23 dicembre 2020
C’erano delle letture che chi si avvicinava al Partito Comunista italiano (il 21 gennaio sarà il suo centenario), si trovava necessariamente a fare. Ne ricordo a memoria qualcuna: I Quaderni dal Carcere e le Lettere dal Carcere di Antonio Gramsci, “la Costruzione del gruppo dirigente” che racconta la rifondazione del PCd’I del 1926, Le lezioni sul Fascismo, gli atti del VIII congresso del 1956 e poi il Discorso di Bergamo sul destino dell’uomo del 1963 e infine l’Intervista a Nuovi Argomenti e il Memoriale di Yalta, tutti testi riferibili a Palmiro Togliatti. Certo erano tute letture “ortodosse” ma quella era la formazione di un militante, lettura studio e ancora lettura. Se chi si avvicina alla politica oggi producesse un terzo dello sforzo formativo che facevano quei militanti, avremmo una diversa e migliore classe dirigente. Non era necessario frequentare le troppo mitizzate Frattocchie bastava seguire la produzione di libri che accompagnavano la cultura di un partito e non solo del PCI.
Di quei testi ce ne uno che oggi merita di essere riletto immersi come siamo in questa pandemia che si salda con la transizione digitale, la crisi ambientale e il consolidarsi di una nuova guerra fra potenze andando a formare un vortice in cui “rischio” e “ignoto” sono le note dominanti.
Quel testo è il discorso sul destino dell’uomo tenuto appunto da Togliatti al Cinema Duse di Bergamo, la città di Papa Giovanni XXIII, solo qualche giorno prima della pubblicazione da parte dello stesso Papa della Pacem in Terris. Un discorso anomalo per un leader comunista anche se di un partito comunista a sua volta originale come quello italiano.
Cogliere il mutamento radicale dei tempi e darsi un pensiero capace di abbracciarne il senso che, pur nelle differenze profonde fra i diversi protagonisti, guidi le azioni della politica, delle autorità religiose, della comunità scientifica.
Palmiro Togliatti
Il punto è avere a mente di nuovo che, come si riuscì in qualche modo a fare con il pericolo dell’armageddon nucleare, non un ceto non una classe non una fede non una nazione tantomeno un individuo ma il genere umano cammina sul filo di una suo autoannientamento. Che questo avvenga ad opera di un virus capace di uccidere milioni di persone e di far saltare il banco di sistemi economici e di protezione sociale, del soverchiante potere delle tecnologie in mano a pochi individui sulle istituzioni e sulle regole del diritto, del collasso climatico e delle sue conseguenze per miliardi di persone, di guerre commerciali che sempre più chiaramente sono accompagnate da una rincorsa folle al riarmo sui mari, sulla terra e nello spazio, oppure dalla somma possibile di tutto questo non cambia il cuore della questione anzi lo esalta.
Che i virus siano una delle minacce incombenti per l’umanità globalizzata è stato sostenuto solo negli ultimi due anni ad esempio da Sylvie Briand dell’OMS nell’incontro di Davos del 2018, ne ha palato Bill Gates in una conferenza del 2019 e nello stesso anno la Banca Mondiale e ancora il premio Nobel Jhoshua Leaderberg. Del potere soverchiante della tecnologia ne ha indirettamente parlato Xi Jinping quando ha bloccato l’offerta pubblica di Ant Group di Jack Ma con la parola d’ordine “prima viene il potere dello Stato”; la cosa ha ovviamente fatto storcere la bocca e il naso a tanti puristi del mercato. Ma chi in occidente avrebbe il coraggio di far perdere 37 miliardi di dollari ad un operatore economico, l’Amazon di turno, in nome di “prima viene lo Stato”? Chi può negare che questo problema sia già maturo nel mondo intero e che proprio su questo la democrazia si giochi un bel pezzo della sua credibilità?
Della crisi climatica e il cambio di paradigma che essa reclama, di un mondo minacciato dalla disuguaglianza oggi amplificata dagli effetti della pandemia è la voce di Papa Francesco ad aver svettato su tutte con la encicliche Laudato Sì e Fratelli Tutti. Con il suo linguaggio semplice, a volte grezzo ed essenziale, egli ha rappresentato l’unico vero tentativo di un pensiero di sintesi sul mondo che viviamo rompendo luoghi comuni sul potere taumaturgico del mercato sullo stesso tema della proprietà privata e nel contempo tenendosi alla larga da qualsivoglia tentazione autoritaria. Mi fa pensare che sia ancora la fede a scuotere l’albero. Chi non ha avuto modo ancora di farlo legga Pandemia e Resilienza della Consulta Scientifica del Cortile dei Gentili del maggio scorso. Ma uno come me si guarda attorno e non può che chiedersi chi è il Togliatti di turno. Dov’è il pensiero della politica, come possiamo costruirlo perché senza non si può andare avanti e il pragmatismo senza idee spacciato per realismo non ci porterà fuori dal vortice dove “rischio” e “ignoto” si inseguono producendo paura e egoismo.