È come una rana in pentola, la democrazia. Se casca dentro quando l’acqua bolle, riesce a saltar fuori; se casca e l’acqua viene scaldata poco per volta, il tuffo le sarà fatale. È con quest’immagine che si apre il pamphlet del Presidente di Fondazione Leonardo - Civiltà delle Macchine Luciano Violante “La democrazia non è gratis. I costi per restare liberi”, edito da Marsilio e presentato ieri all’Istituto dell’Enciclopedia Treccani a Roma. Ed è attorno quest’immagine che ruota il dialogo – moderato da Laura Perego – col Presidente emerito della Corte Costituzionale Giuliano Amato.
La democrazia è una creatura delicata. Viaggia sull’orlo di un calderone che non è scaldato solo da fuochi esterni – da minacce e guerre mosse all’Occidente – ma anche dalle stesse sue inquietudini, da un serpeggiare interno. Un conflitto nel cuore dell’Europa minaccia i valori liberaldemocratici: l’asse di ferro tra Vladimir Putin e il Patriarca Kirill è solido contro l’Ucraina. Tanto più che la ragione dell’aggressione – che ha spinto a scrivere questo libro – è d’ordine morale e culturale. Per Putin, diremmo identitarista. Stato e chiesa russi, insieme ad altre “democrazie illiberali” del Continente, credono l’Occidente immorale, corrotto. Concentrato sull’individuo degenerante in individualismo: un individuo assoluto che spazza via la storia, la tradizione, il senso di comunità. Eppure, su un altro versante, come ricordava la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, le democrazie hanno i propri “nemici interni”. Talvolta più subdoli e letali.
Violante e Amato mettono così in fila i rischi corsi da un mondo – il nostro – che non si premura abbastanza di coltivare i propri valori. “Non stiamo difendendo con sufficiente forza le democrazie liberali”, sostiene l’autore del libro, “anche oggi la politica dovrebbe concentrarsi sui fondamentali”. Ripartire, dunque, da una giusta “narrazione di sé” – evitando la “anestesia della storia” ovvero la cultura della cancellazione che è un grande nemico interno – per considerare tutte le tessere del proprio mosaico culturale; riscoprire la “lotta politica” radicata nel rispetto dialettico dell’avversario; non ultimo, soprattutto in un’ottica di progresso e miglioramento, ribadire il tema della speranza. In tal senso, un tema assai delicato è quello degli insegnanti, sostiene ancora Violante. “Ovvero coloro cui dovremmo affidare il compito di trasmettere i valori attraverso il racconto della nostra civiltà e del futuro, ricostruendone il ruolo sociale, affinché comunichino un messaggio: si può stare meglio domani. Sapendo che dire il contrario – ‘si può stare peggio’ – è deresponsabilizzante”.
“Ricostruzione”, “lavoro”, “doveri” sono le altre parole ricorrenti in questo scambio con Giuliano Amato, che sottolinea la centralità dell’umano sia in tema di diritti sia dinanzi all’innovazione tecnologica, dove – nell’ambito dell’intelligenza artificiale – solo la persona conserva creatività e responsabilità per decidere. Soprattutto in ambito bellico, allorché decide d’un altro essere umano. E a proposito di guerra e di attacco all’Occidente corrotto, concentrato sugli individui, “è sbagliato – sostiene Amato – chiamare i diritti civili ‘diritti dei pochi’, ma puntare solo su quelli può creare sconcerto, anche all’interno della democrazia liberale. Il diritto non cambia la società ex lege: esso esiste nella coscienza, prima deve entrare nella coscienza”. Un sviluppo più lento, questo, ma più sicuro. Un processo che mira a fortificare il diritto, rendendolo – prima ancora che diventi tale – un valore. La democrazia non è gratis, ma ci sono costi che val la pena pagare per rafforzarla.