Il recente disastro di Mestre dove un pullman pieno di turisti è precipitato dal cavalcavia dopo aver divelto il guardrail provocando ventuno morti e decine di feriti ripropone l’urgenza della questione della sicurezza sulle strade. E’ lunga e dolorosa la lista degli incidenti stradali che, in particolare, hanno coinvolto pullman e bus, con decine di vittime. Il 21 gennaio 2016: sedici morti dopo lo schianto di un pullman sull’Autostrada A4 presso Verona, vittime studenti ungheresi di ritorno in patria.
28 luglio 2013: 40 morti in un pullman che precipita dal viadotto Acqualonga sulla A 16 presso Montefeltro. 7 febbraio 2006: un bus di agenti commerciali turchi sfonda un muretto sulla via Trionfale a Roma e precipita in un giardino privato causando dodici morti e venti feriti. 7giugno 2003: un pullma con 65 turisti moldavi, ucraini e tedescshi diretti sulle spiagge di Jesolo e Rimini sbanda sulla A4 Brescia-Padova uscendo di strada provocando sei morti (anche due bambini) e una cinquantina di feriti. 13 luglio 2002: un pullmino con ragazzi della parrocchia di Rivarolo (Torino) sbatte contro un Tir nella A14 tra Cesena e Rimini provocando la morte di quattro giovani. 2 ottobre 1999: sulla A12 tra Rapallo e Recco, un pullman si schianta in galleria provocando otto morti e una trentina di feriti. Fermiamoci qui. L’elenco è troppo lungo per proseguire. I morti in questo tipo di incidenti sono centinaia e centinaia e i feriti migliaia. Ovviamente, gli incidenti non riguardano solo i pullman. Secondo un recente report Istat-Aci sono stati 3.159 i morti per incidenti stradali in Italia nel 2022, per una media di 9 al giorno, il 9,9% in più rispetto all’anno precedente. Cresce anche il numero dei feriti arrivato a 223.475, il 9,2% in più rispetto al 2021 e cresce quello dei sinistri, +9,2%, ossia complessivamente 165.889, cioè 454 al giorno.
Non solo: in Italia, solo nei primi tre mesi del 2023, oltre 100 persone hanno perso la vita a causa delle disattenzioni degli automobilisti. Un’auto che colpisce un pedone, anche a 50 Kmh e anche a 30 Kmh, può causare ferite mortali. Una guerra. “Omes viae Romam ducunt”, ossia “Tutte le strade portano a Roma” è l’espressione nota nel mondo, sintesi della rete stradale romana ideata e realizzata in modo che da tutti i luoghi fosse possibile giungere all’Urbe, “veloci e in sicurezza”, percorrendo una delle tante arterie consolari. Quelle strade dell’antica Roma dette “pretorie” o “consolari” hanno contribuito allo sviluppo dell’economia e della civiltà romana nel mondo. Le strade antiche di Roma sono la testimonianza di come l’ingegneria civile sia stata messa al servizio dell’Impero, consentendogli di espandersi ovunque e conquistare territori, dominare popoli, difendere i propri confini. Su molte di quelle strade consolari diventate le statali italiane, dopo oltre 2 mila anni si viaggia ancora oggi con gli attuali mezzi di trasporto a motore. In Italia, c’è oggi una “emergenza strade”, in particolare a causa del grave ritardo rispetto agli standard di sicurezza stradale.
Si continua a dire che a partire dagli anni 2000 le strade del Belpaese sono sicure sotto tutti gli aspetti perché c’è una norma sulla progettazione stradale per minimizzare gli incidenti. Poi i numeri dicono il contrario. Un dato su tutti, davvero impressionante, dimostra la gravità della situazione oggi in Italia: gli incidenti stradali sono la prima causa di morte tra i giovani. Pochi giorni addietro, a fine settembre 2023, il governo Meloni ha rilanciato l’operazione “Strade sicure” anche se al momento il testo ufficiale della misura approvata dall’esecutivo non c’è. L’operazione “Strade sicure” è una missione di sorveglianza del territorio svolta dalle forze armate. E’ stata introdotta nel 2008 dal quarto governo Berlusconi, poi prorogata più volte nel corso degli anni. Il secondo governo Conte l’ha rinnovata fino al 31 dicembre 2022, riducendo però i militari a disposizione, tuttavia, non cancellando la missione. Con la legge di Bilancio per il 2022 il governo Draghi ha prorogato l’operazione fino al dicembre 2023 e il governo Meloni deve decidere in tempi brevi se rinnovarla ulteriormente per i prossimi anni. Si dice che rinnovare l’operazione “Strade Sicure” ha un costo oneroso (149 milioni di euro nel 2022 e 137 milioni nel 2023: questi i fondi previsti dal governo Draghi nella legge di Bilancio per il 2022) tant’è che ad aprile 2022 sul sito del Ministero della Difesa si metteva in risalto che l’operazione “Strade Sicure” costituiva “l’impegno più oneroso della forza armata in termini di uomini, mezzi e materiali” per le “funzioni di agente di pubblica sicurezza”. Visti i risultati, evidentemente tale scelta, pur importante, non è sufficiente a rendere in sicurezza le nostre strade, in città e fuori. I problemi alla base dei disastri sono noti: l’alta velocità, la guida in stato di ebbrezza e comunque distratta (dall’uso dei telefonini e non solo), la scarsa manutenzione delle vetture, il non rispetto delle norme stradali.
Non c’è neppure la consapevolezza (persino delle autorità competenti) che gli incidenti che riguardano le autostrade sono solo una piccola parte del totale degli incidenti. La grande maggioranza avviene sulle strade urbane ed è poi sulle strade extraurbane che è maggiore il rapporto tra incidenti e decessi. Bisogna chiamare le cose per nome: la strade italiane sono sempre meno sicure soprattutto per mancanza di manutenzione. Tutte le strade, escludendo le autostrade, sono oggi piene di buche, di deformazioni, lesioni, sconnessioni di vario tipo. C’è un record negativo nell’usare sempre meno l’asfalto per questioni di bilancio, specificatamente il più basso negli ultimi trent’anni. Questo minore investimento ha prodotto un risultato ovvio: almeno 1 strada su 2 non è oggi in condizione di sicurezza , quindi è a rischio incidente. Per riportare in buona salute e rimettere in sicurezza le nostre strade sono oggi necessari investimenti di almeno 50 milioni di euro: cifra decisamente elevata ma indispensabile per non vedere ulteriormente deteriorato il valore del nostro patrimonio stradale: una rete oltre 500 mila Km (escludendo le strade vicinali e quelle non asfaltate) di cui 7000 circa sono i Km di autostrade e 25.000 i Km gestiti direttamente da ANAS per le cosiddette strade di grande comunicazione”, il cui valore complessivo (con gallerie, ponti e viadotti) è superiore a 1000 miliardi di euro.
Resta il fatto che, come risulta dai dati sopra pubblicati, oggi guidare in Italia è sempre più pericoloso. Siamo al bollettino di guerra quotidiano. Un confronto impietoso anche rispetto ad altri Paesi europei: nel 2022 in Italia ci sono stati sulle strade il doppio dei morti della Gran Bretagna e un terzo di più delle vittime della Germania. L’aumento degli incidenti e delle vittime è costante. Il Parlamento Europeo è impegnato a varare nuovi provvedimenti per dimezzare il numero di incidenti con feriti e morti in tutto il territorio continentale entro il 2030 ma l’aria di ottimismo si scontra con la durezza dei numeri. Anche a livello mondiale ogni anno la situazione peggiora con 50 milioni di incidenti stradali che causano almeno 1,3 milioni di vittime. Tempo addietro la premier Meloni diceva: “Non servono nuove norme, bisogna far rispettare severamente quelle in vigore”. Bene. Chi dice ai sindaci di metter mano alle pessime condizioni delle strade ovunque piene di buche e dossi non affidando la soluzione “solo” all’autovelox per fare cassa?