L'intelligenza artificiale e "la fine del lavoro come lo conosciamo"

23 maggio 2023

Di Augusto Ficele

Frenare l’innovazione è senza dubbio inutile. Secondo una ricerca di Goldman Sachs due terzi dei lavori negli Stati Uniti e in Europa cambieranno profondamente, l’intelligenza artificiale di certo compirà una svolta nelle modalità di lavoro legate all’assistenza, alla programmazione e al mondo legale e amministrativo, si stima che il 46% delle posizioni di quest’ultimo settore potrebbe essere sostituito dall’IA; 300 milioni di lavoratori nel mondo saranno a rischio, rimarrà indietro chi non sarà in grado di utilizzare gli strumenti del loro tempo.


La sostituzione degli esseri umani in alcuni lavori è dunque possibile, anzi, è certo. Accadrà nel colosso Ibm, tra le aziende più influenti dell’industria tecnologia americana. IL CEO Arvind Krishna, in un’intervista rilasciata a Bloomberg, ha dichiarato che le assunzioni saranno sospese o rallentate e prevede che, nell’area delle risorse umane e nel servizio clienti, in funzione di backoffice, nei prossimi 5 anni, 7800 posizioni attualmente ricoperte dagli esseri umani verranno rimpiazzate dall’intelligenza artificiale.


Altro caso eclatante è Walmart, il colosso americano della vendita al dettaglio si sta avvalendo dell’intelligenza artificiale tramite l’utilizzo del software Pactum. Il chatbot in questione è in grado di comunicare con i fornitori al posto dell’ufficio acquisti, i risultati sono inattesi, la stessa società dichiara di aver raggiunto con successo un accordo con il 68% dei fornitori, con un risparmio medio del 3% dei contratti gestiti rispetto a quelli precedentemente siglati con gli esseri umani.
La preoccupazione verso un mondo sempre più automatizzato è tangibile, come afferma Aaron Benanav, sociologo e storico dell’economia, nel volume “Automazione. Disuguaglianze, occupazione, povertà e la fine del lavoro come lo conosciamo”, edito da Luiss University Press, «nelle fabbriche più avanzate del pianeta, aziende come Tesla stanno per avviarsi verso una produzione a “luci spente”, in virtù della quale processi lavorativi completamente automatizzati non richiederanno nessun intervento umano e potranno andare avanti al buio. Nel frattempo, nelle sale illuminate dei convegni di robotica, si mettono in mostra macchine in grado di giocare a ping-pong, cucinare, avere rapporti sessuali e perfino sostenere una conversazione. I computer non stanno soltanto creando nuove strategie per giocare a Go, ma si dice stiano anche scrivendo sinfonie che faranno commuovere il pubblico. Già ora negli Stati Uniti sfrecciano camion senza conducente e cani robotici trasportano attraverso pianure desolate armi destinate ai militari. Stiamo forse vivendo il crepuscolo del lavoro umano?».


La vera sfida, oggi, è essere consapevoli dell’uso dell’intelligenza artificiale perché ci si impegni a delle applicazioni regolate a livello europeo e a delle soluzioni in cui l’affiancamento tecnologico permetta di lavorare di meno e meglio. Ad esempio, l’integrazione dell’intelligenza artificiale nel campo medico sta ottenendo risultati incoraggianti: di recente è stata applicata per stabilire l’insorgenza di malattie tumorali al seno con 4 anni di distanza rispetto a quando potrebbero essere individuate dal medico attraverso le analisi tradizionali.


A fronte di questo cambiamento, la domanda che bisogna porsi è se effettivamente la formazione e l’aggiornamento professionale saranno sufficienti al fine di equilibrare la domanda di manodopera in un’economia automatizzata. A tal proposito diventa sempre più incessante il dibattito attorno al reddito di base universale come risposta necessaria all’automazione e come accesso alle risorse di cui gli individui hanno bisogno per perseguire le loro passioni. L’avanzata tecnologica è inarrestabile e sarebbe bene non avere solo una visione unidirezionale, come quella distopica, potrebbe al contrario essere una spinta per una ristrutturazione radicale della vita sociale. Al momento manca un rinnovamento delle organizzazioni di massa della classe lavoratrice ed è una sconfitta da cui bisogna obbligatoriamente ripartire.