Giuseppe Gilera a 50 anni dalla sua morte: dalla gavetta a capitano d’industria sul tetto del mondo

Di Massimo Falcioni

19 novembre 2021

Cinquant’anni fa, il 20 novembre 1971, moriva a 84 anni Giuseppe Gilera, corridore motociclista nel primo decennio del ‘900 e nel 1911 fondatore della Moto Gilera, fra le principali Case di moto di serie e da corsa, dal 1968 nel gruppo Piaggio. Poco più di nove mesi prima, il 2 febbraio, stroncato da un infarto, se ne era andato a 63 anni Domenico Agusta, patron della grande Casa motociclistica e aeronautica di Cascina Costa. Se ne andavano così nello stesso anno, due capitani d’industria di marchi lombardi prestigiosi che avevano tenuto in alto nel mondo il vessillo del Made in Italy. Chi era Giuseppe Gilera? Era nato con la vocazione per il motore, per la motocicletta, per le corse. A lui si devono moto di serie che hanno conquistato i mercati e moto da corsa che hanno vinto tutto con i più grandi piloti italiani ed esteri. Nato da umile famiglia il 21 dicembre 1987 a Zelo Buon Persico, piccolo borgo agricolo dell’Alto lodigiano con il cognome di Gillera (nel 1939 modificato in Gilera), Giuseppe con i suoi sei fratelli nel 1896 si trasferisce con i genitori a Milano dove poi, appena quindicenne, inizia a lavorare in fabbrica come apprendista, prima alla Edoardo Bianchi, poi alla Bucher&Zelda e alla Moto-Réve. Il ragazzo ha il pallino della meccanica, ha passione e vuole imparare lavorando 12 ore al giorno e, frequentando le scuole serali, diventa perito meccanico. “Pepìn”, nel 1908 poco più che ventenne, disegna e costruisce in un “buco” d’officina affittato in corso XXII marzo il suo primo motore a scoppio di due CV e mezzo, poi nel 1909 la sua prima bici a propulsione meccanica, la “VT 317”, di fatto la prima “vera” motocicletta italiana. Motore di 317 cc. monocilindrico a quattro tempi con valvole in testa e distribuzione ad aste e bilancieri con lubrificazione… “a mano”, con il centauro che iniettiva l’olio nel basamento mentre guidava. Priva di frizione e di cambio con trasmissione diretta dall’albero motore alla ruota posteriore, realizzata a mezzo di una cinghia di cuoio, con i suoi 7 CV di potenza la moto supera i 90 Kmh!

Giuseppe Gilera davanti al motore della Quattro Cilindri 500

Nel quinquennio 1909-1913 Giuseppe riveste il doppio ruolo di costruttore-corridore vincendo con le sue moto, via via sviluppate, gare importanti, fra cui la Como-Brunate, il Trotter di Milano, il circuito di Cremona: corsa di 180 Km coperti con la “317” su un tracciato infangato per la pioggia battente in sole 2h,52’e10” alla media di …60 Kmh.  Così, facendo mangiar fango alle ben più blasone NSU, AJS, Norton, BSA, Harley-Davidson, Frera, Siamt, Buchercon e in anticipo sulle future concorrenti quali Bianchi, Garelli, Guzzi e Benelli, muove i primi passi quella che diventerà una delle principali aziende-mito del Made in Italy. Le prime vittorie portano visibilità e i primi successi di mercato tant’è che la piccola azienda milanese, sin dal 1915 impegnata nelle forniture militari della Grande Guerra, viene trasferita ad Arcore con gli stabilimenti in via Cesare Battisti, sede centrale fino alla chiusura del 1993. La filosofia costruttiva di Giuseppe Gilera non cambia nel corso degli anni: moto semplici, affidabili, alla portata di tutti, con un approccio all’innovazione tecnica costante ma sempre con i piedi per terra. Le corse come impegno permanente per misurarsi con le Aziende concorrenti sul terreno più difficile e al contempo più stimolante, indispensabili anche per la produzione e per la promozione sui mercati delle moto di serie. Prima della seconda Guerra Mondiale e fino ai primi anni ’60 la Gilera è fra i leader mondiali del settore, particolarmente conosciuta e apprezzata anche in campo agonistico con moto da corsa che hanno segnato la storia di questo sport. Basti pensare che già a metà degli anni ’30 la Casa di Arcore presenta la Rondine, la prima 500 racing dell’era moderna con un propulsore a 4 cilindri in linea che sarà la base tecnica e costruttiva negli anni ’50 per le pluricilindriche della MV Agusta, poi negli anni ’60 per la Benelli e per la giapponese Honda. Con la Rondine 500 4 cilindri-compressore sempre più evoluta (85 CV e velocità oltre 230 Kmh!) nel 1939 il pesarese Dorino Serafini trionfa nel campionato Europeo di velocità 500cc. , l’attuale MotoGP. Con lo stesso bolide, prima della bufera della guerra, sull’autostrada Bergamo-Brescia, Piero Taruffi (è lo stesso pilota che nel 1957 vincerà l’ultima 1000 Miglia su Ferrari) aveva stabilito il nuovo primato mondiale dell’ora a 205,252 Kmh toccando la punta di 274,181 Kmh! Tra il 1937 e il 1939 i bolidi di Arcore conquistano 34 records mondiali, oltre a innumerevoli vittorie sui circuiti nazionali e internazionali.

Interni dello stabilimento Gilera

Dopo la tragedia bellica (Gilera fornì all’esercito moto superbe come la 500 LTE e il Marte sidecar dotato di differenziale alla ruota del carrozzino per una trazione 3X2) la Casa di Arcore si rafforza (2000 dipendenti nel rinnovato stabilimento di Arcore) rilanciando la produzione di serie rinnovata in tutte le cilindrate (fiore all’occhiello è il Saturno 500 4 t. monocilindrico, con le inedite 125, 175, 250 Nettuno e i motocarri, il primo motore bicilindrico con la B 300 e la serie Giubileo per celebrare i primi 50 anni di vita dell’azienda lombarda) contribuendo alla ripresa post bellica e poi al boom economico del Paese. La Gilera si afferma come una scuola di formazione di operai, tecnici, piloti, con una presenza sociale, economica e sportiva che aveva portato non solo benefici con opere per la collettività ma anche fatto conoscere nel mondo il nome del proprio marchio associato al paese di Arcore. Sono sempre le corse che danno alla Gilera trionfi in pista e successi di mercato grazie al tam-tam mediatico nazionale e internazionale. A partire dal 1950 i bolidi di Arcore si impongono in decine e decine di gare nazionali e internazionali e con Umberto Masetti, Geoff Duke, Libero Liberati vincono sei titoli mondiali nella classe regina con le 500 4 cilindri eredi della Rondine d’anteguerra.
L’albo d’oro si espande: tre i titoli costruttori al Tourist Trophy dell’Isola di Man, sette titoli tricolori, la conquista della mitica Gran Fondo Milano-Taranto. Gilera è presente soprattutto nelle grosse cilindrate 500 (con le 4 cilindri ma anche con la splendida monocilindrica “Saturno” la moto ambita ovunque nel mondo dai corridori privati) e 350 e nella 250 (4 cilindri), 125 (Gilli bicilindrico), 175 e sidecar. Sulla spinta di quei successi, la Gilera sbarca in Argentina con una propria filiale produttiva a Buenos Aires affidata al figlio maschio del commendator Gilera, Ferruccio che però muore a 26 anni causa una malattia tropicale.

Liberati e Duke in sella alla Gilera 500 "Quattro Cilindri". Monza 1956

Per papà Giuseppe è un colpo durissimo, tanto che nel 1957, con l’incombente crisi del mercato motociclistico dovuto principalmente all’ingresso prepotente dell’automobile con le 600 e le 500 FIAT, e per i costi delle corse oramai insostenibili, la Gilera si unisce a Guzzi, Mondial e MV Agusta (poi la Casa di Cascina Costa farà dietrofront correndo con la dicitura “privat”)  per il patto di astensione, cioè l’addio alle corse. Nel 1963 ci sarà la breve parentesi del ritorno in pista delle 500 GP di Arcore con la Scuderia Duke (piloti Derek Minter e John Hartle) e poi il flash con Benedicto Caldarella e in Italia con Remo Venturi e Silvio Grassetti, uscite non prive di lampi vittoriosi ma senza reale prospettiva. L’avventura della grande Gilera nelle grandi corse di velocità finisce lì. Il resto è cronaca con il tentativo del rilancio produttivo sotto l’ombrello Piaggio, il ritorno alle gare, nel fuoristrada, in particolare con i trionfi alla Parigi-Dakar. Dulcis in fundo, il rientro nel Motomondiale (di fatto moto Aprilia marcate Gilera) con la vittoria nel 2001 del titolo iridato 125 di Manuel Poggiali e del titolo 2002 250 con Marco Simoncelli. Resta vivo il ricordo di Giuseppe Gilera. “Uno in gamba” dicevano di lui operai, ingegneri, piloti. Indubbiamente un grande lavoratore: innamorato del motore, della motocicletta, delle corse, con grande intuito nel valutare situazioni, tecniche, persone, prospettive. Persona di grande impegno, era il primo al mattino presto ad entrare in fabbrica e l’ultimo la sera tardi ad uscire, spesso passando le notti a disegnare particolari di un nuovo motore o a verificare con i suoi tecnici la curva di potenza del suo 4 cilindri tirato per ore sul banco prova. Parlava poco, di solito buongiorno e buonasera per tutti con la stessa tonalità e il mezzo sorriso, usava l’orecchio per capire il motore da corsa e in pista si fidava solo del suo vecchio cronometro meccanico. Non altero come il Conte Domenico Agusta, dava però a tutti del Lei e pretendeva lo stesso dagli altri, nessuno escluso. Ma non si scordava mai da dove veniva: dalla gavetta, figlio di contadini, uno stimolo anche per chi gli stava vicino, che così capivano con l’esempio qual era la strada da fare, spesso in salita. Giuseppe Gilera non amava il motore 2 tempi e quando la Piaggio iniziò la produzione di moto marcate Gilera con propulsori 2 tempi provò disprezzo e pronosticò la fine della sua ex azienda. Purtroppo fu facile profeta anche se non si può mettere nel conto del “2 tempi” il triste epilogo di quella che è stata una delle stelle della produzione meccanica internazionale, fra le Case più gloriose di tutti i tempi del motociclismo e del Motorsport mondiale.