Taranto come Linz

Di Antonello Caporale

12 novembre 2019

Una gita di un giorno. L’intero governo sull’aereo :destinazione Linz, un’ora da Vienna in Austria.

Linz trent’anni fa era la città più inquinata del Paese, capitale storica della siderurgia. Trent’anni fa avvelenava i borghi che la circondano, proprio come Taranto.

E come a Taranto l’acciaio più che un’industria era il simbolo, il padre e la madre della città. Cinquantamila dipendenti sparsi in tuto il mondo, cinque milioni di tonnellate prodotte.

Hanno infine deciso di fare la cosa giusta. Di imporre il rigore ambientale, hanno capito che all’acciaio non si poteva dire di no ma nemmeno alla salute. Azienda trasformata, la migliore tecnologia ha ridotto fino a renderle compatibile con la salute le immissioni in aria. Linz oggi è sotto controllo. E’ pulita senza aver dovuto rinunciare alla sua ricchezza.

Linz ieri era come Taranto? Certamente sì.

E Taranto domani potrà diventare come Linz? Certamente sì.


Allontanare la città dalla fabbrica anzitutto. Delocalizzare il quartiere di Tamburi, creare un cuscinetto verde, promuovere un processo profondo di rigenerazione urbana. Un nuovo assetto urbanistico verso est, il recupero e la valorizzazione del magnifico centro storico, oggi parecchio degradato. Parallelamente procedere con la bonifica dell’impianto, sapendo che altra strada non c’è. Anche spento l’altoforno inquinerebbe. Perciò è necessario coniugare lavoro e salute.

E i soldi? In cassa c’è quasi un miliardo e mezzo di euro, somma confiscata dalla Procura di Milano ai Riva e destinata alle opere di bonifica.

Non è molto ma non è neanche poco.

Realizzare a Taranto una esposizione universale della scienza e della tecnologia. Produrre per il mondo un modello di città che accetta l’industria pesante senza perire sotto di essa, significherebbe dare al Sud un proscenio che oggi è perduto, una visibilità ora oscurata. Un sogno.