Nucleare sicuro e sostenibile, gli italiani pronti

20 ottobre 2023

Di Massimo Falcioni

Sono passati 37 anni dal disastro di Cernobyl, 36 anni da quando l’Italia ha dato addio al nucleare con il referendum del 1987, 12 anni dall’incidente di Fukushima. 
Ovunque, particolarmente in Italia, la questione dell’energia nucleare è stata affrontata per lo più ideologicamente e strumentalizzata nel confronto politico. Finalmente, pressati dagli eventi internazionali, pare giunta la consapevolezza che su un tema così importante e complesso si debba porre fine agli slogan, entrando nel merito con una nuova narrazione, concreta e pragmatica. Altra via non c’è, se non quella di produrre energia pulita e sicura, puntando sul nucleare sostenibile di ultima generazione.

Dice il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica Gilberto Pichetto Fratin: “Non si tratta di proporre il ricorso in Italia alle centrali di grande taglia della terza generazione, ma di valutare le nuove tecnologie sicure quali gli small modular reactor (Smr) e i reattori nucleari di quarta generazione”. Nuovi reattori ancora allo stadio di prototipo, esperimento e dimostrazione, con la commercializzazione prevista non prima del 2030. Reattori capaci di migliorare la sicurezza, ridurre la produzione di scorie nucleari, sottrarsi alla proliferazione nucleare (uso militare), minimizzare gli sprechi e l’impiego di risorse naturali e diminuire i costi di costruzione e di esercizio degli impianti. Questi sistemi offrirebbero vantaggi di redditività economica e di sicurezza: riduzione delle scorie nucleari prodotte riducendone anche la durata, eliminazione del plutonio impiegabile in armi nucleari, protezione fisica passiva e attiva dell’impianto, uso del combustibile in modo più efficiente, abbassamento dei costi dell’impianto e della sua gestione.

Oggi il caro energia è sulla bocca di tutti, tra tensioni politiche internazionali e impatto sempre più pesante su famiglie e imprese. All’Italia serve una nuova politica energetica. Così è stata riaperta la questione del nucleare. Il governo Meloni ha avviato la “piattaforma nazionale per un nucleare sostenibile” aprendo con decisione un nuovo percorso la cui evoluzione, realisticamente, nessuno sa quale potrà essere. Il nuovo piano nazionale è incentrato su energia nucleare, sicurezza e radioprotezione, rifiuti radioattivi puntando allo sviluppo di tecnologie a basso impatto ambientale e a elevati standard di sicurezza e sostenibilità. Così, non solo si è tornati a parlare di nucleare ma il governo si è dato una scadenza di nove mesi per avviare con i fatti la nuova strategia dell’atomo italiano.
Cosa dicono gli italiani? Oggi gli italiani sono pronti a dire sì agli impianti per la produzione di energia nucleare ma vogliono informazioni più concrete per sapere qual è il livello dei rischi. Questo, in conclusione, il risultato del recente sondaggio SWG riportato nell’edizione Radar del 17 ottobre che riguarda anche la percezione delle nuove tecnologie nucleari da parte degli abitanti del Belpaese. L’indagine evidenzia una Italia divisa in tre gruppi: il primo gruppo (26%) è contraria a nuove centrali nucleari, sempre e comunque. All’opposto, c’è una parte (20%) che vede nel nucleare l’unica soluzione sulla questione energia e quindi dice sì a costruire prima possibile nuove centrali. La maggioranza della popolazione (54%) è disponibile a riprendere la via del nucleare usando le nuove tecnologie, in particolare con impianti realizzati lontani dai centri abitati (soprattutto lontani dalla propria abitazione) e se davvero si avrà un reale e forte risparmio nella bolletta: con un risparmio del 10% in bolletta il 42% è favorevole al nucleare; con una riduzione del 20% della bolletta i favorevoli salgono al 50% superando il 70% se il risparmio salisse attorno a due terzi.

Tra i giovani i NO al nucleare sono meno di 1 su 5 mentre tra la generazione over 55 che ha vissuto la tragedia di Chernobyl la quota sale a 3 su 10. La questione resta complessa e delicata e continua a dividere. C’è una scarsa conoscenza della realtà. Oggi nel mondo ci sono 442 reattori nucleari, dislocati in 29 Paesi. Ben 148 impianti sono in 16 Stati europei. Nell’80% dei casi si tratta di reattori ad acqua pressurizzata, tecnologia attiva da molti anni con le migliorie sul sistema sicurezza, classificati come “generazione 3+”. Sono già in arrivo impianti di ultima generazione: una nuova classe di reattori nucleari con caratteristiche tecnologiche e di business model differenti rispetto a quelli in uso. In particolare, per superare i nodi dei costi elevati e dei tempi lunghi di realizzazione, sono pronti gli “Small modular reactor, reattori piccoli, con potenza fino a 200 megawatt e modulari. Ma c’è un problema: finora sono stati costruiti solo in Cina e in Russia. Tuttavia business is business.

Anche in Italia, come già scritto sopra, ci si sta muovendo con decisione partendo da un dato di fatto: la questione energia, specie con i venti di guerra in corso, è una emergenza nazionale e internazionale, le “rinnovabili” non bastano a garantire il fabbisogno energetico del Paese. In 36 anni, dai due referendum del 1987 che imposero  il No al nucleare, è cambiato tutto. Oggi il quadro tecnico-tecnologico mondiale è totalmente differente e consente di affrontare la questione in modo nuovo, in sicurezza. Tuttavia, fondamentale resta il consenso degli italiani per il quale occorre lavorare senza preconcetti e senza forzature. Restano valide le considerazioni realistiche del ministro Pichetto Fratin: “Noi puntiamo a eliminare prima il carbone, poi il petrolio, e a conservare il gas fino a che le rinnovabili saranno abbastanza sviluppate da raggiungere la neutralità carbonica nel 2050. Ma nel lungo periodo la continua richiesta di energia sarà tale da dover prevedere l’uso di fonti che garantiscano, al contrario delle rinnovabili, continuità nell’erogazione dell’energia. Proprio come il nucleare”. Va anche ricordato che il nucleare è nella tassonomia green della Ue e che la quasi totalità degli esperti lo considerano irrinunciabile per la sicurezza energetica del futuro, in aggiunta alle rinnovabili. Ecco perché il governo spinge per portare in Italia le centrali per la produzione di energia, attraverso la fissione di quarta generazione.

Questione tutt’altro che scontata e semplice anche perché nel mondo sono meno di una decina le aziende che realizzano impianti per la produzione di energia nucleare. Fra queste, nessuna è italiana. La strada è lunga e polverosa. Ma va percorsa.