Non mettete il bavaglio ad una generazione

Tenere a casa i ragazzi significa ridimensionare drasticamente la loro voce e accentuare il ritorno di una discriminazione di classe

Di Oriano Giovanelli

25 maggio 2020

Quello che ci aspettano sono mesi complicati e molto duri per le persone, le famiglie, il lavoro. Ci sono anche quelli che nella emergenza si sono arricchiti speculando a loro riservo i miei peggiori pensieri. Ora quello che non mi stancherò mai di dire è che quando un popolo entra in sofferenza ci devono essere tutti gli strumenti agibili perché quel popolo possa far sentire la sua voce. A partire certamente dai suoi rappresentanti ed ho sofferto e soffro nel vedere il Parlamento ridimensionato, le regioni ridotte ad un solo volto e ad una sola voce quello dei cosiddetti governatori, i comuni nel loro complesso emarginati a ruolo di destinatari di una miriade di ordinanze, salvo ora essere la prima frontiera di una enorme questione sociale con scarsità di uomini e mezzi.

Ma fra gli strumenti a disposizione di un popolo ci devono essere una comunicazione libera e l'agibilità dello sciopero, delle piazze della lotta insomma per i propri diritti per il proprio salario, per i servizi primari. Qualcuno ha scritto che il covid-19 ha tolto spazio al populismo, a Salvini che ha bisogno dei mercati delle sagre, delle piazze, delle spiagge. In verità le piazze, le spiagge, i mercati sono stati finalmente il luogo eletto anche da un movimento che si è autodefinito antipopulista come le "sardine". La ragione è semplice se il populismo lo si vuole combattere, lo hanno capito quei ragazzi, l'arena sono i luoghi del popolo, una politica fatta al livello degli occhi delle persone direbbe Bersani. Fabbriche, scuole, università, piazze. Non ho ancora chiaro come il sindacato intenda prepararsi ad un autunno in cui saranno sempre più evidenti discriminazioni e disuguaglianze. Certo la strada non è quella del auto-bavaglio in nome di una emergenza sanitaria infinita dove chi sta al calduccio se la gode indisturbato anche dalle grida di un popolo silenziato.

Avrete capito a me non fa paura la ribellione sociale a me fa paura il silenzio.

E in particolare non sopporto che si punti a silenziare la generazione che sta frequentando le scuole superiori e l'università. Nessuno contrabbandi per scuola vera quella fatta da remoto attraverso le piattaforme. Per carità in un momento di emergenza abbiamo visto insegnanti reinventarsi, studenti adattarsi a passare alcune ore davanti ad uno smartphone perché in casa non c'era un pc. Si è fatto quello che si poteva fare e non sono mancate scuole che hanno garantito a tutti un portatile o un tablet, volontariato e comuni ( sempre loro grandissimi attori di comunità) organizzare raccolte fondi per comprare strumenti per la didattica a distanza. Ma ci vuole una bella faccia tosta a dire che questa è scuola.

Io con i miei compagni di terza media ( si avete letto bene) organizzammo uno sciopero per il diritto di assemblea, per i libri gratuiti stante che si trattava di scuola dell'obbligo e per la mensa.

La scuola in questi ultimi anni ha visto restringere gli spazi ( le classi a 29, 30 studenti), le risorse economiche, la sicurezza degli edifici. Non è calcolabile quanti soldi "spontaneamente" le famiglie sono costrette a sborsare per garantire un servizio decente ai propri figli. Scuola e sanità due dei servizi universalistici più importanti che in questo paese si sono conquistati per dare un senso concreto alla nostra Costituzione e per combattere la discriminazione di classe sono stati sotto attacco e io credo lo siano ancora.

Tutto questo non è arrivato spontaneamente ci sono volute lotte, tante lotte.

Oggi ai colpi subiti negli ultimi 20 anni se ne possono aggiungere degli altri di terribili. Tenere a casa i ragazzi significa ridimensionare drasticamente la loro voce su questo passaggio cruciale che può segnare il futuro del paese. Tenere a casa i ragazzi significherà ancora di più accentuare il ritorno di una discriminazione di classe. Un conto sono famiglie dove entrano ogni giorno risorse, beni e servizi. Un altro conto sono famiglie dove entrano ogni giorno precarietà, drammi legati alla perdita del lavoro, violenza accumulata dalla società. Un conto sono le famiglie dove entrano libri, giornali, cultura e con essa supporto allo studio. Un altro conto sono famiglie dove un ragazzo si deve sentire in colpa per essere un costo per dei genitori che non ce la fanno più e figuriamoci se può aspettarsi un supporto.

A qualcuno può giovare non avere tra i piedi studenti che magari visto l'andazzo decidono di cominciare a manifestare, ad occupare istituti per farsi sentire. Ragazzi che assieme si costruiscono una coscienza, che frequentandosi superano le barriere di ceto, di reddito, di pelle, di fede. Ragazzi che potrebbero voler dire la loro sulla guerra commerciale Usa-Cina, sul senso di questa Europa o addirittura su che indirizzo devono prendere gli aiuti pubblici alle imprese. I ragazzi non hanno dimenticato ad esempio "friday for future" altri temo di si.

E il pericolo salute? Sono un uomo pacifico ma se mi si obiettasse una cosa del genere potrei anche trasformarmi. Se i ragazzi stanno ammassati davanti ad un locale a bere lo si deve accettare anzi favorire perché è economia. Se invece senza ammassarsi, dimezzando il numero degli studenti per classe, assumendo gli insegnanti che servono per lavorare mattina e pomeriggio riapriamo le scuole questo è pericoloso! Ma per favore!

Si dice che oggi si sta delineando il futuro. Anche io lo penso. La pagheremo molto cara se non faremo di tutto ma proprio tutto perché sul futuro possano dire la loro soprattutto i ragazzi che ne hanno più diritto di altri e questo in gran parte è possibile nella e attraverso la scuola e l'università.

Se la domanda fosse per che cosa sarebbe utile indebitarsi davvero ora, la mia risposta metterebbe al primo posto: riaprire le scuole e le università a settembre. Niente di meno.