Il nostro presente riprende il bandolo di una storia – la propria storia – fatalmente intrecciata al mito. Lo fa dinanzi alla pietra che sembra quasi porre un argine al fluire del tempo.
Il 21 aprile, in occasione dei natali di Roma, alle ore 11 ha luogo una celebrazione nel sito archeologico di Via del Mare, a Pomezia, “Heroon di Enea, Santuario dei Tredici altari”.
“Enea, fondatore di una civiltà accogliente” è lo spettacolo ideato da Fondazione Leonardo - Civiltà delle Macchine in collaborazione con MAXXI e Museo Civico Archeologico Lavinium, col patrocinio dei Ministeri dell’Istruzione, della Cultura e del Comune di Roma.
Plutarco, Tacito, Tito Livio sono alcuni dei classici accompagnati dalle note d’archi di Ottorino Respighi e Henry Purcell. Viola Graziosi e Graziano Piazza, insieme a un “coro” di studenti del Liceo Pascal di Pomezia e all’Orchestra Domenico Mazzocchi diretta dal Maestro Fabio Galadini, richiamano il viaggio di Enea e quello che questo viaggio ha lasciato in dote a Roma e al mondo. Dall’orazione dell’imperatore Claudio che nel 48 d.C. tracciava la genia dei re romani, spesso stranieri o di madre schiava, e sosteneva così la richiesta che alcuni uomini galli diventassero senatori, sino al discorso di insediamento di George W. Bush che nel 2001 quasi vedeva nell’America l’erede prescelta di Roma: il paese mai stato unito “per ragioni di sangue, di nascita o di territorio”.
Nei pressi dell’antica Lavinium, a pochi passi dal luogo in cui gli antichi vollero riconoscere la tomba dell’eroe, rivive la storia dell’uomo che ha guardato fino in fondo lo straniero. La fila di Tredici Altari, eretti tra il VI e il IV secolo a.C. e l’Heroon di Enea poco distante, nella campagna di Pratica di Mare, sono pietre uniche al mondo, dense di significato. Scolpite dall’uomo e poste in un verde a pochi passi dal mare. È in questo luogo che mito e storia chiedono di essere riascoltati.
Nel solco tracciato da Roma, a partire da Enea – profugo, immigrato e accolto – il mondo intero riconosce l’esistenza di un’etica dell’appartenenza. Di un codice in cui i “diversi” si ritrovano avvinti in un’unica radice.
“Vaghiamo girando di qua e di là, tra grandi disagi, in cerca di una città e di una regione in cui vivere per sempre”. Sono le parole del principe sconfitto, riportate da Dionigi di Alicarnasso. Spinto alla fuga e devoto agli dei, Enea è alla ricerca di una radice su cui fondare e far germogliare il suo popolo. Popolo che riconoscerà sempre nell’altro – alleato o nemico – la “persona”. Ovvero l’uomo distante ma sempre degno di sguardo profondo.
Per partecipare, scrivi ad: info@fondazioneleonardo-cdm.com