L’economia dello spazio: realtà, utopia? / 2

02 maggio 2022

Di Pierluigi Ciocca

L’economia dello spazio
Come il caso italiano conferma, si è quindi configurato un nuovo settore di attività, una vera e propria “economia dello spazio”, che gli economisti cercano di analizzare pur essendo spesso privi di cognizioni scientifiche e tecnologiche. 
Secondo la definizione dell’OCSE (OECD, The Space Economy in Figures, Paris, 2019) “l’economia spaziale ricomprende tutte le attività e le risorse impiegate che generano valore e arrecano benefici all’umanità attraverso l’esplorazione, la conoscenza, la gestione e l’utilizzo dello spazio. Essa include tutti i soggetti, pubblici e privati, impegnati nello sviluppare, fornire e utilizzare prodotti e servizi legati allo spazio: ricerca e sviluppo, costruzione e uso delle infrastrutture spaziali (stazioni a terra, veicoli di lancio, satelliti), applicazioni derivanti dallo spazio (strumenti di navigazione, telefoni satellitari, servizi meteorologici, etc.), come pure le conoscenze scientifiche che scaturiscono da tali attività. L’economia spaziale va ben oltre il settore spaziale in senso stretto perché si estende agli impatti sempre più pervasivi e mutevoli (in quantità e qualità) dei prodotti, dei servizi e delle conoscenze che dallo spazio derivano”.
Più in dettaglio le attività, oltre alla fabbricazione di strutture spaziali e di satelliti e alla navigazione satellitare, interessano molteplici altri campi: studio della Terra e del sistema solare; astrofisica, astronomia, geofisica; meteorologia; settori industriali quali microelettronica, computers, scienza dei materiali, telecomunicazioni; persino turismo nello spazio. 
Agli obiettivi di ricerca scientifica e di sicurezza nazionale si è unita una gamma crescente di applicazioni della tecnologia spaziale: alle comunicazioni, alla medicina, all’energia, agli alimentari, all’agricoltura, ai tessili. I cosiddetti spin-off, gli utilizzi derivati dalle tecnologie spaziali, sono davvero innumerevoli, entrano nell’uso quotidiano. La raccolta e trasmissione di conoscenze, informazioni, dati, segnali satellitari penetrano negli smartphone, nelle fotocamere, nei pc portatili, nei servizi di localizzazione (per metà ristoranti e pub).
Tuttavia, la prospettiva che sempre più eccita gli animal spirits dei privati disposti a investire per un profitto concerne lo sfruttamento delle risorse naturali rinvenibili nello spazio. Dalla Luna e da Marte sono estraibili alluminio, cobalto, ferro, manganese, nickel, titanio, acqua, azoto, ossigeno, carbonio, elementi chimici vari (dall’iridio al tungsteno, all’Elio-3, scarsissimo sulla Terra). Ad esempio, la domanda di mercato di alcuni di questi elementi esploderebbe se gli autoveicoli elettrici sostituissero quelli attuali, mossi da combustibili. Gli asteroidi sono piccoli e numerosissimi. La dimensione di quelli conosciuti è compresa fra centinaia di chilometri (Ceres) e due metri (il 2015 TC25) di diametro. Ma un asteroide di un chilometro pare possa fornire, oltre all’acqua, centinaia di migliaia di tonnellate di ferro, nickel, cobalto e persino tonnellate di platino.


Un settore in rapida crescita
A livello mondiale e in questa ampia accezione l’attività nello spazio è settore con un tasso di crescita fra i più alti, che nemmeno le recenti recessioni hanno abbattuto. Nel 2020 il settore fatturava 450 miliardi di dollari, con un incremento annuale del 7% dal 2009 (che ne raddoppiava il peso). Anche nell’anno del Covid la sua espansione è stata del 4,4% rispetto al 2019, mentre il Pil mondiale fletteva del 3,1%. 
Sempre nel 2020 nel gruppo del G20 è stato mediamente speso per le attività spaziali lo 0,05% del bilancio pubblico. Ma la componente commerciale rappresenta l’80% dell’attività spaziale e l’impegno dei capitali privati è in rapida ascesa. Società come Astra, Lockheed, Virgin, IRDM, ROKT, UFO, ARKX hanno realizzato ottimi ricavi, profitti, dividendi, guadagni in conto capitale. Morgan Stanley prevede che il fatturato del settore salga da 450 miliardi a un trilione di dollari nel 2040. Bank of America addirittura sconta una cifra di 1,4 trilioni nel 2030.
Negli Stati Uniti l’economia spaziale, con un valore aggiunto di 109 miliardi di dollari, si è ragguagliata allo 0,5% del Pil del 2018. Il fatturato dei dieci maggiori settori produttivi statunitensi nel 2021 si è situato tra gli 1,26 trilioni di dollari dei fondi pensione e i 703 miliardi delle banche commerciali. Le assicurazioni sulla salute, le farmacie, le auto, le case di cura, le assicurazioni sulla vita, la farmaceutica, le scuole, i supermercati hanno un volume d’affari ricompreso fra quelle due cifre. 
Se continuasse a espandersi ai ritmi del 2009-2020, ulteriormente raddoppiando la sua dimensione, l’industria spaziale si collocherebbe entro le prime dieci industrie americane, con un fatturato di 900 miliardi dell’ordine del 4% rispetto al prevedibile Pil degli Stati Uniti.


Gli effetti sull’economia e sulla società
La dimensione della spesa spaziale è ancora relativamente modesta, rispetto a un Pil mondiale che supera 100 trilioni di dollari. Ciò induce a ritenere che il suo sostegno alla domanda mondiale sia contenuto.  
Tuttavia, già si registrano importanti effetti qualitativi e di produttività su alcuni fronti dell’economia e della società. Gli apporti principali, ma anche questioni da risolvere, sono stati da ultimo illustrati nel documento Space Economy for People, Planet and Prosperity, preparato dall’ OCSE per il “G20 Space Economy Leaders’ Meeting” di Roma del 20-21 Settembre 2021:
-    La partecipazione di imprese, anche piccolo-medie, a programmi governativi pluriennali di ricerca spaziale contribuisce al recepimento di tecnologie avanzate e alla autonoma capacità di innovazione, non solo nel ramo spaziale, di quelle aziende. E’ stata così favorita anche la nascita di numerose start-up con elevato tasso di sopravvivenza. Ad esempio la NASA fra il 1976 e il 2018 ha registrato più di 2000 prodotti commerciali di successo scaturiti da trasferimento di tecnologie.
-    Il controllo del clima e dell’ambiente è assolutamente fondamentale, a beneficio dell’umanità intera. Prezioso è il contributo dei satelliti alla sorveglianza di una buona metà delle 54 variabili climatiche considerate essenziali, ai livelli atmosferico (temperatura, ad esempio), oceanico (livello, acidità, ghiacci delle acque marine), terrestre (copertura nevosa, biomassa, incendi).
-    Il divario digitale tuttora taglia fuori centinaia di milioni di persone al mondo da una efficiente connessione con internet. Nel mondo non ha accesso a internet il 63% delle famiglie nelle aree rurali e il il 28% delle famiglie nelle aree urbane. La banda larga basata sui satelliti è solo una delle tecnologie che può assicurare connettività ad aree nelle quali le altre alternative sono troppo costose.
-    L’assistenza ufficiale allo sviluppo (ODA) ha fornito ai paesi bisognosi di sostegno e segnatamente a quelli dell’Asia Orientale e dell’Africa Sub-Saariana mezzi connessi con lo spazio. Seguire l’ambiente e le risorse naturali, migliorare la qualità degli alimenti, potenziare le telecomunicazioni, gestire i disastri naturali sono stati i principali obiettivi perseguiti.
-    Le attività spaziali richiedono un personale altamente qualificato, a cominciare dalle competenze tecniche. Sono emerse sia la difficoltà di reperire queste capacità professionali, sia la particolare carenza di personale femminile. Nelle università sono basse le iscrizioni a facoltà STEM (scienza, tecnologia, ingegneria, matematica). Il personale femminile supera a stento un terzo del totale negli Stati Uniti e un quarto in Europa. Al di là della preparazione di nuova forza-lavoro qualificata esiste una più generale difficoltà, anche nella elaborazione e nello scambio di dati, fra il mondo accademico e chi opera nelle attività spaziali. Queste ed altre potenzialità inespresse costituiscono ostacoli da valicare.

Articoli correlati

L’economia dello spazio: realtà, utopia? / 1