26.03.2024 Lucetta Scaraffia

Un tempo ancora cristiano

La concezione del tempo è stata cambiata dal cristianesimo nei primi tre secoli, durante i quali si è registrata la sua diffusione nelle società mediterranee.

Un periodo relativamente breve, se si guarda alla “storia di lunga durata”, e soprattutto tenendo conto che è stato un cambiamento completo. Dal tempo circolare, che seguiva il ritorno costante delle stagioni, dominato dal calendario lunare, si è passati infatti

al tempo lineare, che parte da un punto ben individuato nella storia – la nascita di Cristo – per muoversi in avanti, verso il suo ritorno (in greco parusìa, “venuta”) di cui parla già intorno all’anno 50 la più antica lettera di san Paolo (1 Tessalonicesi), e verso il giudizio universale.

Un tempo dunque che si muove verso il futuro, segnato da cambiamenti e trasformazioni molto incisivi, che trovano ragione di esistere proprio in questa concezione nuova. Che senso aveva, infatti, cambiare, se poi tutto continuava ciclicamente a tornare indietro, mancando la direzione verso cui muoversi? Il tempo cristiano assume invece una portata decisiva perché in questo tempo sono avvenuti e avvengono

gli atti salvifici – la “storia della salvezza” – riguardanti l’umanità nel suo insieme e i singoli, e si realizza la risposta collettiva e individuale dell’essere umano a questi atti. Nel tempo infatti l’essere umano decide della sua sorte.

L’espressione grafica di questo tempo è una linea, che ha il suo centro – coincidente con il centro della storia – nel momento in cui Cristo si è incarnato, ha proclamato il suo messaggio ed è morto per la salvezza degli uomini, inaugurando così il tempo nuovo. Il tempo è necessario perché l’umanità raggiunga la completezza in attesa della seconda venuta di Cristo, e questo tempo dell’attesa non deve essere affrontato nell’apatia, ma per i cristiani in un impegno pieno e appassionato nel mondo.

Si comprende dunque facilmente come il cristianesimo abbia significato una rivoluzione totale della concezione del tempo, quindi una rivoluzione culturale di portata gigantesca, che travalica di molto la sola dimensione religiosa. È rimasto solo un piccolo riferimento nostalgico – ereditato dalle Scritture ebraiche (l’Antico Testamento dei cristiani) – a una circolarità che richiama un ritorno: quello al mitico Eden delle origini, il “paradiso perduto” al quale nostalgicamente ogni essere umano vorrebbe tornare. Un accenno al tornare indietro quindi, e non all’andare avanti. Ma è solo un accenno. Anche nella Bibbia ebraica, infatti, il tempo scorre lineare, in questo caso dalla creazione del mondo, in attesa dell’arrivo del Messia; i cristiani l’hanno ereditato, spostando solo le date di inizio e di fine.

In sostanza, la diffusione del cristianesimo coincide con l’affermazione del tempo lineare in una misura più netta ed elaborata di quella già presente nella tradizione ebraica, tanto da influenzare un’altra religione rivelata, l’islam, che accoglierà questa concezione del tempo pur variandone la data di inizio. Il tempo islamico infatti si misura dall’Egira, cioè dall’esodo di Maometto dalla Mecca a Medina, e si muove anch’esso verso il giudizio universale.

Molte sono state le osservazioni su come questa concezione lineare abbia influenzato la cultura occidentale, fondata su un senso del progresso che dovrebbe migliorare le condizioni dell’umanità, in una visione ottimistica delle capacità degli esseri umani. Mentre sul progresso tecnico ed economico, e sul relativo miglioramento delle condizioni di vita, non ci sono dubbi, rimangono invece aperte drammatiche

questioni sul miglioramento morale del genere umano. L’ultima guerra mondiale, e in particolare la Shoah e il bombardamento atomico di Hiroshima e Nagasaki, sono stati al contrario la prova che i progressi tecnologici potevano andare di pari passo con un peggioramento morale degli esseri umani: il tempo lineare non si muove sempre e solo in senso progressivo.

Come ogni altra religione, il cristianesimo ha provveduto poi a sacralizzare lo scorrere del tempo, creando un calendario legato alla vita di Cristo e al culto di Maria e dei santi. Ha introdotto la scansione settimanale, ereditata dalla tradizione ebraica, spostando però il giorno festivo dal sabato alla domenica (in greco kyriakè heméra, corrispondente al latino dies dominica), giorno di Cristo, il Signore (kýrios in greco, dominus in latino). Ogni anno, le feste legate alle date principali della vita di Gesù – lanascita e la morte-resurrezione – scandiscono una successione di giorni che sono, ognuno, dedicati a uno o più santi o a Maria, e corrispondono a una scansione di tempi liturgici costruita come preparazione o celebrazione delle feste principali.

(Copertina) Pagina pubblicitaria relativa a una tipologia di terapia del dolore pubblicata in “Wellcome News”, vol. 15, 1984. (Sopra) Animal Locomotion, Eadweard Muybridge, 1887, tavola 560, collotipia

Il tempo liturgico è un tempo circolare, e si sovrappone al tempo precristiano, tanto che sono numerose le feste pagane che si sono trasformate in feste cristiane. Fino al concilio Vaticano II, questi tempi liturgici non comprendevano solo letture e preghiere specifiche, ma anche prescrizioni alimentari: giornate di digiuno totale – come il venerdì santo e le quattro tempora, cioè le giornate che scandivano il passaggio delle quattro stagioni – e periodi di penitenza come la Quaresima, in cui era vietato mangiare alcuni alimenti, in genere di origine animale, come la carne e condimenti come il burro. In questi periodi di penitenza era regolamentata anche la pratica sessuale, che era proibita nelle vigilie delle grandi festività. Una disciplina del corpo, quindi, che accompagnava lo scorrere del tempo, e ne scandiva le differenze secondo una regola religiosa.

Le date delle feste principali – Natale e Pasqua – appartengono a due sistemi diversi di regolamentazione del tempo: il Natale è una data fissa, il 25 dicembre, che propone per la natività di Gesù la coincidenza con il solstizio d’inverno, quando si celebrava il natalis solis invicti, la “nascita del sole invitto”: siamo infatti nei giorni più bui dell’anno, e la nascita di Cristo, il vero sole, corrisponde con il ritorno graduale della luce. La data della Pasqua invece è mobile, e corrisponde alla prima luna piena di primavera, perché dev’essere successiva alla festività ebraica, che Gesù aveva celebrato con i discepoli prima di morire.

All’interno del calendario cristiano convivono quindi due sistemi di misurazione del tempo, quello solare e quello lunare, entrambi collegati con i ritmi della natura e del ciclo agricolo. La resurrezione coincide con il risveglio della natura, morta durante il gelo invernale. Come tutti i calendari, anche quello cristiano ha dovuto far convivere i dodici mesi lunari con il calendario solare. E la scelta delle date di questo calendario è stata motivata dalla necessità di recuperare feste pagane molto radicate nella cultura popolare, come il Natale, oppure dal legame con il ciclo religioso ebraico, per la Pasqua.

La cristianizzazione del ciclo agricolo e delle feste precristiane ha influenzato anche il culto dei santi: una figura popolarissima come quella di Antonio, l’eremita biografato in un best-seller tradotto in diverse lingue già nel IV secolo, è diventato il santo del porcello perché si festeggia il 17 gennaio, inizio tradizionale del Carnevale, nel periodo in cui si ammazzava il maiale per preparare le scorte degli insaccati. San Benedetto, festeggiato un tempo il 21 marzo – ora la data è stata spostata all’11 luglio – era il santo della primavera, e sant’Anna, il 26 luglio, era diventata la protettrice contro la siccità, come la Madonna della neve, il 5 agosto.

Festeggiare l’inizio dell’anno il primo gennaio è un’acquisizione relativamente recente, e di origine non religiosa. Prima, ogni città o regione decideva liberamente quando iniziare l’anno, e il periodo scelto più di frequente era la primavera – soprattutto in marzo, quando il 25 si celebra l’Annunciazione dell’angelo a Maria e dunque a partire dall’incarnazione di Cristo, ma anche a calendimaggio, cioè il primo maggio – in coerenza con il ciclo agricolo. Così come è relativamente recente la simultaneità della celebrazione delle diverse feste, garantita dalla condivisione di un unico calendario: nei paesi sperduti nelle campagne o sulle montagne non sempre si poteva fare riferimento a un calendario preciso e sicuro, e se per il Natale la definizione del solstizio d’inverno poteva più o meno coincidere, molto più difficile e complicato era stabilire con precisione la data della Pasqua. In teoria la data doveva essere comunicata – come avviene tuttora – ai fedeli riuniti a celebrare il giorno dell’Epifania, dopo averla stabilita con l’aiuto di appositi calendari lunari, ma non tutti i sacerdoti ne erano in possesso o erano capaci di usarli, e quindi capitava che la Pasqua venisse celebrata in giorni differenti, secondo i luoghi.

La cristianizzazione del tempo era stata avviata dall’imperatore Costantino, con una legge del 321 in cui si stabilisce il riposo festivo ogni domenica, e con lenta gradualità il tempo cristiano si avviò a sostituire quello pagano.

Fino a oggi, quando costituisce l’ossatura temporale della globalizzazione. Si mantengono

infatti le feste cristiane, se pure dopo una progressiva selezione che in diversi paesi di tradizione cristiana ha fatto in parte scomparire feste un tempo importanti come la Pentecoste o l’Ascensione. Ma queste festività hanno quasi del tutto perduto la loro connotazione religiosa. Le persone che a Natale si scambiano i regali sotto l’albero, che cucinano l’agnello e regalano uova di cioccolata a Pasqua, spesso non sanno più bene cosa si festeggi, ma restano affezionate alla festa, ai ricordi di famiglia, ai cibi rituali.

Il consumismo poi si è impadronito di questa nostalgia, e ha trasformato queste ricorrenze del calendario in feste dello shopping. Anche se – da quando il monaco Beda diffuse intorno al 725 il computo del tempo dalla nascita di Gesù, calcolato due secoli prima da Dionigi il Piccolo, un altro monaco – stiamo vivendo nel 2020 dopo Cristo, quindi in un tempo ancora fondamentalmente cristiano.