«E quindi uscimmo a riveder le stelle». Un onirico e anacronistico ménage à trois, di letteratura, scienza e cosmo, fra Italo Calvino, Anna Maria Ortese e Paolo de Bernardis.

26 aprile 2023

Di Alessandra Fassari

Da Dante (se non da Lucrezio) a Leopardi, per tramite di Ariosto e Galileo, e oltre, sembra esserci una «vocazione profonda», una sensibilità lirica e sociale che attraversa tutta la letteratura italiana. «Chi ama la luna davvero non si accontenta di contemplarla come un’immagine convenzionale, vuole entrare in un rapporto più stretto con lei, vuole vedere di più nella luna, vuole che la luna dica di più». Questa la stoccata data da Italo Calvino ad Anna Maria Ortese sul Corriere della Sera nel lontano dicembre 1967. 


Un duellare di penne, più che un botta e risposta, che dai divergenti approcci al cielo stellato, condurrà ad un più ampio argomentare fra politiche d’interesse, opinioni scientifiche e punti di vista letterari. Subito dopo la pubblicazione del suo Ti con zero e appena due anni prima del celebre volo di Armstrong sulla luna, Calvino puntualizza, in un garbato ma secco rimbrotto, lo scettico e apatico approccio della scrittrice romana all’osservazione del cosmo. 


Ma cosa le avrebbe risposto lui oggi, a 100 anni dalla sua nascita, a fronte dell’evoluzione compiuta dalla scienza nei termini di quelle «magnifiche sorti cosmonautiche dell’umanità», già «progressive» per leopardiana memoria? E come sarebbe andata se al loro dialogo si fosse aggiunto un terzo interlocutore, stavolta dei nostri giorni, in un onirico e anacronistico ménage à trois, tutto di letteratura, scienza e cosmo? 


Abbiamo provato ad immaginarlo, imbastendo disordinatamente le reali parole di Italo Calvino e Anna Maria Ortese con quelle di Paolo de Bernardis, docente ordinario di Astrofisica all’Università La Sapienza di Roma, autore e co-autore di diverse pubblicazioni su Astrofisica e Cosmologia osservative.

O - «Caro Calvino, non c’è volta che sentendo parlare di lanci spaziali, di conquiste dello spazio, ecc., io non provi tristezza e fastidio; e nella tristezza c’è il timore, nel fastidio dell’irritazione, forse sgomento e ansia. Mi domando perché. […]».


C – «Cara Anna Maria Ortese, […] Le notizie di nuovi lanci spaziali sono episodi di una lotta di supremazia terrestre e come tali interessano solo la storia dei modi sbagliati con cui ancora i governi e gli stati maggiori pretendono di decidere le sorti del mondo passando sopra la testa dei popoli. Quel che mi interessa invece è tutto ciò che è appropriazione vera dello spazio e degli oggetti celesti, cioè conoscenza: uscita dal nostro quadro limitato e certamente ingannevole, definizione d’un rapporto tra noi e l’universo extraumano. […]».


dB – «Cara Ortese, Caro Calvino, la prima cosa che vorrei sottolineare è che oggi, più di 50 anni dopo la vostra discussione, il contesto scientifico e sociale dello spazio è decisamente cambiato. Allora erano i tempi eroici della prima conquista dello spazio. Adesso i lanci spaziali hanno proliferato, e sono diventati multifunzione, nel senso più lato del termine. Servono per realizzare strumenti e sistemi di osservazione e controllo della Terra (per atmosfera, terreno, mare, persone e cose), sistemi di comunicazione istantanea da ogni luogo e per ogni luogo, sistemi di geolocalizzazione, esperimenti di chimica e fisica estreme, osservazioni astronomiche di eccezionale portata. Servono per esplorare in-situ il nostro sistema solare, sia roboticamente che al servizio di astronauti. Come tutte le straordinarie tecnologie moderne, la maggior parte di queste attività produce già progresso e condizioni migliori per l’umanità. Conquistare lo spazio può significare – alcuni esempi tra mille - utilizzarlo per monitorare dall’alto e in modo globale le risorse agricole, permettendone una ottimizzazione, oppure studiare grandissimi volumi dell’atmosfera per monitorare gli inquinanti in modo da trovarne le cause e mitigarne gli effetti. Ma può anche significare (non siamo troppo ingenui) monitorare dall’alto le attività belliche dell’avversario in un conflitto, spiare i movimenti delle truppe e dei mezzi, spiare le attività industriali e logistiche di supporto e potrebbe in futuro avere capacità offensive. Strumento di progresso globale o strumento al servizio degli interessi geopolitici, al giorno d’oggi lo spazio può essere raggiunto tramite strumenti piccoli e leggeri (nanosatelliti, microsatelliti, cube sats ..) con investimenti e servizi di lancio relativamente economici. Abbiamo in orbita terrestre già diverse migliaia di satelliti, e molti seguiranno, per le applicazioni più diverse, tanto che il problema dei detriti spaziali in orbita diventa sempre più pressante. All’estremo opposto abbiamo giganteschi razzi pensati per la future attività permanenti sulla Luna o su Marte. Dall’accesso allo spazio gestito da poche agenzie governative e finanziate dal pubblico, si è passati ad una space economy globale e diversificata, dove i privati e il profitto svolgono un ruolo ormai fondamentale. Per quanto riguarda l’esplorazione umana dello spazio, stiamo per tornare sulla Luna, stavolta per restarci a lungo, e per usarla come trampolino verso Marte in tempi non lontanissimi. Oggi è tutto diverso. La maggior parte del pubblico ha perso interesse per l’esplorazione dello spazio. Mentre negli anni settanta un viaggio verso la Luna era letteralmente un viaggio nell’ignoto, oggi gli scienziati hanno a diposizione una miriade di dati scientifici sullo spazio vicino, quantitativi e consolidati. Lo spazio circumterrestre non è più considerato l’ultimo caposaldo della presenza umana, ma un ottavo continente che offre opportunità e sfide».


O – «[…] Anch’io, come altri esseri umani, sono spesso portata a considerare l’immensità dello spazio che si apre al di là di qualsiasi orizzonte, e a chiedermi cosa c’è veramente, cosa manifesta, da dove ebbe inizio e se mai avrà fine. Osservazioni, timori, incertezze del genere hanno accompagnato la mia vita, e devo riconoscere che per quanto nessuna risposta si presentasse alla mia esigua saggezza, gli stessi silenzi che scendevano di là erano consolatori e capaci di restituirmi a un interiore equilibrio […]».

Foto di Mauro Morra, Kymberley Desert - Australia 2014


C – «[…] Guardare il cielo stellato per consolarci delle brutture terrestri? Ma non le sembra una soluzione troppo comoda? Non le pare di strumentalizzarlo malamente questo cielo? […]».


dB – «Per chi ama approfondire e guardare oltre, le conoscenze acquisite negli ultimi cinquanta anni non riducono, ma rendono semmai più affascinante sia l’universo vicino (sistema solare) che quello lontano (astrofisico e cosmologico). Abbiamo inviato il lander Huygens a sorvolare i laghi di metano di Titano, vicino a Saturno, e la prima sonda Voyager, lanciata pochi anni dopo la vostra prima discussione, è l’oggetto costruito dall’uomo che si è spinto più lontano dalla Terra. Ormai esterna al sistema solare, si sta ancora allontanando, a più di 20 miliardi di chilometri da noi, nel vuoto e gelido spazio interstellare. Telescopi portati nello spazio per evitare i disturbi prodotti dall’atmosfera terrestre ci hanno permesso di contare migliaia di pianeti che orbitano intorno a stelle diverse dal Sole. Di alcuni di questi mondi alieni potremo presto studiare - sempre grazie a raffinatissimi telescopi spaziali come la missione Ariel di ESA - l’atmosfera, ricercando eventuali segni di attività biologica, di vita extraterrestre. Altri telescopi spaziali che utilizzano i raggi X e gamma hanno prodotto evidenze di mostruosi buchi neri sia nella nostra Galassia, sia in galassie lontanissime, con masse pari a milioni o miliardi di masse solari, capaci di curvare lo spazio nelle loro vicinanze e di inghiottire materia che, nella caduta verso il buco nero, forma luminosissimi dischi di accrescimento. Hanno dimostrato l’esistenza di enormi esplosioni cosmiche, i gamma-ray bursts, nelle quali, quando particolari stelle coalescono, spaventose quantità di energia vengono rilasciate nello spazio in frazioni di secondo. Altri telescopi spaziali attivi nelle microonde hanno misurato l’eco dell’esplosione primigenia, la radiazione cosmica di fondo prodotta pochi microsecondi dopo il big bang, ed hanno realizzato raffinatissime mappe dell’universo primordiale, ad un’epoca in cui era cinquantamila volte più giovane, mille volte più caldo e un miliardo di volte più denso di oggi. Un plasma primordiale di luce e materia ionizzata nelle cui immagini, prodotte da esperimenti spaziali come BOOMERanG, WMAP, Planck, SPT, ACT, si vedono, appena accennati, i semi delle strutture che si formeranno nei 13.7 miliardi di anni successivi. Queste flebili anisotropie cresceranno, sotto l’azione della gravitazione, fino a formare la meravigliosa gerarchia di strutture cosmiche: ammassi di galassie, galassie, stelle, pianeti che vediamo nell’universo attuale. Il nuovissimo telescopio spaziale JWST ci ha regalato immagini delle primissime galassie, formatesi poche centinaia di milioni di anni dopo il big bang, ponendo importanti questioni sulla fisica della formazione delle strutture cosmiche. 


La scienza spaziale ci porta oggi informazioni precise, che ci stupiscono forse più delle suggestioni poetiche e letterarie sullo spazio e sull’universo.  Ci porta a pensare che il nostro caro e meraviglioso ambiente terrestre sia una minuscola, trascurabile frazione di un cosmo sempre sorprendente, enormemente più grande, e indifferente alle umane cose. Ciò nonostante, resta straordinario il livello di conoscenza e consapevolezza sull’universo intero che è stato raggiunto sul nostro minuscolo granello di universo. 


Il cosmo è contemplabile con dettaglio mai raggiunto prima. Grazie ai telescopi spaziali possiamo guardare molto oltre il meraviglioso cielo stellato osservabile ad occhio nudo da una località lontana dalle luci cittadine. Vediamo straordinarie architetture galattiche e potentissime sorgenti a distanze cosmologiche, come pure la materia lontana ancora indifferenziata che brillava nella cosiddetta palla di fuoco primordiale. Queste immagini vengono registrate, studiate dagli specialisti e confrontate con le più avanzate teorie fisiche, ma sono anche fruibili, tramite internet e la divulgazione scientifica, da chiunque nel pubblico sia interessato ad espandere i suoi orizzonti conoscitivi». 


O – «[…] Ora, questo spazio, […] Diventerà fra breve, probabilmente, uno spazio edilizio. O un nuovo territorio di caccia, di meccanico progresso, di corsa alla supremazia, al terrore. Non posso farci nulla, naturalmente, ma questa nuova avanzata della libertà di alcuni non mi piace. […]»


C – «[…] il fatto che siamo obbligati a ripensare la luna in un modo nuovo ci porterà a ripensare in un modo nuovo tante cose. Gli exploits spaziali sono diretti da persone a cui certo questo aspetto non importa, ma esse sono obbligate a valersi del lavoro di altre persone che invece si interessano allo spazio e alla luna perché davvero vogliono sapere qualcosa di più sullo spazio e sulla luna. […]».


dB – «Le nuove missioni alla Luna (col programma Artemis di NASA, ESA, JAXA e CSA, a più di 50 anni dall’ultima missione Apollo) rendono queste considerazioni molto attuali. E’ giusto e utile rimanere per lunghi periodi sulla Luna? Se lo faremo, avremo vinto una sfida tecnologica immane che richiede, ad esempio, la capacità di generare in modo ultra efficiente l’energia necessaria per la sopravvivenza, la capacità di processare materiali lunari per costruire edifici che proteggano dal vuoto e dalle radiazioni, quella di reperire ed usare il ghiaccio lunare per ricavare acqua. Tutto questo richiederà lo sviluppo di tecnologie nuove ed avanzatissime. Inevitabilmente, come è già successo, queste tecnologie verranno riutilizzate per vivere meglio sul nostro pianeta. Le risorse disponibili sulla Luna (metalli rari, elio-3 utile per la fusione nucleare, ...) potrebbero essere sfruttate per rendere il programma lunare economicamente più sostenibile. A differenza del vecchio programma Apollo, il programma Artemis coinvolge direttamente i privati, stimolando una industria spaziale commerciale più robusta. La nostra conoscenza della Luna, della sua composizione, della sua storia e della formazione del sistema solare sarà centuplicata. Useremo la Luna come postazione avanzata e ineguagliabile per l’osservazione astronomica, nelle diverse bande elettromagnetiche e per lo studio delle astroparticelle. Davvero sapremo molto di più sulla Luna, lo spazio e l’Universo». 


C – «[…] Questo qualcosa che l’uomo acquista riguarda non solo le conoscenze specializzate degli scienziati, ma anche il posto che queste cose hanno nell’immaginazione e nel linguaggio di tutti: e qui entriamo nei territori che la letteratura esplora e coltiva […]».


C – «[…] Il più grande scrittore della letteratura italiana di ogni secolo, Galileo, appena si mette a parlare della luna innalza la sua prosa ad un grado di precisione e di evidenza ed insieme di rarefazione lirica prodigiose. E la lingua di Galileo fu uno dei modelli della lingua di Leopardi, gran poeta lunare…»


O - «[…] Si direbbe, Leopardi, l’unica voce reale della letteratura italiana, dopo Dante. E’ probabilmente più grande di Dante perché egli, - al cosiddetto reale, - non crede più […]».


dB – «La ricerca scientifica e la letteratura sono grandi avventure umane, che si sviluppano su binari paralleli. A volte (più spesso di quanto non si pensi) vengono a contatto. Questo succede grazie a letterati che discutono di scienza, e a grandi scienziati che fanno letteratura. Oltre ai casi ben noti di Galilei e Leopardi (allo spazio interplanetario associo sempre sovrumani silenzi …), non posso non pensare alla contemplazione e all’amore quasi biologico per la Natura nel Cantico di Francesco D’Assisi, alla Questio de aqua et terra, al Convivio e a molteplici passi (sulla precessione degli equinozi, su macchie solari, comete, eclissi, origine della rugiada, origine del vento, arcobaleno, ottica, formazione dell’embrione umano, …) della Commedia di Dante, dove poesia e scienza di coniugano mirabilmente. Penso alla efficacissima retorica con cui anche Copernico descrive le sue scoperte, alla difesa della rivoluzione scientifica di Francis Bacon nella utopica Nuova Atlantide. Penso, ancora, agli Enciclopedisti che nel Settecento invocarono una descrizione del sapere che rispettasse anche l’estetica, all’antropologia ampiamente presente nella Commedia Umana di Honoré de Balzac, al metodo scientifico con cui Emile Zola prevede che si debba scrivere un romanzo. Penso ai lavori di Jules Verne e H.G. Wells, iniziatori del genere fantascientifico, e, in ambito più astronomico, alle appassionanti opere letterarie “divulgative” di Camille Flammarion. Nel secolo scorso si sono contrapposti autori che associano il progresso tecnico alla perdita dei valori umani (vedi James Ballard, Kurt Vonnegut, Philip K. Dick) ad autori che esaltano la scienza e il suo contributo al progresso della società (come non pensare all’esaltazione della velocità e delle macchine dei Futuristi, ma anche ad autori ben più recenti, commerciali ma solidi, come Michael Crichton e Clive Cussler, dove la tecnologia è inevitabilmente il campo di battaglia tra bene e male).  E lei caro Calvino? La sua “fantascienza alla rovescia”, come mirabilmente la definì Montale, è pura letteratura in cui si parte dalla cosmologia e dalla scienza e si va a riflettere sull’uomo, sulle sue grandezze e le sue piccolezze. Una sintesi mirabile di scienza e letteratura che supera elegantemente le contrapposizioni tra letterati e scienziati (Croce-Gentile-Enriques?), aprendo ad un futuro attuale in cui gli scienziati non sono più chiusi nei loro laboratori, ma interagiscono continuamente con la società, scrivendo (oltre a letteratura scientifica da specialisti per specialisti) efficaci libri per il pubblico, mentre i letterati non disdegnano di usare nelle loro opere argomenti e metodi scientifici».