29 agosto 2022
Cosa c’entrano lo spazio, gli astronauti con la cultura?
Ecco, “Civiltà delle macchine” è il posto migliore al mondo dove farsi questa domanda.
E, a freddo, vale la pena di analizzare in una serie di storie gli atti e i fatti del Festival dello Spazio di Busalla, paese della Valle Scrivia in provincia di Genova, ma soprattutto paese natale di Franco Malerba, il primo astronauta italiano, che poi fu anche eurodeputato e per un curioso gioco del destino si trovò, lui esponente di Forza Italia, a fianco del suo compagno di missioni Shuttle e grande amico, Umberto Guidoni, che sedeva nel gruppo del Partito dei comunisti italiani di Armando Cossutta e Oliviero Diliberto.
Insomma, la domanda è perfetta, sia per il testo, sia per il contesto e, a fine estate, sui taccuini dei giorni di Busalla rimane qualche appunto sparso con cui vi accompagneremo in una serie di racconti sulle nuove frontiere dello spazio.
Che sono anche frontiere metaforiche, non solo i Bastioni di Orione.
E allora partiamo con la visita guidata alla cultura nello spazio a partire proprio da Malerba e dalla lettura del suo “Manifesto del navigatore dello Spazi”, tratto dalla rivista “AV” e che, idealmente, ha fatto parte di un suo spettacolo nei teatri, massimo comune multiplo e contemporaneamente minimo comune denominatore di tutto questo.
Persino degli incontri che non ci sono stati a Busalla, compresa la domanda “Poesia e scienza, un matrimonio impossibile?”, affidata a un fisico e tecnologo come Bruno Galluccio che passa dai sistemi spaziali satellitari alle poesie.
Oppure, Amalia Ercoli Finzi, “la signora delle comete” che, insieme a sua figlia Elvina ha scritto “Oltre le stelle più lontane”: «Amalia – racconta Malerba - è l’insegnante che ha “costruito” centinaia di ingegneri italiani al Politecnico di Milano; se siamo protagonisti nel mondo spaziale, molto merito è suo».
E il gioco è proprio qui, il brivido sopra la follia, la divulgazione, la cultura e lo spazio.
Ad esempio, Luca Perri, che sulla carta di identità ha scritto “divulgatore scientifico” ed è il maggior raccontatore dei film di fantascienza, ma dal suo punto di vista, tanto da aver elaborato una conferenza spettacolo, dal titolo “Nollywood, mai andare al cinema con un fisico”, dedicata a tutti gli errori tecnici cinematografici nei film ambientati nello spazio. Si parte da “The Martian” di Ridley Scott, dove l’astronauta disperso su Marte si ingegna a realizzare una serra per la coltivazione delle patate, fino a errori di fisica fondamentale di cui sono affetti molti film, da Jurassic Park a Indiana Jones, da Armageddon a Gravity. Insomma, assicura Perri, «se un fisico ti accompagna a vedere un film di fantascienza, ti guasterà l’incantesimo».
Dai film “sbagliati” ai docu-film “giusti”, “Spazio Italiano” è un doc che va dalle origini del sogno spaziale italiano al Progetto San Marco, raccontando tutto questo in 54 minuti diretti da Marco Spagnoli e da lui sceneggiati con Francesco Rea, con Vinicio Marchioni come narratore, in cui si racconta la storia dell’Italia e del suo rapporto con lo spazio, che inizia negli anni Trenta: a Guidonia, infatti, venne creata la cosiddetta “Città dell’Aria” che raccoglieva alcuni degli scienziati italiani più preparati rispetto a questioni come la prima camera a reazione. Pur non avendo avuto ancora applicazioni pratiche, le ricerche italiane porteranno, durante la Seconda guerra mondiale, a creare “Larson”, un progetto segreto, dedicato solo agli scienziati italiani.
E qui arrivano i Ragazzi di via Panisperna e dintorni, non necessariamente inteso solo come Rione Monti: c’è Edoardo Amaldi, che si rifiuterà categoricamente di andare negli USA, diventando così il padre della fisica italiana, ma c’è anche Antonio Ferri, partigiano pluridecorato, che verrà convinto da Moe Berg, ex stella del baseball diventato spia poliglotta, ad andare in America, dove darà un contributo fondamentale alla stabilizzazione dell’F1, ovvero il motore di quello che sarà l’Apollo 11, portando l’uomo sulla Luna.
In Italia, invece, il professore della Sapienza Luigi Broglio, generale dell’aviazione, prenderà in mano il progetto satellitare italiano, arrivando, grazie ai buoni uffici di Amintore Fanfani, Giorgio La Pira e Enrico Mattei, a creare due progetti: il primo è il lancio del primo satellite italiano chiamato San Marco, terzo dopo URSS e USA nel 1964. L’altro è la creazione di una base di lancio in Kenya a Malindi.
Ed è proprio il regista, che già firmò un’opera dedicata ad Oriana Fallaci, intitolata ‘Il lato nascosto della Luna’, sul rapporto tra la scrittrice fiorentina e lo spazio, a raccontare l’umanesimo dello spazio e l’anima del suo docu-fim che parla di Luna e a Marte, “ma anche dello spazio commerciale in orbita bassa, mettendo a frutto decenni di ricerca e sviluppo che hanno fatto del nostro Paese uno dei pochi al mondo a possedere le capacità dell’intera filiera spaziale, dal vettore al satellite o struttura spaziale da mettere in orbita, sonda da inviare nello spazio profondo. Un’avventura italiana fatta di genio e intuizione, umanità e passione, che ha portato il nostro Paese (nella realtà e non nella fantascienza) ad essere un grande protagonista dell’esplorazione spaziale ed una potenza riconosciuta di questo campo. Perché lo spazio, come il cinema, coniuga arte e business, ricerca e avventura, scienza ed economia, speranza e passione”.
Concetti confermati anche da altri passaggi di questo umanesimo dello spazio.
Poesia, letteratura, cinema e poi?
E poi, ad esempio, le declinazioni dei tempi.
Futuro con il programma Artemis con cui la Nasa intende portare sulla Luna, entro il 2025, "la prima donna e il prossimo uomo”, illustrato da Franco Fenoglio di Thales Alenia Space. Un progetto che, nelle intenzioni dell’agenzia spaziale statunitense, rappresenta il prossimo passo verso l'obiettivo a lungo termine di stabilire una presenza autosufficiente sulla Luna, gettare le basi per le società private per costruire un'economia lunare e, infine, mandare gli umani su Marte.
O passato che guarda al futuro: il ricordo del progetto Tethered, nel trentesimo anniversario della missione che, nel 1992, vide debuttare l’Agenzia spaziale italiana nell’astronautica e proprio Franco Malerba diventare il primo astronauta italiano, festeggiato con la consegna al Museo dello Spazio di Villa Borzino della bandiera dell'Unione europea portata da Malerba a bordo dello Shuttle Atlantis e il computer Pc-Grid da lui utilizzato durante il programma di addestramento propedeutico alla sua missione.
Con tanto di ricostruzione in mattoncini con la base lunare Lego City, ambientata su un suolo ad-hoc che simula la regolite lunare, con il video di una onirica riparazione del Rover, girato al centro spaziale Altec a Torino, impersonato da Malerba e da un giovanissimo astronauta.
Franco Malerba
Su, su fino alla celebrazione della chiesa parrocchiale San Giorgio di Busalla da parte di don Giuseppe Tanzella-Nitti astronomo e professore di teologia alla Pontificia università della Santa Croce, che è il massimo esperto di “dimensioni umanistiche della ricerca scientifica”.
E qui, fra religione, fede e scienza, il pensiero va a Georges Lemaitre e alla sua spiegazione del Big Bang, ultrascientifica, ma sempre con la certezza che – comunque – la fede avrebbe risolto eventuali contraddizioni e dato ulteriori speranze.
E sembra un cerchio che si chiude.
Umanesimo e scienza.
Umanesimo e spazio.
Praticamente, Civiltà delle Macchine.