26 maggio 2020
Esco al mattino alle 7,30. Dopo due mesi i radi capelli sulla mia testa sono un cespuglio indecente. Decido per il taglio netto. Essendo figlio dei tempi degli odiati/amati “Berretti Verdi” di e con John Wayne li voglio alla marines malgrado il mio metro e sessantacinque scarso.
Al mattino si incontrano dal barbiere i vecchi e quelli che hanno fretta. Voglio arrivare prima di loro. Alle 8 non viene nessuno, né barbiere, né vecchi né barbe lunghe. Tiro fino alle 8,30. Chissà forse un ingorgo stradale, il figaro vive da fuori Roma. La gente apre negozi, si siede al bar e mi guarda come si guarda un pazzo che si è perso.
Niente fino alle 9. Vado via. Il proprietario di una lavanderia di fronte mi dice che il barbiere apre alle 11 e riceve su appuntamento. Ha deciso così una ordinanza comunale Raggi. Hanno scambiato una barba lunga con una messa in piega, lavaggio e frizione di testa maschile con lo shatush delle signore che vanno da Federico nel Salone delle meraviglie ad Anzio. Vado via. Non taglierò più i capelli.
All’angolo c’è la farmacia. Vendono mascherine ospedaliere a 0,50. Per solidarietà verso Mimmo Arcuri mi precipito. Siamo in quattro, io, la mia compagna, mio figlio e sua figlia, chiedo quattro pacchetti, in ognuno dieci mascherine. Il farmacista mi dice di no. Me ne dà un pacco da dieci e che mi arrangi. Gli faccio notare che il ragazzo esce ogni sera e il giorno dopo, o l’altro ancora, devo dargli una mascherina nuova ma mi risponde che questi sono gli ordini.
Leggo poi dei sessantamila volenterosi che sarebbero stati pronti a farsi mandare al diavolo da giovani e anziani che hanno ripreso a frequentare le piazze. Sembra che il provvedimento sia stato ritirato ma vorrei capire come funzionano certi cervelli.
Il lockdown è stata una decisione giusta che ha dato buoni frutti ma è stata una scelta a termine: declina il virus, si allentano le maglie, torna il virus si stringono le maglie là dove il “corona” mostra maggiore aggressività. Furbo lui, furbi noi.
Invece siamo todos caballeros. Sembra di essere nell’Unione sovietica del primissimo Gorbaciov quando c’era la campagna antialcolica e non si poteva vendere nulla. Ero con una delegazione italiana e al sesto giorno eravamo esausti e assetati (come Tex Willer e Kit Karson dopo l’inseguimento dei bandidos), così ci rifugiammo in un Berioska, negozio per stranieri prima dello stupendo viaggio sul treno notturno Mosca- Leningrado. Fu una apoteosi alcolica.
Oggi ci vogliono trattare come in quel breve e fallimentare periodo dell’inizio del gorbaciovismo. C’è quel sindaco che vuole vietare alle 9 liquidi da asporto, il mio caro Vincenzino De Luca che sembra aver avuto da babbo Natale tutti i mitra che desiderava. C’è infine un’aria di libertà vigilata con i virologi che danno consigli, e i medici che sprecano in banalità il credito enorme guadagnato in questi mesi. Manca solo che ci dicano, come i vecchi medici di famiglia, che al sabato bisogna purgarsi per evitare malattie e il salto nel passato sarebbe totale.
Non so come andrà col virus. Si parla di vaccino imminente, di medicinali provvidenziali. Forse è più utile trovare il modo di convivere intelligentemente essendo prudenti, evitando per qualche mese esagerazioni.
Ma se voi due che siete ragazzi o voi due che avete una certa età ne avete voglia, un bacetto datevelo. Non fa male. Giuro.