"Fatti non foste a viver come robot". Intervista a Marco Magnani

16 marzo 2023

Di Francesco Subiaco

“Virtù e canoscenza”. E consapevolezza del presente. Marco Magnani, economista e docente di International Economics presso Luiss Guido Carli a Roma e Senior Research Fellow presso Harvard Kennedy School, in uno dei suoi libri parte da Dante – “Fatti non foste a viver come robot. Crescita, lavoro, sostenibilità: sopravvivere alla rivoluzione tecnologica (e alla pandemia)” (Utet, 2020) – mentre ne “L’Onda Perfetta. Cavalcare il cambiamento senza esserne travolti” (IlSole24Ore Editore, 2022) riecheggia l’adagio orientale – Cavalcare la tigre – proponendo una bussola per governare e “cavalcare” i cambiamenti della transizione digitale e delle sfide globali.

Nel suo saggio “L’Onda Perfetta. Cavalcare il cambiamento senza esserne travolti” lei parla del cambiamento e dell’importanza di gestirlo, come individui, imprese, nazioni. Come si può governare il cambiamento?

"L'epoca in cui viviamo è caratterizzata da una delle maggiori intensità di cambiamento nel corso di tutta la storia. Soltanto negli ultimi decenni, diversi sono gli eventi che hanno innescato cambiamenti dirompenti nell'economia, nella società, nella politica producendo effetti che perdureranno per lunghissimo tempo. Dall'11 settembre alla crisi finanziaria negli USA del 2008, passando per quella del debito sovrano in Europa del 2015, a cui si sono aggiunti poi la pandemia e la guerra in Ucraina, i cambiamenti dirompenti hanno ridefinito il mondo degli ultimi anni in una maniera che mai era stata pensata prima.

Di fronte al "cambiamento continuo", minaccioso tsunami che compare all'orizzonte, "subire" equivale a piegarsi alla forza del vento, nella speranza di sopravvivere ma rischiando di essere travolti (pensiamo al caso Kodak ad esempio). Quando però l'onda del cambiamento è all'orizzonte e si avvicina, il timore di non saperla affrontare adeguatamente e di esserne travolti suscita incertezza, genera ansia, alimenta sentimenti di paura. Nell'epoca caratterizzata da una delle maggiori intensità di cambiamento nel corso della storia, imparare a gestirlo è una questione di sopravvivenza. Cavalcare l'onda è l'unico modo per non esserne travolti."

 

Cosa intende per "cambiamenti dirompenti"?

"Intendo i "disruptive change", nell'accezione che gli diede il grande economista Joseph A. Schumpeter. Ovvero dei mutamenti che obbligano a ripensare completamente il modo di produrre, consumare, lavorare dal punto di vista economico, sociale ed individuale con la loro manifestazione. Dal digitale alla robotica, dall'e-commerce all'intelligenza artificiale i cambiamenti dirompenti non hanno solo cambiato i business model delle aziende, ma il modo stesso di concepire il mercato di tutti gli agenti economici coinvolti ed in tutte le parti della supply chain."

 

Come la transizione digitale ha cambiato il mercato del lavoro e i rapporti produttivi tra imprese ed agenti economici?

"Essa ha prodotto uno sbilanciamento rispetto al capitale che è la conseguenza dell'orientamento all'innovazione di mezzi tecnici. L’automazione della produzione e l'avvento della robotica portano a premiare gli investimenti del capitale e a ridurre la parte di ricchezza prodotta che viene destinata al lavoro. Contemporaneamente a questo fenomeno lo sviluppo di nuove tecnologie e di frontiere come l'e-commerce portano ad una "disintermediazione" del mercato, la cui conseguenza è la distruzione di categorie come commercianti, prestatori di servizi e impiegati a favore dei mercati digitali dove la componente lavorativa si concentra o sull'oligarchia tecnica o sui cosiddetti "servitori personali". Un problema politico che non va sottovalutato. Facciamo un esempio. Un tempo una banca aveva molte figure: il cassiere, l'impiegato, il direttore di filiale, le quali componevano la classe media. Oggi negli Usa, ad esempio, non esistono più grandi filiali in tutte le città, ma punti di distribuzione Atm, quindi mezzi tecnici, in cui ci sono degli operatori che non svolgono un ruolo da quadro o da intermediario, ma servono solo come punto di collegamento col servizio clienti e con i tecnici. Soggetti che in sostanza svolgono un lavoro non qualificato e con pagamenti molto bassi il cui ruolo è relegato alla mera assistenza. Un cambiamento che ha ridefinito drasticamente la piramide sociale."

 

In che modo?

"Oggi la piramide del lavoro è caratterizzata da un forte divario tra l'oligarchia tecnologica, composta da pochi operatori altamente specializzati e remunerati all'apice della piramide, contro una base composta da “in-person servers” (servitori personali), cioè coloro che svolgono mestieri al servizio dell’oligarchia tecnologica (per esempio rider, giardinieri, camerieri, etc.). Tra questi due estremi esiste un gap molto profondo, causato dalle conseguenze sia della sostituzione tecnologica sia dalla crisi della classe media di fronte al cambiamento."

 

Nel suo libro "Fatti non foste a viver come robot" lei propone un’alternativa "pre-distributiva" per fronteggiare le conseguenze sociali dello sviluppo tecnico. Cosa intende?

"L’ipotesi formulata nel mio libro è che per rispondere alle sfide della transizione digitale sia necessaria la combinazione di alcune misure che mirano non a re-distribuire, bensì a pre-distribuire i mezzi necessari per generare ricchezza, attraverso la costituzione di un fondo le cui quote siano riservata alle generazioni future. Ognuna di queste misure è pensata per sostenere il cittadino in una diversa fase della sua vita: istruzione di base, gratuita e obbligatoria (per la scuola), prestito universale (per formazione universitaria o professionale) e capitale di dotazione (per il periodo lavorativo e della pensione). Un'idea che propone un'evoluzione del welfare, da una definizione dei bisogni in cui diritti sociali standardizzati sono sostituiti da diritti ritagliati sui bisogni effettivi delle persone, capace di tenere il passo con la transizione tecnologica."

 

Quale è secondo lei il vero rischio di fronte al predominio dello sviluppo tecnico e al singularity point?

"Il vero rischio, non è l'avanzata delle macchine, ma l'arretramento dell'uomo. Finché l'uomo non arretra può procedere insieme allo sviluppo tecnico, quando invece delega le proprie capacità per pigrizia o per motivi vari, esso si relega in una posizione di subalternità. Ricordo, su questo tema, due consigli per il futuro che Calvino diede in una sua intervista: imparare le poesie a memoria e fare calcoli complessi a mente. Due consigli che sono ancora molto attuali, perché tramandano un grande insegnamento: tenere allenato il cervello e non esternalizzare mai il pensiero."