A passi felpati, ma decisi, la UE passa dalla logica del nudging per orientare i cittadini europei su questioni importanti al fatto compiuto dato dal voto parlamentare che alla fine diventa un obbligo. Che vuol dire? Che con la strategia di marketing del nudging – nudge significa gomitata- si creano le condizioni per influenzare le persone convincendole sulla bontà di una certa scelta politico-istituzionale. Poi, preparato il terreno, si procede a istituzionalizzare l’oggetto del contendere certi di avere i numeri in parlamento per far diventare legge quel che prima pareva essere solo una libera discussione fra forze politiche e sociali, fra cittadini. Non è quel che via via accade con le riforme green europee e in particolare, quel che è appena accaduto, solo per fare l’ultimo esempio in ordine di tempo, con l’approvazione della direttiva Ue sulle case green (entro il 2030) e sullo stop ai motori endotermici entro il 2035 per non parlare dei “nutriscore” sugli alimenti, le etichette sul vino, l’indicazione delle classi energetiche sugli elettrodomestici e così via? Riforme che viaggiano sui binari di una ideologia uniforme e pervasiva e che, se non modificate, possono sconvolgere in tempi più o meno brevi diritti costituzionali fondamentali come la proprietà, il patrimonio, la libertà di movimento. Per fare un esempio, semplificando, prima si usa il “nudging” per orientare i cittadini sul cibo magari dicendo che il parmigiano e il vino siano pericolosi per la salute e poi, se occorre, si passa alla legittimazione democratica, imponendo certe scelte scellerate, democraticamente, con un voto parlamentare. Nessuno vuole portare indietro le lancette della storia e tanto meno disconoscere il ruolo e la legittimità delle istituzioni democratiche europee. Ma non è possibile accettare tutto, sempre e comunque, dire supinamente sì a scelte certamente costituzionali ma, realisticamente, distruttive.
Non è così, e non sarà così, ad esempio, per l’alimentare (vino, olio, pomodoro, formaggio) Made in Italy sotto attacco Ue? Come valutare la bravata della Commissione europea riservata ad alcune eccellenze italiane quali il vino, con l’ok all’Irlanda di utilizzare sulle bottiglie etichette allarmistiche che segnalano il pericolo per la salute dei consumatori? Chi stappa più (oggi in Irlanda e presto altrove) una bottiglia di vino con la scritta: “il consumo di alcol provoca malattie” o: “alcol e tumori sono collegati” non facendo riferimento alcuno alla quantità e ben guardandosi dal dire che – come specificato dai produttori in Francia - in quantità moderate, il vino non fa danni ma anzi fa bene alla salute, in particolare al cuore? Ha detto bene il presidente Coldiretti Ettore Prandini: “Il rischio è di aprire le porte a una normativa comunitaria allarmistica e ingiustificata, capace di influenzare negativamente le scelte dei consumatori. E’ del tutto improprio assimilare l’eccessivo consumo di superalcolici, tipico dei Paesi nordici, al consumo moderato e consapevole di prodotti di qualità e a più bassa gradazione come la birra e il vino che in Italia è diventato l’emblema di uno stile di vita lento, attento all’equilibrio psico-fisico che aiuta a stare bene con se stessi, da contrapporre all’assunzione sregolata di alcol”. Una china sempre più pericolosa all’inseguimento di una visione demagogica, populista e di estremismo ambientalista che rischia di debordare nella sostanziale deindustrializzazione del Continente, in particolare dell’Italia, destabilizzandone la tenuta sociale ed economica. E’ quel che può succedere, in particolare, sulle cosiddette “auto verdi” dal 2035, come se l’inquinamento mondiale possa risolversi partendo dalla piccola Europa occidentale che oggi rappresenta il 5,7 % della popolazione mondiale, il 14% dell’economia, con un’età media di 44 anni. Inoltre, è tutto da dimostrare che lo stop alle auto endotermiche a favore delle auto elettriche risolva in modo sostanziale la questione ambientale. Molti gli interrogativi senza risposta. Come verrà prodotta tanta energia elettrica per soddisfare il forte aumento della domanda? Come coprire le richieste dell’utenza con le colonnine elettriche previste? Come soddisfare alla produzione di batterie per autotrasporto, praticamente nulla in Italia, se non mettendosi nelle mani della Cina, paese tutt’altro da prendere di esempio sul piano dell’inquinamento e di altro? Ciò significa mandare ko la nostra industria, allineata nel rispettare gli standard richiesti e dà occupazione, per dare ancora più spazio a un’industria che non rispetta gli standard europei, anzi inquina molto di più del beneficio che l’Europa e l’Italia avrebbero usando le auto elettriche. A questo punto la domanda è se davvero i governi dei singoli Paesi, in primis Italia, Germania, Francia, saranno conseguenti nell’eseguire le decisioni UE. Quanto stabilito dal Parlamento europeo non è poi così vincolante e si dovrà trovare una soluzione per una transizione ecologica che va indicata, sollecitata ma non imposta. Anche l’automotive dovrà riconvertirsi, ma gradualmente, senza pregiudicare, oltre all’ambiente, la sua stessa esistenza di sistema industriale e la sua capacità occupazionale. Non fa male ricordare la favola
“L'asino che aveva imparato a non mangiare”. Un contadino sciocco aveva un asino e lo faceva lavorare dalla mattina alla sera. Un giorno pensò: «Quest'asino mi costa troppo. Voglio vedere se mi riesce di abituarlo a star senza mangiare. Cominciò a dargli un fascetto di fieno un po' più piccolo e mezzo mastelletto di biada invece di uno pieno. E l'asino, naturalmente, non potè protestare. Il giorno dopo, il fascetto era ancora più piccolo e la biada copriva appena il fondo del mastelletto. Il contadino gongolava e diceva: « Che sciocco sono stato finora a spender tanto denaro per l'asino quando si viene abituando a star digiuno ». Cala oggi, cala domani, un bel giorno l'asinello ebbe appena un pugnetto d'erba. « Parla! » diceva il contadino. « Hai fame? ». E l'asino zitto. Finchè un giorno si piegò sulle zampe e non s'alzò più. « Che disgrazia! " gridava il contadino sciocco. «Ora che avevo abituato l'asino a stare senza mangiare, m'è morto! ». Già.