Più che un immediato “botta e risposta”, quello della Cina all’Unione Europea che ha dichiarato guerra alle auto elettriche prodotte nel Paese con gli occhi a mandorla perché secondo Bruxelles violano le regole di mercato, è una minaccia che rischia di debordare, andando oltre la questione specifica. Parole come pietre, messe nero su bianco, quelle del ministero del Commercio cinese che rifiuta l’accusa di dumping e attacca “a caldo” la decisione della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen di avviare un’indagine sui veicoli elettrici cinesi ritenuti “fuori regola” in quanto beneficiati da sussidi statali di Pechino.
Questo il comunicato: “Le indagini pianificate dell’Unione europea contro i produttori cinesi di veicoli elettrici sono un puro atto protezionistico che interromperà e distorcerà gravemente la catena globale dell’industria automobilistica e delle forniture e avrà un impatto negativo sui legami economici e commerciali fra Cina e Ue”. E’ poi seguita la minaccia del Global Times, tabloid del Partito comunista cinese: “Se l'Ue intraprende un'azione sleale, la Cina ha diversi strumenti da utilizzare come contromisure per proteggere gli interessi legali delle aziende cinesi”. Forte e chiaro. Cosa aveva detto specificatamente von der Leyen nel suo ultimo intervento al parlamento europeo? “I mercati globali sono ora inondati di auto elettriche cinesi più economiche. E il loro prezzo è mantenuto artificialmente basso da enormi sussidi statali”. Non sono questioni di lana caprina tenendo conto di cosa l’auto elettrica significhi e cosa significherà ancor più a breve nel mondo. La partita dell’auto elettrica è impari e le ripercussioni negative per l’Europa e più in generale per l’Occidente potranno andare ben oltre il settore auto e dei trasporti. Secondo Jato Dynamics Ltd (fornitore globale di business intelligence automobilistica con sede a Uxbridge Londra) c’è stato a luglio 2023 in Europa il boom delle auto cinesi: + 131%, specificatamente +62% di auto elettriche.
La forbice, specie nell’elettrico, è destinata ad allargarsi sempre più a favore della Cina. Nella prima metà del 2022 il costo medio di un veicolo elettrico cinese è stato inferiore a 32 mila euro, contro i 56 mila di quelli europei. Tale enorme vantaggio non è solo dato dai sussidi ma anche dal fatto che Pechino controlla e distribuisce gran parte della catena di approvvigionamento delle materie critiche oltre a provvedere alla loro lavorazione e messa sul mercato internazionale. Ciò riguarda, soprattutto, le batterie che alimentano le auto elettriche. Infatti la Cina rappresenta da sola il 76 per cento della capacità di produzione mondiale delle batterie, mentre l’Ue, al pari degli Usa, non va oltre il 7%. Nel 2021, Pechino ha prodotto 665 Gwh contro i 71 dell’Ue. Nel vecchio continente si producono batterie soprattutto in Ungheria, Polonia e Svezia. Con gran ritardo, Germania, Francia, Italia stanno cercando di recuperare, intanto con 6 miliardi di aiuti di Stato per spingere sul “gigafactory, le fabbriche di batterie. Bene, ma bisogna sempre tener conto del fatto che servono quelle materie prime che sono in Cina e in Paesi controllati dal gigante asiatico.
La stragrande maggioranza delle vendite di auto elettriche fino a oggi si concentra principalmente in tre mercati: Cina, Europa e Stati Uniti. Includendo gli ibridi plug-in, le vendite di auto green in Cina hanno raggiunto i 5,67 milioni nel 2022, più della metà di tutte le consegne globali. Il mercato cinese rappresenta il 60 per cento delle vendite globali di auto elettriche e più della metà di tutti i mezzi di nuova generazione in circolazione nel mondo si trova nel paese asiatico. Non solo: crescono le esportazioni verso Europa e Stati Uniti, dove le auto cinesi rappresentano già il 35 per cento delle nuove vendite. I produttori cinesi, tra cui Byd, Nio e Xpeng, stanno puntando con forza al mercato europeo, le cui vendite sono aumentate di quasi il 55 per cento, raggiungendo circa 820 mila veicoli nei primi sette mesi del 2023, pari a circa il 13 per cento di tutte le vendite di auto. Si prevede che le vendite globali di veicoli elettrici cresceranno di quasi un terzo nel solo 2023 fino a superare i 14 milioni di unità - per un valore di 560 miliardi di dollari - e senza una concorrenza leale l'Ue vede il suo settore perdere terreno. Il quadro potrebbe divenire ancora più fosco per le aziende europee. Secondo i dati della China Passenger Car Association, le aziende cinesi hanno esportato quasi 350 mila veicoli elettrici in nove paesi europei nella prima metà dell'anno, più di quanto hanno esportato in tutto il 2022.
E negli ultimi cinque anni, le importazioni nell'Ue di automobili cinesi sono quadruplicate. Entro il 2030, le case automobilistiche cinesi potrebbero vedere la loro quota di mercato globale raddoppiare dal 17 per cento al 33, con le aziende europee che subiranno la maggiore perdita di quota di mercato, secondo una recente stima di UBS. E’ in gioco il futuro di un intero comparto, fondamentale per l’Europa: Boston consulting ha stimato che costruttori e fornitori europei contribuiscono al Pil continentale per 460 miliardi, dando occupazione a oltre 4 milioni di persone. La domanda s’impone. Bene che finalmente la Ue abbia preso atto di quel che sta accadendo e, soprattutto di quel che può accadere, con l’invasione dell’auto Made in Cina dovuta in particolare ai sussidi del governo di Pechino. Ma basta l’indagine anti-sussidi promossa dalla von der Leyen per fermare l’invasione annunciata dell’industria del Dragone? Cosa succederà dopo, se verranno imposti dazi Ue alle auto cinesi? Come detto, la Cina è la principale produttrice delle batterie al litio indispensabili per le auto elettriche: basterebbe questa arma di ritorsione cinese, moltiplicando i costi o addirittura negandole, per mettere ko l’industria auro europea.
C’è da augurarsi che l’annuncio della von der Leyen, giunto in forte ritardo di almeno due o tre anni, non sia solo di stampo elettoralistico essendoci fra pochi mesi le elezioni europee. I risultati dell’indagine Ue arriveranno fra 13 mesi, a novembre 2024 quando ci saranno la nuova Commissione europea, il nuovo parlamento. La situazione rischia di andare fuori controllo. In forte e colpevole ritardo c’è la Ue e tutta l’Europa che solo adesso vedono allungarsi l’ombra minacciosa del drago cinese. Anche i costruttori hanno le loro responsabilità, dicendo sì alla rivoluzione dell’elettrico senza valutarne appieno tutti i risvolti. Tuttavia, oggi la guerra contro l’elettrico non avrebbe senso. Ma insistere a giocare solo questa carta può diventare un boomerang per l’Europa e per tutto l’Occidente. Perché non pensare anche ad altre soluzioni come il biocarburante (prodotto dall’Eni) e i carburanti sintetici? L’obiettivo deve essere la “neutralità tecnologica”. Ma senza che l’Europa e l’Occidente facciano harachiri.