La successione digitale e la tutela dei dati personali

21 luglio 2022

Di Serena Ricci

Il nostro patrimonio digitale, suscettibile di essere oggetto di eredità, comprende sia beni a contenuto patrimoniale, con un valore economico intrinseco, sia quelli a contenuto non patrimoniale, che riguardano interessi individuali, affettivi o sociali. Si può trattare sia di beni fisici (hard disk e dispositivi USB) che virtuali (i profili dei social network, l’home banking, la posta elettronica, le chat, gli NFT ,non-fungible token, mediante i quali gli artisti possono vendere copie digitali delle loro opere). In particolare le opere digitali e i relativi NFT sono veri e propri certificati di proprietà su opere digitali, quali opere d’arte, opere musicali, non copiabili, unici e insostituibili. Un’opera d’arte legata a un NFT è infungibile e chi la acquista attraverso uno smart contract, ottiene la possibilità di dimostrare un proprio diritto sulla stessa. Per tali beni la trasmissione a causa di morte può essere impossibile: se il defunto si riserva l’utilizzo di un portafoglio privato (hardware o software) il recupero dello stesso potrebbe rivelarsi impossibile a causa della crittografia della chiave d’accesso. 
Il Regolamento europeo relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (GDPR 2016/679 ) , non si applica a quelli relativi alle persone decedute, ma dispone, al Considerando 27, che i singoli Stati membri dell’Unione europea possano prevedere norme a tutela del trattamento dei dati delle persone decedute. Il nostro sistema normativo non contempla una disciplina riguardante la successione digitale mortis causa ed è difficile adattare gli istituti successori esistenti. Il nuovo Codice Privacy – D.lgs 196/2003 aggiornato al D.lgs 101/2018- all’art. 2-terdecies stabilisce che i diritti di cui agli articoli da 15 a 22 (trattamento dei dati personali) del Regolamento europeo “riferiti ai dati personali concernenti persone decedute, possono essere esercitati da chi ha un interesse proprio, o agisce a tutela dell’interessato, in qualità di suo mandatario, o per ragioni familiari meritevoli di protezione”. Pertanto, l’accesso ai dati di un defunto dovrebbe essere esercitato mediante un titolo successorio. Nel nostro ordinamento i diritti dell’interessato deceduto possono essere esercitati dopo la morte da parte dei soggetti legittimati a tal fine, salvo che il de cuius non lo abbia espressamente vietato, “divieto che non può produrre effetti pregiudizievoli per l'esercizio da parte dei  terzi  dei  diritti patrimoniali che derivano dalla morte dell'interessato, nonchè del diritto di difendere in giudizio i propri interessi”(art.2 terdecies, comma 5 ).


Il caso emblematico si è verificato ai primi di luglio quando Apple, Microsoft e Meta Platform (WhatsApp) avevano chiesto alla moglie di un uomo deceduto, un'autorizzazione del Tribunale di Milano per poterle consegnare le chiavi di accesso dei vari account del marito. La donna aveva motivato la richiesta spiegando di potervi trovare, oltre a foto e video del marito con i figli, anche lettere di addio per loro o dichiarazioni di ultime volontà in favore dei minori. Il Tribunale di Milano si è espresso favorevolmente alla richiesta della moglie a tutela dei figli minori, ma ha comunque dato adito ad alcune questioni relative agli strumenti successori più adeguati utilizzabili per la trasmissione mortis causa del patrimonio digitale. Il testamento può essere incompatibile con la natura dei beni digitali, essendo redatto su carta e comportando il rischio dell’appropriazione delle credenziali del defunto, violandone la segretezza anche in caso di pubblicazione del testamento olografo. Una soluzione potrebbe essere un testamento “intelligente”, con la forma di un protocollo digitale che entri in esecuzione automaticamente a seguito della morte del testatore. Altre soluzioni potrebbero essere il legato di password, con cui il testatore, attribuendo le credenziali, può conferire al legatario i diritti sui contenuti coperti dalle credenziali o la nomina di un esecutore testamentario da parte del de cuius per l’esecuzione delle sue ultime volontà anche se, in seguito ad un’eventuale rinuncia, non garantirebbe l’attuazione delle disposizioni testamentarie. 
Oggi una soluzione regolamentata la forniscono direttamente le piattaforme: Facebook e Instagram consentono di scegliere se nominare un “contatto erede” che gestisca il proprio account commemorativo, oppure di eliminare in modo permanente il proprio profilo. Google consente all’utente di indicare un termine, decorso il quale il profilo deve considerarsi inattivo e permettendo alle persone di fiducia indicate, l’accesso anche solo parziale ai propri dati. Twitter invece conferisce solo la possibilità di cancellazione dell’account da parte di un soggetto formalmente autorizzato, con la precisazione che la Società non è “in grado di fornire le credenziali di accesso dell’account a nessuno, indipendentemente dal rapporto tra il defunto e la persona che fa la richiesta”.