Gli smart contract quale espressione dell’autonomia contrattuale: adeguamento del modello o degli ordinamenti?

di Camilla Silvestri

20 febbraio 2023

Il c.d. capitalismo 4.0 richiama il concetto di modulo che trova propria espressione nella Blockchain Technology e, più in generale, nelle DLT, Decentralized Ledger Technologies[1]. A riprova di ciò, il fatto che dal 2008, anno della creazione di Bitcoin (una tra le più famose e discusse piattaforme Blockchain), ad oggi, la reputazione di questi network è mutata; dall’essere considerati semplici “erogatori” di criptovaluta a motore stesso del sistema produttivo – Amazon ne è uno degli esempi più tangibili.
Ogni qual volta viene introdotto all’interno dell’ecosistema prima tecnologico e poi giuridico un mezzo o uno strumento innovativo è inevitabile lo scontro con l’ordinamento di riferimento: la tecnologia, così come ogni fenomeno economico e sociale, anticipa il diritto esistente che deve adeguarsi.
Ciò a maggior ragione vale per il c.d. “smart contract”, o contratto intelligente, la più interessante e complessa applicazione della tecnologia blockchain, fosse solo per l’inerenza diretta con l’ordinamento giuridico che l’assonanza terminologica che la parola “contratto” immediatamente induce.