Come farà il lavoro a essere un traino e un contrappeso al dominio del capitale e dell'algoritmo?

Di Oriano Giovanelli

26 marzo 2021

Invece sì. Davide Casaleggio in una sua interessante intervista a Huffington Post dice che una vertenza sindacale, il riferimento è allo sciopero dei lavoratori Amazon di lunedì 22 marzo scorso, può consentire di affrontare problemi episodici e non è adatta ad affrontare questioni di lungo periodo. Al contrario, è proprio prendendo i grandi processi di cambiamento dal punto di vista dei lavoratori coinvolti che questi hanno contribuito con le loro lotte, le loro organizzazioni sindacali, i loro partiti di riferimento a svolgere una funzione strategica e di lungo periodo. Il risultato è che così hanno fatto migliorare non solo l’impatto sociale di quei fenomeni ma hanno spinto le stesse imprese ad innovare, fare ricerca in termini di organizzazione del lavoro, materiali, tecnologie. In una parola migliorare. È storia documentata che il giovane Casaleggio può ritrovare facilmente. Certo se il sindacato si relega ad occuparsi delle pratiche per le badanti e dei sussidi per gli immigrati e perde la capacità di stare dentro ai punti alti del cambiamento del lavoro capitalistico e se i partiti della sinistra europea sanno solo dirsi europeisti e atlantici(??) e abbandonano il mondo del lavoro come terreno privilegiato della loro azione allora l’affermazione di Davide Casaleggio diventa verosimile. Ma non sarei così fatalista. Proprio quello sciopero dimostra che una reazione è possibile che il sindacato c’è e anche gli esponenti dei partiti non possono girarsi dall’altra parte. Nel secolo scorso, il secolo della meccanica, le lotte dei lavoratori del settore diventavano fatto nazionale, i giornali titolavano a nove colonne, la loro lotta sfociava spesso in uno sciopero generale dalla cui riuscita poteva dipendere anche la salute di un governo. Così il paese migliorò in ogni campo della vita sociale e civile. Dopo è solo gradualmente peggiorato. Piaccia o no, e l’intervista di Davide Casaleggio ne da conferma, quei lavoratori si trovano ad essere nel bel mezzo della punta avanzata della trasformazione capitalistica e la loro lotta può realisticamente diventare parte di una lotta generale. Egli descrive correttamente i tratti di questa nuova fase: compressione del tempo lavorato e aumento della produttività generata dalle macchine e dalla tecnologia. Processo di accumulazione della ricchezza in capo al capitale e sostanziale blocco della redistribuzione a vantaggio del mondo del lavoro.

Sostituzione del rapporto datore di lavoro lavoratore con il rapporto algoritmo lavoratore/cliente con alle spalle di tutto la finanza. Un meccanismo che ha già evidenziato aspetti gravi sotto il profilo etico: se il programmatore dell’algoritmo è prevalentemente maschio, bianco e dell’emisfero boreale il risultato è che finirà per penalizzare anche nella sua auto implementazione neri, ispanici, e soprattutto donne. Ma anche qui l’atteggiamento fatalista è il peggiore degli approcci. Proprio la pandemia ci ha indicato il valore dell’opera diretta dell’uomo proprio nei processi maggiormente segnati dall’evoluzione tecnologica. Il rider che fa le consegne a domicilio, l’uomo che viene a casa ad abilitare la fibra per poter procedere allo smart working, tutti gli uomini impegnati nell’ecommerce. La stessa pandemia ci ha fatto riscoprire il negozio sotto casa, l’artigiano, il raccoglitore di frutta e ortaggi. Il punto è come organizzare questo mondo del lavoro frammentato come fargli assumere una valenza di traino per un contrappeso generale al dominio del capitale e dell’algoritmo. Casaleggio da due indirizzi fondamentali ma non sufficienti. Battersi per una formazione continua. Giustissimo non solo e non tanto per migliorare le performance aziendali ma per fare in modo che l’uomo lavoratore sia consapevole e attrezzato ai cambiamenti per tutelarsi e non essere emarginato, scarto direbbe Papa Francesco: era il chiodo fisso della stagione sindacale e politica di Bruno Trentin. Il secondo legiferare almeno su scala continentale per un reddito minimo. Ma non basta. Da che uomo è uomo fatto che sia a immagine di Dio o meno, è la lotta per la libertà dal lavoro e nel lavoro che fa la differenza. Tempi di vita, tempi di lavoro e reddito. Sembrerà novecentesco invece è di una modernità sconvolgente. La flessibilità, parola magica, che viene invocata dai datori di lavoro se va a scapito della vita si paga e se va oltre un limite anche NO GRAZIE! Luddismo? Ma quando mai! Chi ha difeso davvero i lavoratori nella storia non lo è mai stato ma ha sempre avuto a mente la dignità del lavoratore. Altrimenti ditemi voi se questo è un uomo.