Irlanda, vino vietato sulla spinta Ue. Ombre lunghe su economia e cultura italiana

26 maggio 2023

Di Massimo Falcioni

I governanti dell’Irlanda e i vertici UE a Bruxelles non avranno certo letto Mario Soldati che scriveva: “Il vino è per l’anima ciò che l’acqua è per il corpo”, una definizione che fa capire l’importanza per questo prodotto nella nostra cultura. Ai capi istituzionali del Paese Verde e a quelli della Commissione europea e dintorni, sull’onda di una ondata neo proibizionista che riporta ai periodi bui d’oltre Oceano, poco importano certe tradizioni e ancor meno realismo e buon senso sociale, economico, culturale: tirano dritto nelle loro crociate.

Stavolta, dopo quella sulla carne, nell’offensiva anti alcol, culminata – per ora – nella legge irlandese sugli “health warning” in etichetta. Una legge che non fa differenza tra una bottiglia di vino e una di liquore, che equipara il vino alla sigarette riportando in etichetta “nuoce gravemente alla salute” i rischi connessi al consumo di alcol. Qualsiasi consumo, senza alcuna differenza tra consumo moderato ai pasti e abuso. La campagna dei divieti UE pare proseguire ben oltre la semplice tutela della salute dei cittadini e dell’ambiente mettendo nel mirino la cultura, la tradizione, la libertà. A Bruxelles sono oggi impegnati a proibire il vino poco sopra i 10 gradi alcolici ma tacciono su altri fronti, come quello sulla liberalizzazione delle droghe o sulla distribuzione di massa di sieri genici sperimentali (oltre 4,2 miliardi di dosi per 448 milioni di abitanti). Pare oramai evidente una nuova “guerra di religione”, stavolta nei confronti della cultura alimentare europea: NO a vino e birra, carne e latte, (quando il No alla pasta?) e al contempo Sì agli insetti per alimentazione umana, al latte di piselli e alla soia ovunque e comunque. Cosa vuole davvero questa UE e dove vuole portarci? Tornando alla “questione vino”, per l’Italia, ma anche per altri Paesi europei quali Francia, Spagna e Portogallo, è un forte segnale d’allarme che va oltre i confini del settore. La legge si applicherà dopo un periodo di transizione di tre anni, dal 22 maggio 2026. “Sono lieto che siamo il primo paese al mondo a compiere questo passo e introdurre un’etichettatura sanitaria completa dei prodotti alcolici – ha commentato il ministro irlandese della Salute Stephen Donnelly – non vedo l’ora che altri paesi seguano il nostro esempio”.

Una decisione che ha sollevato critiche da numerosi Stati Ue, in primis l’Italia, da Stati membri del Wto e dai produttori di bevande alcoliche in quanto ritenuta una barriera agli scambi commerciali “ingiustificata e sproporzionata”. Le associazioni europee e nazionali di produttori di vino, birra e distillati hanno subito alzato i loro scudi presentando reclami ufficiali alla Commissione Ue perché apra una procedura di infrazione contro l’Irlanda. La Commissione europea ha già dato l’ok per silenzio-assenso alla proposta dell’Irlanda, pur di fronte al “No” di 13 Stati tra cui l’Italia. Se ne discuterà ancora il prossimo 21 giugno in una riunione del comitato UE “barriere tecniche al commercio”. Duro il commento del ministro degli esteri Antonio Tajani: “L’Italia è il primo produttore di vino al mondo e il Governo difenderà le aziende, anche contro le etichette che limitano il libero commercio. I tentativi di modificare i nostri stili di vita a tavola sono equiparabili al tentativo di farci smettere di parlare italiano. Noi ci opporremo con tutte le nostre forze”.  

Fra i più solerti contro la decisione dell’Irlanda è intervenuto anche il presidente della Regione del Veneto Luca Zaia: “ La legge irlandese, frutto del colpevole silenzio dell’Unione, che prevede l’etichettatura degli alcolici con avvertenze sanitarie è un rischio incombente sulla nostra filiera vitivinicola. Ma è anche un attacco ad un simbolo della nostra tradizione e identità, relegato da questo provvedimento a semplice ‘bevanda’, in barba ad ogni logica, studio, approfondimento culturale o scientifico. Purtroppo, c’è un’Europa che, ancora una volta, assiste inerme alla messa in pericolo dei propri prodotti più rappresentativi e affermati sui mercati, simbolo di una produzione che non esito a definire ‘monumentale e identitaria’ oltre che caratterizzata da un consumo tradizionale da millenni. Come i monumenti più preziosi anche il nostro vino deve essere difeso da quello che appare davvero uno sfregio: assimilare il consumo del vino, nella grandissima maggioranza dei casi responsabile ed estremamente limitato, ad un mero rischio per la salute, infatti, svela ancora più dell’incomprensibile ambiguità di chi approva simili norme la passività di un’Europa che nella difesa e nella tutela delle sue produzioni più tipiche rinuncia ad essere efficace”. Già.

Quanto vale il mercato del vino in Italia? Il valore di produzione è pari a 11,6 miliardi di euro (dati settembre 2022). Di questi, 7,3 miliardi, ovvero circa 22,2 milioni di ettolitri di vino, sono riferiti all’export. Nel 2021, il consumo interno è stato pari a 4,7 miliardi di euro. La produzione italiana di vino è pari al 20% di quella mondiale. Ciò significa che il mercato italiano del vino è il primo al mondo nella classifica globale di produzione per volumi. I primi mercati per le esportazioni italiane di vino sono Stati Uniti (24% e in forte crescita), Germania (16%), Regno Unito (10% con una crescita oltre il 30%). Questa del vino non è una guerra. Ma va combattuta come tale usando le armi del buon senso e della ragione.