20.05.2021 Ginevra Leganza

Tante care cose, gli oggetti che ci hanno cambiato la vita

“Tante care cose” (Longanesi, 2021), l’ultimo libro di Chiara Alessi, si premura di metterlo in chiaro fin da subito: anch’esso – il libro, appunto – è prima di tutto una cosa, di preciso un libro-tasca, com’è scritto in quarta di copertina. 

Quanto siamo abituati male quando associamo il libro all’astrattezza del pensiero, quanto siamo sciatti nel credere che le parole non siano veicolate da caratteri, disegni, grazie e bastoni. Segni che annegano nei nostri occhi, lettere e alfabeti che testimoniano dell’essenzialità discreta nel loro stesso perdersi. Certo il passato è pieno di fiori ingegnosi, spiriti magni chiusi, diffidenti rispetto alle cose, acuti ma trasandati e invoglianti al disprezzo degli oggetti. Epitteto esortava l’amico a non curarsi della casa in fiamme: “Se hai compreso veramente che cosa governa l’universo, come puoi anelare a qualche pezzo di pietra e a qualche bel sasso?”. Non fosse stato Epitteto, venerando stoico ed essere concreto, l’amico l’avrebbe di buon grado gettato nel fuoco in mezzo alle pietruzze ardenti. È quasi certo che niente dura, tutto scorre e tutto cambia, ma la più parte di noi, uomini e donne semplici, nell’attesa che le leggi del cosmo si rivelino, ha davvero bisogno di quei graziosi sassi: i nostri sassi sono gli oggetti armoniosi tutt’intorno cui spetta nutrire la speranza di vita che ci si porta dentro. Nutrire la vita è quanto ambiscono a fare le “care cose” di Chiara Alessi, nipote di Alfonso Bialetti, l’inventore della moka, e Giovanni Alessi, fondatore nel 1921 dell’omonima azienda cui hanno collaborato negli anni Achille Castiglioni, Ettore Sottsass, Richard Sapper, Alessandro Mendini, Aldo Rossi, Stefano Giovannoni, Philippe Starck…

L’abito è il monaco, la copertina è il libro, lo stile è l’uomo, il design è il mondo. E sono appunto storie di mondo quelle della brillante nipote piemontese, insegnante al Politecnico di Milano e autrice di brevi capitoli dedicati a oggetti (divani, lampade, motori…), ma anche a idee, loghi, luoghi e intuizioni. “Tutte sono cose pensate – scrive nell’introduzione – quindi progettate, da qualcuno, non perché dovessimo ogni giorno fare i conti con la creatività di un ego ‘pimpante’, come avrebbe detto Gadda, ma proprio per potercene dimenticare”. Il design è l’arte dello sfilare dal cilindro del nulla qualcosa che prima non esisteva. È la forza di un’idea che non ingombra e decide di appagare anche i sensi, diventando oggetto o persino “cara cosa”, specie se è “buona, bella e brava” come la famosa bottiglietta di Cedrata Tassoni (p. 30), o se è iconica come il capolavoro di Fortunato Depero, per restare in ambito bottiglie, tanto poetico – come ben sanno i Milano-centrici affezionati al Camparino in Galleria – da diventare esempio pratico di metonimia: “la Campari è il Campari, e un Campari è quella bottiglietta” (p. 38). Sono tanti gli oggetti che si susseguono: grazielle, vespe, api e cinquecento. La Falkland di Munari, il cane Eni a sei zampe di Luigi Broggini, la “l” e la “R” di Max Huber della Rinascente (Bodoni e Gill Sans), la “M” di Bob Noorda nella Metropolitana di Milano e tantissime altre cose (in tutto 74), sempre illustrate nel libro da Paolo D’Altan, a riprova di un prodigioso Novecento italiano.

Un secolo di pensiero industriale col nostro Leonardo Sinisgalli indubbiamente svettante. Alessi ricorda infatti l’esperienza in Pirelli con l’house organ-rotocalco dell’azienda, dove si snodò quell’amicizia di numeri e lettere, tecnica e fantasia, “calcoli e fandonie”. Sinisgalli è la mente conscia del passato le cui ali, spinte avanti, nel futuro, non cedono alla pressione e alla paura del progresso. È del ’38 la pubblicità per la Studio 44 di Olivetti, la macchina da scrivere assente dal suo stesso manifesto: un’assenza più acuta presenza, un vuoto aleggiante nel profumo di quella rosa nel calamaio disegnata da Nivola, Pintori e dal poeta-ingegnere. La rosa e l’inchiostro segnavano il passaggio dal passato di pennini al futuro meccanico della scrittura, col fiore come possibilità di preservare il desiderio romantico di chi compone.

“Tante care cose” è un libro di oggetti, ma è anche un augurio che illumina la quotidianità media narrando la vita, perché tutto quanto ha vita è design. Tutto è progetto, prodotto, disegno, almeno dalla creazione in poi.

Manifesto pubblicitario Camminate Pirelli, di Leonardo Sinisgalli ed Ermanno Scopinich, 1948