30 maggio 2022
La Seconda Camera della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGEU) ha emesso in data 24 marzo 2022 una sentenza che si appunta sul cloud computing e il caricamento di contenuti protetti dal diritto d’autore. La Corte, nel risolvere una questione pregiudiziale sollevata dal Oberlandesgericht Wien – il Tribunale regionale di Vienna – ha stabilito che «l’art. 5, par. 2, lett. b), della direttiva 2001/29 deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale che ha recepito l’eccezione prevista da tale disposizione, che non assoggetti i fornitori di servizi di memorizzazione nell’ambito di servizi di nuvola informatica al pagamento di un equo compenso, per la realizzazione senza autorizzazione di copie di salvataggio di opere protette dal diritto d’autore da parte di persone fisiche, utilizzatrici di tali servizi, per uso privato e per fini né direttamente, né indirettamente commerciali, a condizione che tale normativa preveda il versamento di un equo compenso a favore dei titolari dei diritti». La questione che ivi viene in rilievo concerne la possibilità per un utente di un servizio cloud di utilizzare la nuvola per caricare e conservare contenuti protetti dal diritto d’autore. I giudici del Lussemburgo, soffermandosi sull’interpretazione dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera b) della direttiva 2001/29/CE (Direttiva Infosoc), ne hanno chiarito l’applicazione anche nell’ambito del cloud e del salvataggio avvenuto per fini privati.
Il caso di specie riguarda una controversia sorta tra due aziende austriache: l’Austro-Mechana Gesellschaft zur Wahrnehmung mechanisch-musikalischer Urheberrechte Gesellschaft mbH (in prosieguo: l’“Austro-Mechana”), una società di gestione dei diritti d’autore, e la Strato AG, fornitore di servizi di archiviazione cloud.
La ricorrente, società di gestione del diritto d’autore, in prima facie al Tribunale commerciale di Vienna, Austria, formulava domanda di rendicontazione e di pagamento di un compenso per supporti di registrazione di qualsiasi tipo, in quanto la resistente, Strato, fornisce ai suoi clienti professionisti e privati un servizio, noto come «HiDrive», con il quale mette a loro disposizione spazio di memorizzazione nell’ambito di servizi di nuvola informatica (cloud computing). La resistente contestava le domande attoree argomentando che alcun compenso sarebbe dovuto alla ricorrente per il servizio offerto. Difatti, il punto controverso tra le due società riguardava proprio il pagamento dovuto al titolare del diritto d’autore. Tale pagamento era stato effettuato in Germania, dove si trovano i server dell’azienda fornitrice del servizio di cloud. Peraltro, gli utenti localizzati in Austria avevano già pagato un canone per il prelievo delle copie private sui dispositivi terminali necessari per caricare contenuti nel cloud. Il Tribunale di prima istanza rigettava le domande della ricorrente sul presupposto che la Strato non cede ai propri clienti supporti di registrazione, bensì fornisce loro un servizio di memorizzazione online. Contro tale sentenza, Austro-Mechana proponeva appello dinanzi al Tribunale Regionale di Vienna, che, dopo aver sommariamente esaminato la fattispecie, formulava domanda di rinvio alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea sulle seguenti questioni pregiudiziali: anzitutto chiarire se la nozione “su qualsiasi supporto” di cui al richiamato articolo 5 par. 2 della Direttiva InfoSoc fosse applicabile anche a server di proprietà di terzi che mettono a disposizione ai loro clienti per fini privati uno spazio di archiviazione (ossia uno spazio cloud); di conseguenza, in caso di risposta affermativa, chiarire se tale articolo possa essere applicato a una normativa nazionale in base alla quale l’autore ha diritto ad un equo compenso.