16 settembre 2020
Ancona come Beirut. Il porto in fiamme. Per fortuna con un bilancio diverso.
Nella realtà asettica a pressione e temperatura costante che viviamo in poche isole sociali immaginando il mondo che verrà e travisando il mondo che è; nei luoghi dove entriamo solo con il riconoscimento facciale, la scannerizzazione dell’iride, l’impronta digitale, indossando mascherine cuffie guanti calzari perché noi esseri sudanti fornitori di cellule morte per il nutrimento degli acari destinati alla perdita dei capelli potremmo disturbare i preziosi microchip, ogni tanto entra con fragore il mondo reale e i suoi tremendi rischi.
I porti da millenni continuano ad essere un concentrato di vita vera . Una moltitudine di lavori diversi, odori forti, umanità mescolata, depositi di ogni cosa, lampi di scintille di grandi smerigliatrici che tagliano il ferro, enormi navi che nascono dal nulla, si mescolano a gente che va e che viene disperata, allegra, aggrappata al porto come ad un gancio sul vuoto o desiderosa di una rampa di lancio per ogni dove, esseri coperti di stracci, tutte da lavoro o eleganti mise da circolo velico. Spacciatori e nuovi mercanti di uomini assieme a grandi uomini d’affari e signore ingioiellate e operai dei cantieri.
The Sun: le immagini dell'incendio divampato lo scorso 4 agosto al porto di Beirut
Li ho conosciuti gli operai del cantiere navale di Ancona avanguardia politica e sindacale, ai quali il partito e il sindacato aveva dato una chiara coscienza di se e della loro importanza. Anche questo sarà cambiato di certo nei decenni ma spero non abbiano perduto del tutto la loro capacità di essere classe e presenza attiva nella città.
I porti dati per morti inutili e superati non si sa quante volte tornano sempre senza doversi muovere. Dinamici perché immobili. Sono lì dove li hanno fondati i dori, i fenici, i greci, i romani, gli ottomani, gli arabi, per parlare solo di questo nostro piccolo e straordinario mondo mediterraneo. Si reinventano in continuazione e a volte si fanno sentire per esplosioni incendi come vulcani che, vivi, si caricano di energia nella indifferenza generale per prima o poi esplodere. Ci volevano i cinesi e la loro nuova via della seta per ricordarci che il controllo economico del mondo e la coltivazione di idee imperiali dalle repubbliche marinare ad oggi lo si fa ancora con il controllo dei porti
Ancona è il porto. Dai Dori ai Greci, dai Greci ai Romani di Traiano, nel medioevo perno della crescita urbanistica e poi giù dentro alla crisi quando il mondo guardò ad occidente per infine riprendersi nel 1700. Alti e bassi ma sempre al centro della vita della città.
Vista aerea del porto di Ancona
Oggi Ancona è tanto altro, Università Ospedale regionale capoluogo politico e istituzionale, ma il porto è sempre lì. Identità della città, motore sempre attivo di scambi e attività economiche, porta dal fascino incomparabile aperta verso l’oriente. Dall’altra parte del mare ma saldamente legate dall’acqua che quando stringe è più forte di una cima, le splendide sorelle croate di Zara, Spalato, Ragusa.
San Francesco di Assisi scelse il porto di Ancona per imbarcarsi, 801 anni fa, verso Damietta in Egitto. Sul porto vegliano San Cririaco, San Francesco, Santa Maria della Piazza (di una bellezza struggente), Santa Barbara che avrà lottato contro le fiamme assieme ai vigili del fuoco. Perché il porto ha da sempre bisogno di essere protetto dagli uomini per quello che possono e dalle preghiere per quello che non possono. Non c’è porto che non abbia una spiritualità popolare profondamente radicata. Il porto e la fede, la fede è un porto per tanti. Chissà se è così anche per religioni diverse da quella cristiana, devo approfondire.
Noi pesaresi non è che amiamo molto Ancona o meglio facciamo fatica a riconoscerne il ruolo però ci siamo sentiti anconetani ogni volta che quella città ha dovuto patire, come con il terremoto del 1972 o la grande frana del 1982.
Anche stamattina aprendo i notiziari non abbiamo potuto che provare tanto affetto e vicinanza verso Ancona e gli anconetani, assieme ad una incrollabile fiducia: quando l’incendio si sarà placato si contreranno i danni ma poi tutto ricomincerà come prima perché è giusto così.
I Porti sempre nuovi sempre uguali sempre vivi.