05.03.2020 Francesco Pontorno

Vi spiego la Space Economy

Intervista a Luigi Pasquali

Lo spazio è sempre più vicino. Con Luigi Pasquali, amministratore delegato di Telespazio e coordinatore delle Attività Spaziali di Leonardo, percorriamo le nuove frontiere di uno spazio al servizio della società, attraversando capitoli affascinanti quali l’esplorazione, l’offerta di soluzioni a beneficio della Terra e la sostenibilità. Dopo decenni di competizione internazionale e spinta tecnologica, lo spazio guadagna una nuova popolarità nell’immaginario collettivo, per il desiderio dell’uomo di conoscere a fondo l’universo ma anche per la capacità di offrire risposte al cittadino. In questo scenario risulta rilevante il ruolo dell’Italia e dell’Europa, confermato dall’ultimo consiglio ministeriale ESA.

Quali sono le sfide, le opportunità e gli obiettivi dell’Italia e dell’Europa nell’economia dello spazio?

Lo spazio è diventato un abilitatore economico a tutti gli effetti. Siamo passati da una fase iniziale e pionieristica, legata alla spinta tecnologica e alla necessità di approntare soluzioni sempre più performanti, a un nuovo paradigma per rispondere ai bisogni della società e degli utilizzatori a tutti i livelli. Quando si va incontro ai requisiti degli utenti, inevitabilmente si attivano dei processi economici perché si generano nuove applicazioni e attività. Questo è proprio il concetto su cui si fonda la Space Economy.
Nel nostro continente lo spazio sta attraendo finanziamenti istituzionali importanti. In occasione della ministeriale ESA dello scorso novembre è stato approvato un budget di 14 miliardi di euro per i programmi spaziali, di cui circa 2,3 miliardi arrivano dalla componente italiana.
In Europa lo spazio è difatti uno dei temi su cui è stata definita una strategia. Stiamo realizzando servizi che possano rispondere alle richieste del mercato oltre all’esplorazione spaziale. Sono sfide importanti, perché per stare al passo è necessario adeguare l’offerta di soluzioni e tecnologie spaziali. Un ambito che quindi riguarda moltissimo l’innovazione e la ricerca. In questo quadro, il compito dell’Italia è quello di mantenere le proprie capacità e soprattutto rafforzarle.

Ogni euro investito nelle attività spaziali ne restituisce undici al territorio. L’industria spaziale può dare anche una grande spinta economica. Quali sono le attività più importanti che sta portando avanti Telespazio oggi?

Raccolta e analisi dei dati, sensori satellitari, algoritmi, potenza di calcolo. Sono le parole chiave della “geoinformazione”. Osserviamo la Terra per avere informazioni importanti e riusciamo così a dare risposte immediate per migliorare alcuni aspetti della nostra vita. Pochi anni fa era tutto diverso, si parlava di “fotointerpreti”, persone che osservavano le immagini satellitari e arrivavano a delle deduzioni. Ma oggi lo scenario è totalmente cambiato e stiamo vivendo una trasformazione potentissima su cui stiamo lavorando. Ad esempio, con COSMO-SkyMed, un sistema di osservazione satellitare in grado di scrutare approfonditamente la Terra in ogni condizione di luce e meteo. Un gioiello tecnologico generato dalla visione e dalla capacità di finanziarlo delle nostre istituzioni e dalle competenze della nostra industria. Citerei, inoltre, l’evoluzione di un settore per noi storico, quello delle comunicazioni satellitari. Sempre più proiettato verso i servizi a supporto della mobilità.

(In copertina) Antenne del Centro Spaziale del Fucino di Telespazio, rappresentazione artistica. (Sopra) Satellite radar italiano COSMO-SkyMed, immagine artistica

Come si fa innovazione nel settore spaziale?

L’innovazione ci pervade e, come dico sempre ai colleghi, siamo condannati all’innovazione. Ce ne accorgiamo soprattutto con la trasformazione digitale, assistendo a un veloce cambiamento dei servizi che ci riguardano da cittadini. L’industria spaziale è l’avanguardia, deve migliorare costantemente. Gli ambiti e le condizioni in cui opera sono estremamente severi e differenti rispetto a qualunque altra applicazione. Uno dei modelli di innovazione che funziona è certamente quello dell’open innovation. Nei settori in cui si fa tanta innovazione è necessario mettere insieme contributi diversi e sappiamo che non possiamo fare tutto da soli. Per questa ragione, collaboriamo costantemente con le università e supportiamo buone idee che nascono da start up e PMI, che hanno bisogno delle grandi aziende per essere assistite. Sicuramente attraverso l’intervento finanziario, ma soprattutto attraverso il project management dell’innovazione. Come gruppo Leonardo ci siamo dotati di un’unità centrale affidata a Roberto Cingolani, che si occuperà sempre più di innovazione.

Spazio e cyberspace sono diventati i veri territori di conquista geopolitica, di potere, di strategia. Come si integrano?

Come indica uno dei pillar della strategia europea, lo spazio è una leva diplomatica, un fattore determinante e strategico per l’evoluzione della geopolitica e delle collaborazioni internazionali. In esso si innesta il tema della cybersecurity, perché lo spazio deve essere profondamente sicuro e protetto dalle principali minacce. A maggior ragione se si sviluppano applicazioni e servizi spaziali che riscendono sulla Terra per rispondere alle necessità di cittadini e istituzioni.

Oggi lo spazio è molto popolare, entra nelle nostre vite in modo diverso rispetto al passato. L’Italia è una potenza del settore, un’eccellenza mondiale che però non sembra conosciuta quanto dovrebbe.

È vero, dobbiamo raccontare di più lo spazio, a partire dalle scuole, dalle nuove generazioni, anche attraverso i social media, per rappresentare in maniera più chiara ed evidente che le soluzioni e i sistemi spaziali che l’industria sta sviluppando sono a supporto della collettività. Superata la fase di ricerca tecnologica, lo spazio si è messo al servizio dei cittadini e dell’impresa ed è ora guidato anche dal mercato. La società respira e registra questo cambiamento perché inizia a esserci una reale capacità dello spazio di rispondere alle esigenze degli utenti. Pensiamo alla navigazione satellitare, all’agricoltura di precisione, alla misurazione degli effetti del cambiamento climatico, alla valutazione del rischio idrogeologico, al monitoraggio delle infrastrutture critiche, alle reti ibride per il 5G. Lo spazio è oggi una restituzione piena e forte al sistema paese. I cittadini stanno ricevendo e riceveranno sempre più benefici dall’evoluzione delle soluzioni spaziali. Quindi gli investimenti di Italia e Europa nelle attività spaziali sono sani e danno un beneficio diretto.

Sala di controllo, Centro Spaziale del Fucino di Telespazio

Possiamo parlare di spazio pubblico e spazio privato?

Lo spazio per sua natura è collegato agli interessi istituzionali, ma la New Space Economy offre ora un potenziale ritorno economico degli investimenti. Richard Branson, Elon Musk, Jeff Bezos sono i nomi che danno più visibilità a questo processo che, ad esempio, è molto presente nel settore del venture capital. Negli Stati Uniti è stata fatta una scelta politica, si sostituiscono gli investimenti istituzionali con un costo, aprendo al mercato la gestione di attività spaziali specifiche. In Europa succede un po’ meno. È il modello del PPP (Public-Private Partnership) a cui la grande industria sta guardando infatti con molto interesse. Esiste quindi lo spazio pubblico connesso allo spazio privato.

Il Novecento è stato attraversato da una competizione spaziale molto serrata tra Stati Uniti, Russia ed Europa, tale da generare perfino una distinzione terminologica che è tutta culturale e politica. L’Occidente dice “astronauta”, la Russia “cosmonauta”. Ora si aggiunge la Cina con il suo “taikonauta”. Le attività spaziali cinesi rappresentano un nuovo modello?

La Cina sta attraversando una fase di crescita rapidissima. Quello che noi abbiamo sviluppato in qualche decennio i cinesi lo hanno sviluppato in qualche anno. Il numero degli addetti dell’industria spaziale in Cina è uguale a quello degli addetti in tutta Europa. Però i risultati non mi sembrano dirompenti. Verifichiamo che la Cina invece di proporre un modello diverso sta arrivando molto più velocemente a soluzioni e tecnologie simili a quelle europee e statunitensi. Sta mettendo in orbita sistemi di osservazione della Terra, sta costruendo la propria stazione spaziale, sta realizzando un sistema di navigazione e posizionamento simile al nostro Galileo o all’americano GPS, ma da ciò che sappiamo non sta proponendo modelli diversi dal nostro.

Qual è il suo legame con lo spazio?

Ho sempre visto lo spazio con l’occhio più dell’ingegnere che del visionario. Quando ero bambino lo sbarco dell’uomo sulla Luna mi ha affascinato moltissimo. Mi domandavo cosa mi avesse colpito. L’uomo che mette piede sulla Luna o la capacità di esserci riuscito? Mi coinvolge di più la sfida tecnologica, ho ammirato l’aspetto ingegneristico di quell’impresa e dell’impresa spaziale, cioè la capacità dell’uomo di risolvere problemi per riuscire a fare qualcosa, per spingersi sempre più avanti.

Ormai guardiamo la Terra quasi fosse un pianeta come gli altri. L’uomo perde centralità nello spazio immenso?

L’esigenza di capire cosa abbiamo intorno è innata ed è proprio per questo che non ci siamo mai fermati. L’uomo non perde centralità perché per esplorare lo spazio, interrogare l’universo e avere delle risposte precise deve impiegare le proprie capacità. È l’uomo che vive, si mette in gioco, sperimenta, conosce, ed è l’uomo che infine costruisce il proprio futuro. Siamo noi che lanciamo il satellite CHEOPS alla ricerca dei pianeti extrasolari e che siamo in grado di guardare oltre.
Viviamo un’epoca davvero straordinaria per le attività spaziali, in ogni aspetto. Stiamo offrendo servizi numerosi e raffinati per la Terra, per migliorare la vita di tutti. Iniziamo tempestivamente a rilevare i segnali di inquinamento dello spazio, dovuti ai sistemi che nel tempo hanno generato detriti e che possono costituire un pericolo. È una fase di consapevolezza ambientale che fortunatamente sembra più veloce di quella sviluppatasi per la Terra. Stiamo cercando e studiando altri pianeti, per capire meglio il nostro o per dimostrare che non siamo soli. La magnificenza di quanto ci circonda impone infatti di comprendere di più. È tutto questo che anima la mia e la nostra passione per lo spazio.