Eppure, il Covid qualche aspetto positivo ce l’ha avuto.
E quelli che ha avuto li ha avuti grazie alla tecnologia: la famigerata DAD, didattica a distanza, ci ha spiegato che – in condizioni di emergenza – è possibile fare scuola anche al di fuori dalla scuola.
Le terribili “call” hanno comunque evitato decine di migliaia di viaggi che in alcuni casi erano davvero inutili, business solo di compagnie aeree, tassisti e albergatori.
Ma se c’è un settore che più di altri ha avuto uno stimolo fortissimo dalla pandemia e ha fatto di necessità virtù è la sanità digitale.
Perché c’erano momenti in cui era materialmente impossibile andare dal medico di famiglia, anche semplicemente per farsi fare una ricetta, e quindi la scelta era drammatica: rischiare di morire per il Covid o rischiare di morire per l’impossibilità di acquistare un farmaco salvavita senza ricetta?
Ecco, a quel punto abbiamo iniziato a familiarizzare e ad amare una cosa che si chiama “ricetta dematerializzata” che con una mail o un whatsapp ha permesso di abbattere ogni distanza fisica fra noi e la farmacia. O la possibilità di scegliere il proprio medico di fiducia anche in questo caso da remoto, senza andare agli sportelli, ma solo con lo SPID.
Da lì si sono diffusi moltissimi strumenti di telemedicina e dintorni, che vi raccontiamo prendendo come modello una piccola Regione, la Liguria, che però è quella che ha la più alta percentuale di anziani in Italia e quindi è particolarmente significativa per raccontare tutto questo. Dove la politica, nella fattispecie Giovanni Toti, che non è solo il presidente della Regione, ma è anche l’assessore alla Sanità e prima di lui Sonia Viale, hanno dato gli input, poi messi a frutto da Liguria Digitale, che è la principale società regionale di digitalizzazione in Italia, quasi un esempio di gigante in una Regione pollicino, guidata da un manager d’eccellenza come Enrico Castanini, che è anche commissario per la programmazione della rivoluzione digitale nella Pubblica Amministrazione, e con Adolfo Olcese alla guida del settore della digitalizzazione sanitaria, con la collaborazione decisiva del Policlinico San Martino, l’ospedale più grande d’Europa, e del suo direttore generale Salvatore Giuffrida, così come del numero uno dell’ordine dei medici a Genova Alessandro Bonsignore.
E quindi facciamo una piccola visita guidata nelle novità della tecnologia applicata alla medicina, a partire dalla piattaforma Liguria Digitale Prenoto Salute, con cui 24 ore su 24 si possono prenotare appuntamenti attraverso un computer o dispositivo mobile, inizialmente per la diagnostica e gli esami radiologici e successivamente anche per gli esami di laboratorio e le prime visite specialistiche, anche fuori dalla propria Asl di residenza, e infatti ci sono centinaia di appuntamenti prenotati anche di notte.
Un meccanismo che permette – grazie al quadro completo delle disponibilità in un territorio ampio – di smaltire liste d’attesa e problemi nati dallo slittamento di visite durante la pandemia. Ma anche di curare al meglio le visite e gli appuntamenti di nonni e genitori anziani. E si somma ovviamente ai metodi tradizionale: gli sportelli del CUP, i numeri telefonici, le prenotazioni tramite la rete delle farmacie, in modo da non penalizzare chi ha problemi con tutto ciò che è digitale, soprattutto anziani.
E questo Prenoto Salute è l’evoluzione di Prenoto Vaccino, il portale con cui si sono prenotati i vaccini, che ha retto a differenza di moltissime altre strutture informatiche regionali, alcune delle quali hanno poi dovuto appoggiarsi al portale di Poste Italiane.
Ma la ricetta dematerializzata e le prenotazioni degli esami in line sono solo un tassello di una storia di sanità “elettronica” che coinvolge anche gli ospedali, a partire da quello pediatrico d’eccellenza, il Gaslini, trasformato da Pino Profiti – il numero uno nella gestione di ospedali pediatrici in Italia, oggi alla guida della struttura di missione della sanità ligure – in “Gaslini Liguria”: cioè, ogni volta che un bimbo varca la soglia del reparto di pediatria di uno qualunque degli ospedali liguri, è come se si trovasse al Gaslini. E vale sia per l’ospedale “fisico”, sia per la telemedicina: infatti il sistema di teleconsulto permetterà lo scambio in caso di necessità di immagini e informazioni tra pediatri e specialisti. Insomma, verrà costituita una centrale operativa in grado di far comunicare in maniera sicura ed efficace, 365 giorni all’anno, i professionisti anche di altre regioni o nazioni, favorendo un supporto specialistico d’eccellenza con teleconsulti e televisite, anche con i territori più lontani e sforniti di ospedali pediatrici.
Evitando “viaggi della speranza”, ove possibile, e avendo a disposizione in un secondo le migliori specialità di tutto il mondo.
Finita? Mica finita. Perchè all’Ospedale Policlinico San Martino, il più grande d’Europa, guidato da Salvatore Giuffrida, è partita la sperimentazione di ‘Surgery Tracker’, una app che consente ai familiari dei pazienti sottoposti ad intervento chirurgico di conoscere, in tempo reale e da remoto, utilizzando il proprio smartphone, le diverse fasi dell’intervento.
Funziona così, a partire dall’ovvia tutela della privacy dei malati: l’accesso all’applicazione è consentito esclusivamente tramite l’inserimento di un codice identificativo. Il codice viene fornito soltanto al paziente, che può, a sua volta, decidere di comunicarlo a terzi, come, per esempio, i propri familiari. Dopo aver inserito il pin all’interno dell’apposita maschera di accesso, si accede ad una schermata contenente un elenco progressivo di tutte le fasi di sala operatoria, in modo da permettere un monitoraggio puntuale del paziente dal suo ingresso sino all’uscita dalla sala. Con un ulteriore effetto positivo: permettere ai sanitari di lavorare con più tranquillità, senza essere – come è naturale che sia – “aggrediti” dai parenti che chiedono “Come è andata l’operazione?”.
Il monitoraggio è disponibile dalle 24 ore precedenti l’intervento chirurgico sino alle 24 ore successive l’uscita del paziente dalla sala operatoria, termine oltre il quale tutte le informazioni non risultano più visibili.
L’obiettivo dell’applicazione è non solo fornire informazioni in maniera tempestiva, ma anche consentire una riduzione dello stress correlato all’impossibilità di accedere alla sala operatoria, potendo seguire, anche a distanza, le diverse fasi del percorso operatorio. Soprattutto in situazioni come quella seguita al Covid per cui ai parenti era impedito l’accesso in ospedale.
E anche in questo caso tutto era nato con il Covid quando i medici di medicina generale e gli infettivologi, attraverso una piattaforma informatica evoluta, hanno messo in pratica l’idea di portare l'ospedale a casa del paziente.
E così sono partite l’attività di teleconsulto da remoto on-line, che consente la condivisone a distanza, tra paziente e medico, all’interno di una ‘virtual room’, una sorta di ambulatorio virtuale, della documentazione clinica del malato necessaria all’inquadramento del paziente (anche documenti personali precedenti alla visita), con la possibilità – per quest’ultimo – di farsi visitare dal proprio medico di famiglia e dallo specialista senza doversi spostare da casa, evitando così, nei periodi più drammatici della pandemia, la frequentazione di luoghi a rischio di circolazione del virus.
Medico e paziente hanno quindi modo di interagire tramite webcam e hanno a disposizione una live-chat nella quale possono scambiarsi informazioni utili. E ovviamente anche il referto è immediato e immediatamente disponibile.
Una modalità che ha permesso di evitare migliaia di accessi inutili al Pronto Soccorso, assicurando cure domiciliari adeguate senza passare dall’ospedale o, in altri casi, di essere ricoverati d’urgenza direttamente nei reparti di infettivologia senza passare dall’anticamera del Pronto.
Esattamente come, sempre la Regione Liguria, insieme all’AIL, l’Associazione italiana contro leucemie, linfomi e melanoma di Liliana Freddi, ha stabilito – sempre anche con supporti tecnologici – la possibilità di curare a domicilio i pazienti che si sottopongono ad autotrapianto, evitando la degenza in camera sterile per un mese, ma con la possibilità di essere seguiti a casa dai medici e con l’assistenza domiciliare di AIL a partire dal dodicesimo giorno post trapianto.
Insomma, è come se il PNRR e in particolare la sua declinazione sulla Sanità e sulla medicina territoriale e sulle cure domiciliari, fosse stato anticipato dalla situazione Covid e dalla capacità di fronteggiarla.
Ex malo, bonum. Anche nella tragedia.