16 dicembre 2022
Saluto le autorità, gli illustri ospiti e gli intervenienti a questa giornata nazionale dello Spazio che la Fondazione Leonardo ha voluto dedicare, con lungimiranza, a un progetto di legge nazionale sullo spazio. Non fosse stato per la guerra alle porte dell’Europa, che da quasi un anno ha destabilizzato i già precari equilibri geopolitici mondiali, probabilmente avremmo annoverato questo 2022 che sta per concludersi come l’anno dello Spazio. Tra le tappe fondamentali di questa straordinaria avventura spaziale ne voglio ricordare due: 1) Il programma Artemis della Nasa, col recentissimo lancio, il primo di una serie, per portare per la prima volta la donna e far tornare l’uomo sulla Luna e da qui partire per l’esplorazione di Marte; 2) il migliaio di satelliti lanciati nei primi sei mesi del 2022, per la maggior parte commerciali, che hanno fatto “esplodere” la New Space Economy, settore su cui l’Europa ha sempre creduto tanto da aver aumentato del 17% il budget triennale dell’Agenzia spaziale europea di cui l’Italia, terzo contributore, è oggi quasi al pari di Germania e Francia grazie al recente impegno economico di oltre tre miliardi di euro. Nel settembre dello scorso anno, in occasione di un altro evento della Fondazione Leonardo dedicato al G20 sullo Spazio, avevo rilevato che il Pianeta si domina presidiando lo Spazio. Gli eventi di guerra purtroppo scatenatisi da lì a pochi mesi, con il conflitto in Ucraina, sono ora più che mai la riprova di quanto la corsa allo spazio abbia un valore geopolitico di grande rilevanza, oltre che di competitività economica e di crescita nei settori dell’innovazione e della tecnologia. Geolocalizzare, monitorare e comunicare: il potere dei satelliti nel determinare le tattiche militari a terra e il loro esito è stato evidente nel corso di questi mesi. Grazie anche alle immagini satellitari un sempre crescente numero di analisti ha potuto effettuare valutazioni in tempo reale riguardo agli sviluppi sul campo di battaglia in territorio ucraino. È noto che nella nuova frontiera della competizione geopolitica – dove gli ambiti scientifici, economici e militari inevitabilmente si fondono e confondono – la Cina ha surclassato la Russia, mentre l’apertura ai privati negli Stati Uniti si tradurrà in turismo spaziale e laboratori industriali in bassa orbita. Lo spazio fa parte di quelli che sono definiti global commons, ovvero domini comuni, dimensioni nelle quali la sovranità è assente, condivisa o contesa. Usque ad sidera, usque ad inferos: quel principio così chiaro nel diritto romano lo è meno oggi, in un contesto di interessi geostrategici ampliatisi a dismisura e sempre meno garantiti dal Trattato sullo spazio extra-atmosferico del lontano 1967 e dalle successive Convenzioni e risoluzioni non vincolanti dell’ONU. L’assenza di regole unanimemente condivise ha alimentato la “giungla spaziale” e sta mettendo a rischio l’accesso sostenibile allo spazio e alle sue risorse: basti pensare che sono oltre 30.000 i detriti spaziali in orbita identificati e regolarmente monitorati per evitare collisioni, ma – stando all’ultimo rapporto ESA – potrebbero essercene addirittura più di un milione con dimensioni superiori al centimetro e il loro incremento segue il gran numero di piccoli satelliti commerciali messi in orbita negli ultimi due anni. Con l’odierna proposta, presentata dalla Fondazione Leonardo in collaborazione con l’Università La Sapienza e con la Space economy evolution Lab dell’ Università Bocconi, si vuole colmare un vuoto normativo in Italia al pari di quanto già avvenuto in una quarantina di Paesi, tra i quali Francia, Germania, Lussemburgo e Giappone. Ciò consentirà al nostro Paese – tra i leader di settore a livello europeo grazie alle sinergie industriali di Leonardo e alle sue avvedute joint venture – di operare con la certezza del diritto e in un contesto normativo e di governance di riferimento. Con l’obiettivo di disciplinare i rapporti tra Stato e operatori privati e agevolare lo sviluppo del settore industriale nazionale, anche attraverso inevitabili partnership tra pubblico e privato, sempre promuovendo la safety delle operazioni spaziali nazionali. Quando a Pitagora fu posta la domanda, dagli abitanti di Fliunte, “Perché siamo nati?”, Pitagora rispose: “Per osservare il cielo, e le stelle in esso, e la luna e il sole”. Allora era un andare oltre, nello spazio, con la facoltà della mente; oggi è un esplorare con la presenza del corpo. Capacità, questa, del novello “Homo deus”. Ma che, in assenza di regole, rischia di diventare insostenibile.