La leggendaria Lancia Aurelia ne "Il Sorpasso" e l'indimenticabile Jean Louis Trintignant

27 giugno 2022

Di Giovanni Vasso

Era pilota, eppure tremava a ogni sgasata e strombazzata tritonale commiserando di essere “finito nelle mani di un pazzo” che teneva in macchina la foto di Brigitte Bardot con la quale lui, nella vita vera, aveva davvero avuto una burrascosa e chiacchieratissima relazione. Jean Louis Trintignant è morto ma a lui, come sempre accade al genio, sopravvivono le opere. Una, almeno in Italia, su tutte. L’attore francese timido, impacciato, a tratti fuori fase, ha condiviso con Vittorio Gassman l’abitacolo più invidiato della storia del cinema italiano: quello della mitica Lancia de Il Sorpasso. 
Innanzitutto lei, la grande protagonista rombante di un film destinato a segnare a fondo la storia del cinema mondiale. La Lancia Aurelia B24 Spider fu pensata precisamente per il mercato americano. Del resto, erano gli anni ’50 delle convertibili, dei macchinoni scoperti, dell’automobile come passaporto per la libertà personale e l’affermazione individuale. Autentici miti perseguiti dalle generazioni di giovani dell’epoca, celebrati dalla musica e dalla letteratura. 


Fu uno dei disegni più belli di Pininfarina, entrò in produzione nel 1954 e ci rimase fino al ’58. Allestita sul pianale della B20 quarta serie, all’Aurelia B24 fu accorciato il passo da 2.660 a 2.450 millimetri. Il motore era un rombante V6, depotenziato, da 2451 centimetri cubici, capace di far toccare alla vettura fino a 172 chilometri orari. Sprigionava la potenza di 110 cavalli al regime dei cinquemila giri al minuto. La seconda serie (la quinta, dal momento che la prima Aurelia B24 è considerata la quarta serie del modello) fu prodotta in appena 150 esemplari. Per la prima serie (dunque la quarta...) se ne costruirono 240, per la terza (cioé la sesta...), che aveva lasciato le velleità americaneggianti, invece se ne allestirono ben 391. In quegli anni era proposta in vendita al prezzo base di 2,8 milioni di lire. Un autentico capitale. 
Fiorirono decine di leggende attorno a quest’auto, prima e soprattutto dopo il successo internazionale del film. Secondo alcuni, decine di Lancia Aurelia riposano sul fondo dell’Oceano di fronte alla costa di Nantucket, l’isola dei balenieri dal quale salpò il mitico Péquod a bordo del quale il capitano Achab diede la caccia a Moby Dick. C’è chi ancora oggi giura che nella stiva di una nave italiana c’erano decine di auto che avrebbero dovuto raggiungere il mercato Usa. E che, invece, sarebbero affondate insieme all’Andrea Doria, onore e vanto della marineria nazionale, tragicamente speronato dalla Stockholm il 25 luglio del 1956.  

La terza ed ultima serie di B24: la convertibile del 1958, peraltro identica alla precedente seconda serie

Un’altra leggenda, che in realtà è una storia vera che però passata di bocca in bocca s’è romanzata, riguarda proprio il film. Al termine de Il Sorpasso, infatti, Bruno Cortona (interpretato da Vittorio Gassman) azzarda l’ennesima manovra spericolata finendo contro un paracarro per scansare un camion proveniente dalla corsia opposta. Lui rimbalza fuori dall’abitacolo ma la macchina prosegue la sua corsa fuori strada, trascinandosi dietro Roberto Mariani (impersonato proprio da Trintignant) che in quell’impatto perderà la vita. Ebbene, anche a causa del valore economico delle vetture (se ne utilizzarono due), i produttori del film decisero di sacrificare una controfigura invece dell’Aurelia B24. Così dalla rupe sotto la curva di Calafuria di Quercianella, uno dei tratti più suggestivi della costa toscana, precipitò una più umile Fiat 1100 Trasformabile.   
Leggenda, oggi, è la stessa Lancia Aurelia. Grazie al primo (vero) road movie della storia del cinema. Il film di Dino Risi è un capolavoro, un trionfo di suggestioni. Da Jack Kerouac (avete notato? L’Aurelia di Cortona è malamente rabberciata sulla fiancata destra e questo ricorda la portiera sgangherata della Ford Sedan su cui Dean Moriarty accompagna Sam Paradise da una costa all’altra degli Usa) fino a Pinocchio. Quell’adorabile cialtrone di Bruno, pirgopolinice di una Roma rimpicciolita a provincia, rassomiglia a un invadente e simpatico Lucignolo (chi non ne ha mai conosciuto uno?) trasportato nella Roma del boom economico. Il Roberto di Trintignant, timido impacciato e con il rimorso dello studio e del dovere, è come il burattino di legno che scopre quanto sia bello sfrecciare lungo le strade del Paese dei Balocchi. Solo che, invece di diventare un ciuchino, Mariani perde la vita proprio dopo aver urlato “Urrà!” e di aver ammesso, all’esito di un lunghissimo processo di pensiero interiore, di aver vissuto i giorni più belli della sua vita in compagnia di quello stravagante personaggio e di una delle auto più belle mai prodotte dalle officine italiane.