Polizia predittiva e smart city: vecchie e nuove sfide per il diritto penale

di Giulia Tavella

15 febbraio 2022

La crescita del fenomeno smart city si ripercuote inevitabilmente sullo sviluppo della polizia predittiva e viceversa: se, da un lato, la città “intelligente” permette di incrementare i dati a disposizione dei software di polizia predittiva, dall’altro, questi ultimi ne condividono la strategia di efficienza, cercando di prevenire e/o contrastare la criminalità. Il presente scritto, dopo una breve ricostruzione della pratica di polizia predittiva e del quadro normativo attuale in cui opera, evidenzia due aspetti derivanti dalla sua intersezione con il discorso organizzativo della smart city. Il primo profilo attiene all’ingente aumento di dati raccolto dai sensori sparsi sul territorio cittadino, i quali potranno essere successivamente impiegati dai sistemi di polizia predittiva che su questi si basano. Il secondo concerne la possibilità che l’attività di prevenzione venga incorporata nella stessa architettura urbana, con la conseguenza che più le città divengono smart, connesse vigili, più la polizia potrebbe diventare un aspetto meno visibile e più integrato dell’ambiente urbano. In entrambi i casi appare necessario vagliarne la compatibilità con i principi del diritto penale, mettendo in luce fin da subito che ciò potrebbe scalfirne – quantomeno in via potenziale – qualche certezza.