Se tutte le piccole aziende si dessero la mano

29 ottobre 2021
3^ parte. FabLab Alterini-Arezzo, una torcia accesa nel buio parolaio che ci circonda

Di Oriano Giovanelli

A metà febbraio 2022 cominceranno i corsi. Le aziende che avranno aderito indicheranno un tema al lavoro dei trenta ragazzi che l’Istituto professionale e l’Itis di Arezzo avranno selezionato. Le stesse aziende avranno cura di indicare un supervisor attraverso le loro associazioni, figure d’impresa, esperti della Regione, professori delle Università. Alla fine del percorso al miglior progetto verrà assegnata una borsa di studio. Negli anni il cerchio si allargherà e toccherà i confini del rapporto fra il lavoro, l’arte, il design coinvolgendo il Liceo artistico. Magari fra un po' di tempo troveremo sul mercato prodotti frutto del lavoro del FAbLab. Non so se rendo l’idea, ma davvero tutto in questa storia ruota attorno alla ricerca degli stimoli più efficaci da offrire ai giovani alla loro voglia di imparare e alla loro voglia di intraprendere.


Fra tanta retorica subdola e pelosa che si ascolta quando si tirano in ballo i giovani a me sembra che questa esperienza del FabLab Alterini sia onesta e concreta e non parli solo ad Arezzo, dove è stato pensato e viene realizzato caso primo ed unico, ma parla al Paese. Parla alla legislazione sul lavoro e in particolare a quella relativa all’apprendistato affinché questa modalità formativa  venga riconosciuta, parla alla nuova frontiera della rendicontazione sulla sostenibilità ambientale e sociale dell’attività d’impresa in cui i FabLab devono rientrare, parla alle banche che premino questi percorsi virtuosi.

Non so perché ma da quando ho cominciato a scrivere di questa esperienza mi frulla in testa una canzone. “se tutte le ragazze le ragazze del mondo si dessero la mano si dessero la mano…” il grande e indimenticabile Sergio Endrigo. Forse perché il tema è proprio questo, ogni piccola azienda come ogni donna ( chiedo scusa per questo parallelismo che non vuole essere in alcun modo offensivo) è una, unica e irripetibile ma per non essere oppressa e marginalizzata deve sapersi dare la mano. Poi c’è la cura, il deposito di memoria altri aspetti assimilabili alla sensibilità femminile.

La memoria, quante aziende potrebbero attingere alla loro come e più della Alterini per dare vita ad esperienze paragonabili. Questa corsa affannosa per tenere il passo dell’innovazione, che per lo più è innovazione strumentale, rischia di far dimenticare che la forza della miriade di piccole e micro aziende è proprio la memoria. E’ la memoria che le salva dalla omologazione massificante, che le fa rilucere nel grigiore del qui e ora. È la memoria che può affascinare i giovani e spingerli ad emulare l’impresa.


Allora mi immagino una rete nazionale di FabLab una specie di serbatoio genetico di quel fare impresa italiano a tutela della biodiversità territoriale. Mi immagino il FAI che nella mia provincia non organizza solo un percorso nelle bellezze dei palazzi del Rinascimento ma ci conduce  nei musei delle nostre imprese meccaniche del mobile del tessile dove giovani studenti degli istituti tecnici ci introducono alla conoscenza, non di reperti archeologici, ma di laboratori vivaci  di bellezza competenza innovazione. Quanta memoria ancora viva e vitale viene distrutta dal piattume che ci vien imposto dalla logica dei grandi numeri. Una deriva alla quale si può reagire. Ecco perché sono grato a Paolo e Mariangela per avermi consentito di fare questo viaggio nella loro esperienza. Del resto al fatto che la bellezza che sta nella mente e nelle mani dell’uomo salverà il mondo io c’ho sempre creduto o meglio non posso fare a meno di credere. (fine)