sarebbe una conquista. Come cambierebbe la scuola?

“Centomila dollari all’anno in dieci anni sarebbero importantissimi. Al vincitore del premio di certo spetterà una indicazione sui progetti scolastici da presentare. Personalmente lavorerei sulla dispersione scolastica e su quella digitale. In alcune aree della Campania e del Sud c’è fortissima dispersione scolastica e digitale, perché famiglie più deboli hanno difficoltà a stare al passo con questi cambiamenti. Si immagini un ragazzo che fa il fabbro, proiettato in un mondo che è tutto ‘civiltà delle macchine’, non riuscirebbe a stare al passo non solo con la tecnologia ma neanche con la formazione. Dunque per me le parole chiave sono dispersione e imprenditorialità”.

Le scuole italiane non sempre brillano per strutture e servizi, ed è un dato che è venuto ancor di più fuori con l’inizio della scuola ai tempi della pandemia. In un mondo che parla sempre di più 5G, la scuola non rischia di restare fuori dal progresso?

“Assolutamente sì. Io cerco di lavorare appunto nella direzione delle tecnologie, mi definisco un evangelista digitale. Lei pensi che qui ci sono alcune zone che non sono raggiunte non dico dal 4G ma neanche da un Adsl con velocità di 7megabyte. E’ ovvio che bisogna puntare su maggiore ‘informazione’ e ‘comunicazione’ sugli effetti positivi del 5G. E nel contempo serve più consapevolezza nel filtrare quelle informazioni, perché alcuni pensano che il 5G produca le scie chimiche e a causa di esso saremo controllati da un chip sottopelle. Purtroppo è la verità. Bisogna fare uno sforzo non solo per adeguare le infrastrutture ma anche per investire in una vera campagna di informazione”.

Oggi tra l’altro si celebra la Giornata Mondiale degli Insegnanti, un mestiere sempre più complicato.

“La società è cambiata, si sono persi molti riferimenti ed è molto più difficile fare l’insegnante adesso. Penso si debba riscoprire il valore dei docenti e del loro insegnamento, anche mediaticamente grazie allo spazio che voi dedicate al nostro settore. Scuola significa società, educazione ed evoluzione antropologica, non scordiamolo. Noi non dobbiamo formare solo ‘manodopera’ ma anche delle persone che possano trovare la loro libertà all’interno della società attraverso la conquista di competenze e cultura a tutto tondo”.