Sette tesi su uomo e digitale

30 gennaio 2023

Di Luciano Violante

“Civiltà delle Macchine” nacque con l’intento di intrecciare i valori delle nuove macchine a quelli umanistici. Le nuove macchine cambiavano le abitudini, le relazioni, l’organizzazione delle case. I frigoriferi, le lavatrici, le lavapiatti liberavano il tempo di molte donne, il cui compito era allora prevalentemente domestico. Oggi il digitale occupa il posto che quelle nuove benefattrici macchine occupavano settanta anni fa. Sulla scorta della lezione di Leonardo Sinisgalli, ho provato ad applicare una prima, sommaria riflessione ai cambiamenti indotti dal digitale in noi e nella nostra società. Del resto, umanesimo digitale è il claim della Fondazione Leonardo.

Tesi 1. Il digitale è un ambiente, non è uno strumento
Il digitale non è uno strumento, è un ambiente. La nostra vita, infatti, si svolge all’interno di una permanente interazione tra noi stessi e vari sistemi di comunicazione, raccolta, classificazione e utilizzazione dati, fondati sulla intelligenza artificiale. Tramite il digitale ci informiamo, comunichiamo, apparteniamo a comunità, compriamo libri, facciamo la spesa, costruiamo e manteniamo relazioni, ci orientiamo in una città sconosciuta, vediamo film, leggiamo i giornali, ascoltiamo musica, seguiamo una partita di calcio, riceviamo suggerimenti per la cucina, il tempo libero, il lavoro, teniamo o ascoltiamo lezioni, possiamo scrivere alla band preferita, che magari ci risponde, o al politico che stimiamo o che disprezziamo. Attraverso i like valutiamo la reputazione di una persona, la condivisione di una opinione, la qualità di una foto. Questa permanente interazione costituisce un ambiente nel quale viviamo porzioni sempre più grandi della nostra vita. Circa cinque miliardi di persone nel mondo sono connesse a Internet e più di quattro miliardi sono attive sui social. È una comunità, la più vasta nella storia dell’umanità, che vive immersa nello stesso ambiente. L’ambiente digitale, che potremmo definire cyberspace, è globale, non è né pubblico né privato, può coprire tutti gli Stati del mondo ma sfugge a ciascuno di loro. Il cyberspace, in termini di relazioni sociali, economiche, scientifiche, affettive, è il quarto ambiente dell’umanità, insieme alla terra, al mare, allo spazio.

Tesi 2. Un mutamento antropologico
L’ambiente digitale sta trasformando la nostra antropologia. Le forme della comunicazione, della informazione, del gioco e dell’apprendimento sono cambiate dopo il 1997, data della messa in commercio del primo iPhone. Sono nati nuovi stili di comunicazione, nuovi modi di esprimersi, nuove forme di apprendimento, come anche nuove forme di aggressione come il cyberbullismo, l’hate speech, l’induzione al suicidio, che ha colpito in particolare gli adolescenti. È cambiato il rapporto tra mente, corpo, cultura, natura e società. È cambiato il modo di rapportarsi alla realtà. In definitiva sta sorgendo un nuovo modo di essere persona umana, una nuova antropologia. Alcuni parlano di Homo sapiens 2.0. Sono i nativi digitali, ma anche gli analogici immigrati, nativi analogici che si sono convertiti al primato dello schermo.
I nativi digitali e gli analogici immigrati hanno tempi brevi di attenzione, compulsano freneticamente sull’iPhone, trasmettono messaggi, mettono like, comunicano con le emoticon.

Tesi 3. Homo filmans
Gli Homo sapiens 2.0 partecipano alla vita materiale attraverso lo schermo che la rende immateriale e manipolabile; lo schermo consente di catturare il reale fotografandolo; a volte consente di modificarlo, e di inviare la foto ai destinatari come segno di amicizia, informazione, scherno, condivisione o anche per puro narcisismo. Nel 2000 Giovanni Sartori pubblicò “Homo videns”. A causa della televisione, sosteneva Sartori nel suo libro, per la prima volta nella storia l’immagine prevale sulla parola, mutando tanto la comunicazione quanto i meccanismi di comprensione tra gli esseri umani. Il predominio dell’immagine sulla parola, continuava lo studioso, avrebbe minato il cosiddetto pensiero astratto e l’attività simbolica propria dell’essere umano. Si sarebbe ridotta così la capacità di distinguere l’apparente dal reale e il vero dal falso. L’Homo videns diventa sempre più incapace di formarsi un’opinione propria e riduce la propria libertà. Una recente evoluzione dell’Homo videns, effetto delle tecnologie digitali, è l’Homo filmans, che attraverso l’iPhone filma tutto: l’abbraccio con una personalità, un monumento, una scena che attira l’attenzione, sé stesso in un determinato posto, un panorama, un animale. Lo schermo dell’iPhone ha un fascino straordinario perché crea intimità, possesso ed esclusione dell’altro. L’Homo videns è fermo, seduto in poltrona davanti a uno schermo, che deve condividere con altri; l’Homo filmans, invece, non deve condividere con nessuno il proprio schermo e non può fermarsi. Si muove perché deve documentare la propria mobilità, la propria capacità di osservazione, la varietà e l’interesse dei luoghi nei quali si trova e delle persone che incontra. Si sente dotato di un potere divino perché rende eterno l’attimo. L’Homo filmans è un narcisista 2.0. Filma per attirare l’attenzione di chi riceverà le immagini ed è perciò costretto a stupire. Il filmans se assiste a un incidente non soccorre il ferito, lo filma perché rendere immortale l’istante è più importante che soccorrere.

Tesi 4. Il digitale è reale
Materiale e immateriale, tangibile e virtuale, non possono essere più concepiti in opposizione tra loro. Il digitale è intangibile, immateriale ma è reale; esiste, non è una fantasia. Mi permetto una digressione. Fino a ieri il reale immateriale era il sacro. Oggi il reale immateriale è il digitale. Tutto il nostro tempo è secolarizzato e mercantilizzato, perché quando accendiamo un nostro device attiviamo un processo economico. È conseguentemente necessario discutere e contrastare le banalizzazioni ideologiche che, servili a un immaginario post-umano, intendono azzerare la centralità delle persone nella storia. Il comune destino del genere umano deve essere garantito dalla centralità della dignità umana, da una corretta interpretazione del progresso quale strumento di sviluppo delle persone, della società e dei popoli. La digitalizzazione della vita e della società è, con tutta evidenza, un fenomeno di massa, ma l’entusiasmo di chi nei dati legge incrementi su incrementi deve essere frenato e ricalibrato davanti a un’altra considerazione: una transizione digitale così rapida ed estesa rischia di emarginare le fasce più deboli della popolazione, coloro che avrebbero più bisogno di usufruire di agevolazioni e servizi ma che non dispongono di strumenti idonei per farlo, né delle competenze necessarie per utilizzarli.

Tesi 5. L’oligopolio digitale
Microsoft, Google, Amazon (per citare le più grandi piattaforme) controllano il 64% del mercato cloud infrastrutturale. Microsoft ha circa il 90% dei sistemi operativi per server e PC e gestisce Office che è il pacchetto software più diffuso al mondo. Il 92% delle nostre caselle di posta elettronica è gestito da Microsoft, Apple, Google. Sempre per definire il peso delle compagnie del digitale, ricordo che nel 1990 le prime cinque imprese USA in termini di capitalizzazione erano IBM, Exxon, General Electric, AT&T,
Philip Morris. Nel 2020 erano Apple, Microsoft, Amazon, Alphabet, Facebook. Nello stesso anno, inoltre, ciascuna delle cinque maggiori compagnie tecnologiche valeva più delle 76 maggiori società energetiche messe insieme. Viviamo in un oligopolio. Gli oligopolisti hanno nelle loro mani persone, imprese, Stati. Se girassero l’interruttore, il mondo si fermerebbe. Questa è la loro forza.

Tesi 6. L’inganno della disintermediazione
Nella cybersociety l’inganno più pericoloso è la disintermediazione. Non è in corso la cancellazione dei mediatori; è in corso la loro sostituzione. I vecchi mediatori – partito, associazione, chiesa, famiglia, sindacato – si presentavano come tali sulla scena pubblica, erano scalabili, avevano statuti conoscibili. I nuovi mediatori non si presentano come tali, non sono scalabili, non hanno visibili statuti. Microsoft, Amazon, Google ci danno a costi accettabili e con efficienza i servizi che ci sono indispensabili. In cambio consegniamo loro gratuitamente e liberamente tutti i nostri dati. Se gli stessi dati ci venissero chiesti dallo Stato, partirebbero cortei e campagne di stampa. È in corso una reintermediazione. I nuovi mediatori sono le piattaforme che orientano la nostra vita quotidiana in misura maggiore rispetto ai mediatori tradizionali. Conoscevo l’indirizzo, il numero di telefono, i dirigenti e gli addetti del mio partito, del mio sindacato, della mia parrocchia. Potevo mettere in discussione la leadership del partito e del sindacato e potevo candidarmi al loro posto. Invece non ho l’indirizzo e il numero di telefono di Amazon, né posso scalarla. I rischi sono evidenti. Per i mediatori occulti non ci sono né regole né contropoteri; senza idonee contromisure sono destinati a esercitare sulle nostre vite un potere infinito. I flussi di pensiero pilotati attraverso i social media contano più della intelligenza individuale. Chi governa l’ambiente digitale ha la possibilità di decidere non solo cosa compriamo, ma cosa pensiamo e come ci orientiamo nel mondo.

Tesi 7. Le garanzie nella società digitale
Una società evoluta deve proteggere le persone. La società digitale ricorre a un uso intensivo, quasi parossistico, della rete per condividere informazioni, dati e contenuti. Sono possibili l’anonimato, l’identità contraffatta, le identità multiple con la conseguente possibilità di diffondere contenuti senza che sia possibile risalire a una fonte che ne assuma responsabilità o ne possa trarre legittimo giovamento. L’anonimato permette di discriminare attraverso il linguaggio d’odio, spesso con caratteri “identitari”, sino alla costituzione di comunità odianti che si caratterizzano per azioni di denigrazione o di aggressione sino al linciaggio digitale. Altra faccia della medaglia: l’anonimato permette a persone meno strutturate, con identità più fragili, di essere ugualmente presenti sulla scena pubblica portando il loro contributo positivo al dialogo sociale. Il sistema deve poter espungere i primi tutelando l’espressività dei secondi, senza scivolare nello stato etico dei robot. Dobbiamo impegnarci per costruire una Civiltà Digitale, capace di dare a ciascuno la piena consapevolezza delle possibilità, dei limiti e dei rischi per la sua libertà di scelta. Con questa espressione si comprende il complesso degli aspetti culturali e sociali prodotti o condizionati nella nostra società dalla IA Civiltà Digitale, accentuo il peso del sostantivo, vuol dire una condizione umana caratterizzata dall’autonomia dell’individuo nell’ambiente digitale e dal dominio dell’uomo sulla tecnica digitale; la costruzione dell’autonomia e del dominio della persona sull’algoritmo è l’obiettivo da porsi nel presente, per poter essere liberi nel futuro.