Ipotesi Metaverso

12 aprile 2023

Di Ginevra Leganza

Tutto ciò che è digitale è reale. E per di più congiunto al mondo fisico. E poiché l’arte segue sempre la realtà – talvolta l’anticipa – il “figitale” fa breccia nei creativi. Dal 5 aprile al 23 luglio in mostra a Roma, a Palazzo Cipolla, ci sono gli artisti dell’ante Web in un vis à vis col Web 3. Fisico e digitale in un unico vortice, dal nome “Ipotesi Metaverso”. Una mostra-evento con 16 opere storiche e 16 artisti “dirompenti”, ideata da Emmanuele Emanuele, presidente della Fondazione Terzo Pilastro, e curata da Gabriele Simongini e Serena Tabacchi. 


“A chi teme che la tecnologia possa sopraffare le specificità dell’essere umano, rispondo con la convinzione secondo cui l’umanità saprà trovare le risorse giuste per convivere con essa”, sostiene Emanuele, che crede fortemente “alla coesistenza del passato e del futuro”. 


“Ipotesi Metaverso” è una girandola nel tempo e nello spazio, dal Barocco a oggi, come sa bene chi ha già varcato la soglia del palazzo in Via del Corso e si è trovato a ciondolare sull’altalena immersiva di Fabio Giampietro e Paolo Giordano, nel cuore di una stanza buia, vicino al bozzetto per la finta cupola della Chiesa di Sant’Ignazio di Andrea Pozzo (meraviglia a pochi passi da qui, con un soffitto da capogiro, vertiginoso ben più dell’altalena). Tornando a Palazzo Cipolla, aprono le danze gli scorci piranesiani, che si protendono in un film d’animazione 3D di Grégoire Dupond e Teho Teardo. E per chi ancora non l’avesse provato, subito dopo l’altalena arriva l’immersione a mezzo visore. Il consiglio è quello di visitare la mostra a digiuno, di non bere e non mangiare, per assaggiare il Web 3 sub specie Metaverso. Indossata la maschera Meta, impugnati i controller e spalancate le braccia in una sorta di cerchio magico sul pavimento – con la benedizione estorta a Balla e Boccioni – potrete volare sui tetti del Bronx. La sensazione – planando sui grattacieli azzurrognoli di Decentraland – sarà quella di un tappeto volante e vorticoso come l’”Onda lunga” di Pier Augusto Breccia, ispiratore del mondo in un visore. E fra i novecenteschi troverete ancora De Pistoris col suo “Donna e ambiente” (1922): maschio e femmina del futuro fusi come cyborg nello spazio. A riprova di un’arte preconizzante la realtà, la nostra realtà: panica, a-gender e fluida. 


Il gioco tra ieri e oggi, qui, è fra contemplazione e immersione. Fra colonne, capitelli e cariatidi di De Chirico contro schermi e intelligenze artificiali capaci di suonare il pianoforte. Fra ciò che è stato – e sempre sarà – ovvero l’arte dipinta, e ciò che è ancora il divenire di pixel e voxel. Perché il Metaverso è un’ipotesi, appunto. Senz’altro plausibile se si considerano gli investimenti dal 2021 a oggi (dopo lo storico annuncio di Zuckerberg, nel 2021 Meta ha investito 10 miliardi nel settore della realtà virtuale) e se si considera che il Web – dall’1 al 3 – più che un’invenzione d’impatto tecnico è una invenzione sociale.


La mostra a Palazzo Cipolla ha condensato i due volti della realtà: fisico e digitale, e nel mentre ha smarcato i visitatori in due tipi umani: tecno-ottimisti e tecno-scettici. E quindi ragazzi inseparabili dal visore, immersi nella favola di un volo sul Bronx, e metafisici fedeli alle piazze vuote di De Chirico. “Ipotesi Metaverso” è una mostra-evento che mette insieme i due mondi e i due modi di stare al mondo. In un bivio che tenta di fondersi nell’apeiron figitale. Per molti un sogno, per altri un incubo. Per tutti un’ipotesi. “Ipotesi Metaverso”.