Il mondo post iPhone. Morto un device se ne fa un altro

16 novembre 2023

Di Giulio Silvano

Nel mondo ci sono circa 3,8 miliardi di individui che utilizzano lo smartphone. Il 6,3% di questi utilizzatori ha una seria dipendenza. Il sito Addiciton Center, una sorta di Booking per i centri di rehab, oltre alle cliniche che aiutano a disintossicarsi dall’alcol, dal gioco d’azzardo, dagli antidolorifici e dalle droghe, ha inserito anche delle linee guida e dei contatti per la dipendenza da smartphone.

Rispetto a dieci anni fa, dice uno studio della Virgin, gli utenti ricevono il 427% di messaggi e notifiche in più. Gli effetti di questo uso considerevole vanno dall’erosione della vita sociale allo stress, dall’incapacità di lavorare o studiare all’abbassamento della soglia di attenzione, ma si stanno studiando anche danni più invasivi agli equilibri chimici del cervello e ai neurotrasmettitori. È normale, perché questi device sono stati progettati, così come le app che contengono, per essere difficili da abbandonare, da mettere giù. La tecnologia è ideata per tenere gli occhi e le dita appiccicati. Un’ex dipendente di Google, che si occupava del lato etico dell’azienda, ha detto che il refresh, la possibilità di aggiornare la pagina e i suoi contenuti, è stato preso dai meccanismi delle slot machine e di altri giochi d’azzardo che provocano alti livelli di assuefazione. 


Ma qual è il future dello smartphone? Cambierà? Aumenteranno sempre di più gli utenti e quindi la dipendenza? Si perderà l’entusiasmo delle prime presentazioni di Steve Jobs, quando l’iPhone sembrava la più grande rivoluzione della storia? Le invenzioni del passato ci insegnano che quasi tutto prima o poi verrà rimpiazzato, o si evolverà in qualche modo. Le strade che si iniziano a vedere e immaginare un mondo post-smartphone sono varie. E a parte quelle apocalittiche e di stampo luddita, le alternative propongono di sostituire questa tecnologia con altra tecnologia. Neuralink, la strada di Elon Musk, è quella di impiantare chip nel cervello.

A Conegliano, in Veneto, un informatico di 66 anni si è fatto impiantare cinque chip sottocutanei per pagare al supermercato e aprire il garage. Meta, il colosso di Mark Zuckerberg, punta agli smart-glasses e al metaverso. Una coppia di San Francisco ha proposto un’altra strada. Imran Chaudhri e Bethany Bongiorno, ex dipendenti di Apple, hanno fondato Humane. Cinque anni e 240 milioni di dollari dopo sognano di inaugurare un mondo dove si passa molto meno tempo davanti allo schermo. La loro soluzione è l’Ai Pin, un device che grazie ai nuovi sviluppi dell’intelligenza artificiale, permette di avere a portata di mano tutte le funzioni dello smartphone. Letteralmente. Perché il display, partendo da questo piccolo parallelepipedo attaccato al bavero, proietta il display direttamente sulla mano. Leggeri movimenti delle dita e comandi vocali controllano il tutto, come un’evoluzione AI di Alexa e Siri. I messaggi vengono dettati. Non si sa ancora bene cosa si farà per i video. Questi device avranno una spia, per mostrare agli altri quando stanno registrando e fotografando, e i creatori hanno detto che non verranno venduti dati ad aziende terze. Nel progetto ha investito anche Sam Altman, Ceo di OpenAi.


Questa piccola spilla, che verrà lanciata sul mercato l’anno prossimo, costerà 699 dollari, con un abbonamento mensile di 24 dollari. Ispirati da un monaco buddista incontrato dal loro agopunturista, Chaudhri e Bongiorno con la loro spilletta vogliono replicare le varie utilità dell’iPhone eliminando però tutti gli elementi che creano dipendenza. Niente social network. E niente quello scrolling infinito che rende Tik Tok così popolare. Un altro ex della Apple, José Benitez Cong, si è unito a Humane, dopo essersi mostrato “disgustato” – ha detto al New York Times – per quello che l’iPhone aveva fatto alla società. L’Ai Pin di Humana, ha detto Cong, “potrebbe farmi superare il senso di colpa che per aver lavorato all’iPhone”. Ci si chiede però se cambiando l’oggetto, possa davvero sparire quella dipendenza nei confronti dell’iperconnettività, a prescindere dall’etica che la sorveglia. Morto un device, se ne fa un altro.