L'etica del capitalismo non esiste

Di Oriano Giovanelli

31 maggio 2021

Antonio Polito sul Corriere della Sera del 21 maggio commentando la raccapricciante vicenda dell’omicidio di quattordici persone con la caduta della funivia a Stresa tocca un tema che, ci scommetto, verrà rapidamente messo sotto silenzio.

Ma esiste e può esistere una etica del capitalismo? Caro Polito la mia risposta è No, o meglio, esiste solo nei testi teorici.

Rubo ad una amica una citazione da “Ho sposato un comunista” di Philip Roth.

"Lui ti dice che il capitalismo è un sistema dove cane mangia cane. Cos'è la vita se non un sistema dove cane mangia cane? È un sistema in sintonia con la vita. Ed è per questo che funziona. Guarda, tutto quello che i comunisti dicono del capitalismo è vero, e tutto quello che i capitalisti dicono del comunismo è vero. La differenza è che il nostro sistema funziona perché si basa su quella verità che è l'egoismo della gente, e il loro non funziona perché si basa su quella favola che è la fratellanza".

Chi loda il capitalismo se ne faccia una ragione. Cane mangia cane. E quando non c’è più spazio nel canile, il capitalismo trova il modo di scatenare una guerra più o meno “esplicita”.

E non basta affidarsi alle virtù regolatrici dello Stato perché così come la verità storica è scritta dai vincitori le regole sono scritte dai forti.

Ma allora non c’è speranza? Non c’è alternativa alla barbarie? Certo che c’è. La più potente è il conflitto. Parola derubricata dai pensieri e dalle opere di tutti i protagonisti della vita sociale e della vita politica in una sorta di melassa ecumenica che ci affoga. La sinistra stessa ha sostituito la parola conflitto con la parola responsabilità: ma di ché? Per cosa? La sensazione che si sia smarrita la missione e si veda solo la “collocazione” è più che fondata.

Eppure il conflitto, quello duro muso a muso, fra interessi contrapposti è stato storicamente l’unico vero mezzo attraverso cui si è riusciti a tenere a bada la bramosia dei cani.

Solo il conflitto diventa politica e attraverso la politica può diventare nuove regole. Lo stesso capitalismo comprende quel linguaggio e quando in gioco ci sono i suoi interessi molla qualcosa.

Cosa si pensa che faccia più paura a Netanyahu. I razzi di Hamas? Certo che no, anzi quelli lo rafforzano. Ciò che può fargli cambiare atteggiamento è lo sciopero generale degli arabi israeliani e dei palestinesi che lavorano per le ditte israeliane. Nell’ultima drammatica vicenda per la prima volta il conflitto sociale interno ad Israele si è intromesso nel bel mezzo di una campagna militare. E’ una novità che può dare buoni frutti.

Senza conflitto non c’è progresso non c’è spinta al cambiamento, non c’è rinnovamento. L’Italia è un paese in grave crisi di futuro anche e soprattutto perché non c’è conflitto in primo luogo giovanile. Un paese narcotizzato è un paese senza futuro.

L’altro strumento è la possibilità che il capitalismo venga sfidato sul suo terreno da modelli politici e sociali differenti. La Cina e tutta la realtà asiatica può essere un grande incentivo al cambiamento del modello capitalistico occidentale sempre che questo non si getti dentro un vortice distruttivo gestito dai militari.

La sinofobia e l’islamofobia sono gravi malattie occidentali del nostro tempo controproducenti per il nostro stesso modello di vita.

Si pensi al sistema di welfare cresciuto nel secondo dopoguerra in Europa. Quello è certamente un esempio di come la bestialità del capitalismo può essere tenuta a bada. Ma forse che lo spauracchio sovietico non è stato uno dei fattori più efficaci della promozione delle buone idee socialiste di qua dal Muro? Caduto il Muro è partita l’aggressione al modello di welfare europeo senza che questo desse luogo ad un nuovo conflitto sociale anzi con la complicità di chi doveva difenderlo. Questa è una vera colpa storica della sinistra.

Allora tornando a Roth l’idea della fratellanza sarà anche una favola ma è necessario che qualcuno nel mondo lavori ad idee e modelli di società che rompano la presunzione che questo nostro che viviamo sia il migliore dei mondi possibili perché semplicemente non lo è.