Dal 21 al 25 aprile, alla Terrazza del Pincio e al Galoppatoio di Villa Borghese a Roma, si è tenuto il “Villaggio per la Terra”, l’evento ideato da Earth Day Italia e realizzato in collaborazione con il Movimento dei Focolari della capitale con iniziative incentrate su ambiente, sport, cultura, show. Festa anche ai Giardini Reali e alla Cavallerizza di Torino con artisti, musicisti, divulgatori e influencer.
Earth Day 2023, noto in Italia come la Giornata della Terra, con la mission di celebrare l’ambiente e la salvaguardia del pianeta, è una occasione per fare il punto sul cambiamento climatico del pianeta e sulle soluzioni da adottare per attutire ed eliminare le conseguenze negative. All’iniziativa - nata nel 1970 negli Stati Uniti ad una conferenza dell’UNESCO su proposta dell’attivista per la pace John McConnell - hanno aderito quest’anno 200 paesi di tutti i continenti coinvolgendo più di un miliardo di persone. Iniziative come la Giornata Mondiale della terra aiutano a riflettere e a fare il punto sul cambiamento climatico, che c’è, e sulle sue conseguenze, che sono sempre più visibili e dannose. Quel che non aiuta è il dogmatismo, pericoloso quanto e forse più dello stesso inquinamento. Da sempre, la Terra ha subìto cambiamenti climatici. Quel che accadrà in futuro nessuno può dirlo con certezza. Tuttavia, quel che è avvenuto negli ultimi due secoli, in particolare negli ultimi 100 anni, dimostra che è in atto una alterazione del clima rappresentata da temperature ed eventi atmosferici e che ciò è dovuto, principalmente o in gran parte, dalle scelte e dai comportamenti dell’uomo. Il riscaldamento globale è soprattutto causato dall’effetto serra, che c’è da sempre perché fenomeno naturale ma via via sempre più alterato dall’uomo, specie con l’industrializzazione.
I principali gas responsabili dell’effetto serra sono il metano, il vapore acqueo, gli ossidi d’azoto, i clorofluorocarburi (CFC) e soprattutto l’anidride carbonica (CO2) prodotta in tutti i fenomeni di combustione utilizzati per le attività umane, specialmente per la produzione di energia elettrica e per il settore trasporti. A inizio secolo la concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera era di circa 290 ppm (parti per milione), dieci anni fa 370 ppm, nel 2020 balzo a 413,2 ppm (123% in più rispetto ai livelli pre industriali) con proiezioni da 550-630 ppm per il 2050. Tutta colpa dei riscaldamenti a gas e a petrolio e del traffico motorizzato? No. Basti pensare agli allevamenti di bestiame che generano più gas serra dell’intero settore dei trasporti e contribuiscono ad almeno due terzi delle emissioni agricole di gas ad affetto serra. Il CO2 si forma “in tempo reale” con l’uso della materia prima ma si decompone molto lentamente: verosimilmente, dopo 1000 anni, il 20-40% delle molecole originariamente emesse sarà ancora presente nell’atmosfera. Dopo l’anidride carbonica, il secondo gas serra più dannoso è il metano (CH4) - da consumo di petrolio, gas, carbone, da allevamenti, risaie irrigate, discariche ecc. - causa di circa il 18% del riscaldamento globale. Da fine ‘800 a fine ‘900 c’è stato un aumento di oltre il 500% delle concentrazioni di metano nell’atmosfera, gran parte del quale emesso dagli inizi di questo nuovo secolo. Rispetto al CO2, il metano danneggia il clima quasi 30 volte di più (per chilo) dell’anidride carbonica, anche se nell’atmosfera si scompone più rapidamente, per la sua durata media sotto i 15 anni. Altro gas serra è l’N2O (protossido di azoto), responsabile del 6% circa del riscaldamento e anche della diminuzione dello strato di ozono. Deriva soprattutto dalla fertilizzazione intensiva dei terreni agricoli, ha una vita media sopra i 120 anni. Per chilo, è più dannoso di quasi 300 volte del CO2. Eccoci al SF6 (esafluoruro di zolfo), fra i più dannosi per Kg: rimarrebbe nell’atmosfera almeno per 3000 anni. E’ usato per isolare apparecchiature ad alta tensione, se ne creano in sede di produzione tecnica di magnesio e nella fabbricazione di semiconduttori.
Chiudiamo con PFC (fluorurati) e HFC (idrofluorocarburi alogenati) usati negli impianti di condizionamento dell’aria, nella produzione di schiume sintetiche, per gli isolanti elettrici, nella produzione di alluminio e semiconduttori. Quantitativamente poco responsabili dell’effetto serra, questi due gruppi di gas serra sintetici restano per lungo tempo nell’atmosfera, per secoli. Tutto qui? No. I guai non vengono mai soli. Basti pensare ad altre conseguenze del cambiamento climatico: l’innalzamento del livello dei mari (l’acqua aumenta con il salire della temperatura), almeno 20 cm in più negli ultimi 150 anni, nonché l’acidità delle acque; lo scioglimento di ghiacciai e calotte polari; la natura sempre più sconvolta e violenta con cambiamenti climatici che portano ondate di calore, magari dove è sempre stato freddo, o di freddo, in zone da sempre calde, con danni immensi. La lotta all’inquinamento per salvare il Pianeta è aperta sapendo che va affrontata con realismo, senza illusioni, senza paraocchi ideologici e tecnici. E’ banale ripetere che la Terra è rotonda e gira. Meno banale è dire che non tutti i Paesi inquinano allo stesso modo e che non tutti sono impegnati ad affrontare questo problema. Per limitare l’aumento delle temperature globali attorno a 1,5° - la soglia più sicura raccomandata dalla scienza e dall’Accordo di Parigi del 2015 al fine di evitare gli effetti peggiori del climate change - le emissioni nette di gas serra dovrebbero scendere del 43% entro il 2030, rispetto ai livelli del 2010. In realtà è l’opposto: l’Onu dice che si va verso un aumento del 10,6%. Ma chi inquina di più oggi nel mondo? Gli ultimi dati della “CO2 emissions of all world countries, 2022 Report” della Commissione europea sulle emission CO2 per paese sono chiari quanto sconcertanti.
Nel 2021 le emissioni globali di CO2 sono rimbalzate del 5,3% rispetto al 2020. Cina, Stati Uniti, Paesi Ue, India, Russia e Giappone sono le nazioni che emettono più CO2 al mondo: insieme rappresentano il 49,2% della popolazione mondiale, il 62% del Pil globale, il 66,4% del consumo di combustibili fossili e il 67,8% delle emissioni globali di CO2 fossile. Queste sei realtà non sono tutte uguali: la Cina è il Paese che produce più emissioni di CO2: il 33% del totale mondiale nel 2021! Da sola, supera la somma di Stati Uniti (12,5%), Unione Europea (7,3%), India (7%), Russia (5%). La Cina non sta facendo niente per ridurre le emissioni e anzi si prevedono ancora aumenti per gli anni a venire. In questa scala, usare il criterio pro capite è quanto meno fuorviante perché porta a ribaltare la realtà premiando i Paesi più popolati, in primis Cina e India. Il primo responsabile di emissioni di gas serra è dato dalla produzione di energia, il 44% delle emissioni della Cina. Questi i principali dati espressi in tonnellate metriche di CO2 per anno (Fonte CO2 emissions of all warld countries 2022 Report): Cina, emissioni totali (12.466,32), USA (4.752,08), India (2.648,78), Russia (1.942,54), Giappone (1.084,64), Iran (710,83), Germania (665,88), Corea Sud (626,8), Indonesia (602,59), Arabia Saudita (586,4), Brasile (489,86), Sud Africa (435,52), Australia (367, 91), Regno Unito (335,86), VietNam (321), Italia con San Marino e Città del Vaticano (319,67), Francia e Monaco (302,33), Malesia (251), Spagna (231) ecc.
Non servono commenti per capire, ad esempio, il raffronto con la Cina, e non solo, dell’Europa e in particolare dell’Italia. Nella lotta all’inquinamento l’Europa è il continente più impegnato. La presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen Vonderlain punta sulle rinnovabili, utili ma non risolutive. La soluzione realistica, per molti oggi l’unica possibile, pare quella del “mix energetico”, nucleare compreso. Se, ad esempio, si continua a puntare sull’elettrico (non solo per il trasporto), entro un ventennio avremo la domanda di minerali insostenibile sul piano ambientale e sociale. Dice il ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin: “L’obiettivo di raggiungere entro il 2050 la decarbonizzazione è possibile in parte con le energie rinnovabili quali idroelettrico, fotovoltaico, eolico, geotermico: ma senza il nucleare non sarà fattibile. Con la fissione si parla di mini centrali che danno garanzie indispensabili per avviare questo nuovo processo tecnologico per l’energia necessaria e non inquinante”. Sul terreno del disinquinamento quel che sta facendo oggi e quel che potrà fare a breve l’Europa è positivo ma è e sarà di scarso rilievo ai fini della decarbonizzazione del Pianeta. Bisogna guardare la realtà per quella che è. Negli anni a venire, fino al 2050, solo per espandere le reti elettriche per gestire l’energia che viene dalle energie rinnovabili serviranno 427 milioni di tonnellate di rame . Se oggi si fa già molta fatica ad estrarne poco più di 20 milioni come si possono aggiungere questi 427?
Le celebrazioni per l’Earth Day, in Italia e nel mondo, sono utili, specie sul piano della sensibilizzazione ambientale. Per raggiungere gli obiettivi previsti dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite serve perseveranza e coinvolgimento di tutte le popolazioni del mondo: facile a dirsi ma difficile a farsi. Siamo già al gioco dell’oca. C’è il rischio che la battaglia della decarbonizzazione del Pianeta diventi una nuova competizione ideologica, a fini politici, per il dominio del mondo.