Due o quattro ruote fa lo stesso. Importante è il propulsore, il mezzo o l’apparato meccanico che imprime al veicolo nel quale è installato la forza che ne provoca e mantiene il moto. Oggi, nella sfida globale per ridurre le emissioni, diventa decisivo come e con quale “carburante” viene alimentato il mezzo. Su questo il confronto, molto aspro, è aperto a livello politico, istituzionale, tecnico, imprenditoriale e coinvolge i cittadini-consumatori. Su un solo punto c’è accordo: la Terra è sempre più inquinata e le emissioni vanno ridotte. Su come e quando questo obiettivo deve essere raggiunto c’è divisione perché incidono le diverse posizioni tecniche e perché gli interessi economici e politici sono tanti e discordanti. In Europa, su questa delicata e complessa questione, le scelte della attuale maggioranza politico-istituzionale Ue puntano in toto sulla mobilità elettrica: dal 2035 stop alla vendita di auto a benzina e diesel.
Diversa la posizione dell’attuale minoranza politica-istituzionale della Ue. In sintesi: per ridurre la CO2 in modo rapido ed efficiente devono essere utilizzate tutte le tecnologie adeguate, non limitandosi all’obbligo dell’elettrico. Sulla questione, tutt’altro che semplice e scontata, serve un approccio non “ideologico”, non punitivo per l’Europa, in particolare per l’Italia, come potrebbe essere ancor di più la nuova normativa Euro 7 al via dal 1° luglio 2025 (dal 1° luglio 2027 per i mezzi pesanti) per garantire – si dice - veicoli più puliti sulle strade e una migliore qualità dell’aria. Nessuno ha la verità in tasca per cui la scelta finale, comunque pro tempore, potrebbe e dovrebbe portare alla convivenza fra le varie soluzioni, un mix di tecnologie. Allo stato attuale, in sostanza, l’alternativa ai combustibili fossili è fra elettrico e idrogeno, due facce della stessa medaglia con i “pro” e i “contro”. In sintesi, i lati positivi dei mezzi con propulsore a idrogeno sono tutti legati alla totale assenza di emissioni di Co2 . Inoltre si possono ricaricare queste batterie in maniera più rapida rispetto ad una vettura elettrica pura, ed il tempo necessario per effettuare un rifornimento varia dai 3 ai 5 minuti. I “contro” dei mezzi a idrogeno sono oggi il prezzo di acquisto elevato (il doppio di un’auto elettrica o ibrida con uguali caratteristiche) e la quasi totale assenza sul nostro territorio di stazioni di rifornimento dedicate. Tuttavia, non ci si muove privatamente solo in auto. La bicicletta, particolarmente in città e intesa come e-bike, è una valida alternativa.
Oggi nel mondo ci sono un miliardo di biciclette, rispetto a 1 miliardo e 200 milioni di automobili. In una fase complessa di transizione ecologica avanza ovunque la Bikeconomy, l’economia che ruota attorno all’e-bike: solo in Italia ci sono già quasi 3000 imprese con poco meno di 20.000 lavoratori, con un giro d’affari in crescita, oltre i 10 miliardi di euro. Grazie alla spinta politico-istituzionale e al tam-tam mediatico, particolarmente in Europa, c’è una forte spinta verso la bici elettrica. Nel 2019 le e-bike vendute nel vecchio continente sono state 3,7 milioni. Nel 2020, anche sotto la spinta degli incentivi, il mercato è cresciuto del 44% e le proiezioni dicono che nel 2030 si raggiungeranno volumi di vendita annui pari o superiori a 17 milioni di unità. Un boom dovuto alla varietà di utenti conquistati per lo più dalla bicicletta a pedalata assistita. Oggi oltre il 30% degli italiani si dice interessato all’acquisto di una bicicletta elettrica che, tuttavia, comporta rischi nel traffico odierno, come dimostrano i tanti incidenti, anche gravi e mortali. Ecco perché non mancano segnali negativi come a Milano, dove sempre più gente abbandona la bicicletta per paura di essere travolti dagli altri mezzi di trasporto. Comunque, l’ondata dei ciclisti prosegue orientati sulla bici elettrica. Bici elettrica significa esclusivamente bici con batteria di ricarico? No. L’alternativa c’è. E’ già pronta, presentata dalla grande azienda tedesca di Monaco di Baviera Linde Aktiengsellschaft (Gruppo da 60 mila dipendenti) la prima bici elettrica a idrogeno senza batteria di ricarico. Per questo progetto di bici elettrica a idrogeno, la Linde, in partnership con Siemens, ha attinto alle ricerche del settore automotive: l’idrogeno è ottenuto attraverso l’elettrolisi dell’acqua utilizzando l’energia del vento o il biogas. Così questa nuova ebike produce energia con zero emissioni, facendo miscelare l’ossigeno dell’aria con l’idrogeno all’interno di una bombola agganciata sul tubo obliquo. La Linde H2bike ha una autonomia sopra i 100 Km usando circa 35 grammi di idrogeno. Un gran salto in avanti che punta a ridimensionare o addirittura a sostituire le batterie al litio, evitando anche tutti i processi di smaltimento dei rifiuti al termine del ciclo di vita. Il primo prototipo della H2 Bike è stato già fatto provare su strada dal ministro dei trasporti tedesco Alexander Dobrindt che ne è rimasto entusiasta. Bene. Se son rose fioriranno.
Nell’industria, e non solo, c’è chi è convinto che il futuro non sia del litio ma delle celle a combustibile di idrogeno verde, più ecologica nel calcolo dell’intero ciclo di vita, più comoda evitando i tempi lunghi della ricarica tradizionale e, fatto tutt’altro che secondario, fuori dalla tenaglia di Paesi come la Cina. Va detto anche che la bici elettrica “a idrogeno”, cioè la due ruote contro l’egemonia del litio nelle e-bike, non è una novità assoluta. A dicembre 2022, progettata e realizzata dalla francese Pragma Mobility di Biarritz, era stata già presentata l’Alpha Neo, la prima e-bike alimentata a idrogeno, con numeri da primato, autonomia di ben 150 Km e con un “pieno” di 67 grammi di carburante in appena due minuti. A spingere questa prima bici a idrogeno fino ai 25 km/h di velocità consentita, c’è un motore a mozzo nella ruota posteriore, da 250 W, con un picco di 350 W e cinque livelli di assistenza alla pedalata. C’è chi è convinto che in poco tempo l’idrogeno, in particolare quello verde, combustibile sostenibile al 100%, si svilupperà rapidamente e con esso il mercato di questi mezzi innovativi.
Comunque, tre anni prima del 2022, c’era già l’E-Bike Made in Italy. Infatti, nel 2019, in occasione del GP di Formula E a Roma, ENEA aveva preso parte alla parata dei mezzi ecologici con la sua E-Bike H2FC (realizzata in collaborazione con Atena, il Distretto di alta tecnologia nei settori dell’ambiente e dell’energia che riunisce imprese, università ed enti di ricerca per lo sviluppo sostenibile) con un prototipo a ricarica ibrida a zero emissioni, che integrava la batteria del motore elettrico con una cella a combustibile da 100 Watt alimentata a idrogeno posta nel bauletto del mezzo. Motore da 250 watt con velocità di 25 Kmh e una autonomia fino a 100 Km, cioè doppia rispetto a una comune bici elettrica, grazie a una piccola bombola di riserva di idrogeno a bassa pressione in grado di garantire il rifornimento in 5 minuti. Insomma, c’è gran movimento. L’obiettivo è salvare il mondo sapendo che fermi non si può stare e che continuare con questi tassi di inquinamento non c’è futuro. Serve, però, un approccio scientifico, non dogmatico né ideologico. Intanto prepariamoci a muoverci con la nuova bici a idrogeno.