08 maggio 2020
L’articolo del presidente Violante sul “Corriere della Sera”, poi riprodotto sul nostro sito, segna un punto di svolta nella cultura politica e di governo. Direi persino nel rapporto fra istituzioni e mondo reale. Violante, con riferimento agli imprenditori, invoca il criterio assoluto della fiducia, cioè quell’atteggiamento di uno Stato moderno che dotato di leggi (sarebbe l’ideale se ce ne fossero di meno) immagina di collaborare con il cittadino produttore e non di essere il suo sorvegliante.
Uno Stato e suoi organi che non siano come cane nel gregge, sia perché il cane non allontana il lupo sia perché non siamo gregge.
Perché il cane non allontana il lupo? Perché il lupo è oggi un animale indeterminato: possono essere uno o più concorrenti internazionali, può essere un clima sociale sfavorevole a chi fa impresa, può essere un rigorismo giudiziario che interviene con gran fragore su piccole cose.
Io sono convinto, e l’articolo di Violante rappresenta bene questa cultura, che l’Italia abbia bisogno di fare una rivoluzione fondata sulle proprie forze e che queste forze siano considerate, in via di principio, positive e legali, non siano guardate in cagnesco né per odio politico classista né per la sua versione moderna che è la sospettosità giustizialista.
L’Italia, come accadde nel dopoguerra, dovrà essere luogo di conflitti anche politici e sociali, anche duri (è la democrazia, bellezza!) , ma deve avere forze che possano sentirsi in patria nel nostro paese, non nemici potenziali, non corrotti/corruttori ipotetici, ma persone che hanno un talento imprenditoriale, che sanno muovere ricerca, forza lavoro, denaro, mercati.
Avere fiducia non è un lusso, è un dovere.