Nei saperi scientifici la scuola di domani

Di Andrea Gavosto

La scienza, intesa in senso esteso come l’insieme dei saperi della matematica, della fisica, della chimica, della biologia, dell’ingegneria e della tecnologia, non solo fornisce gli strumenti fondamentali per interpretare i fenomeni che ci circondano, ma, diffondendosi nel frattempo sempre di più nel lavoro e nelle attività di tutti i giorni, ha anche cambiato le abitudini e i nostri stili di vita. I metodi, gli argomenti e gli algoritmi rigorosi che la scienza utilizza e valorizza, dando un ruolo centrale – anche se non esclusivo – all’evidenza empirica, aiutano a navigare con spirito critico e con più sicurezza in una società largamente digitalizzata e immersa in un flusso di informazioni continuo, interpretando e assegnando il giusto valore alle informazioni. Infine, ma non meno importante, nessuna cittadinanza attiva e partecipazione democratica alle decisioni politiche che a ogni livello – dal più locale al più globale – vengono prese sono oggi possibili senza possedere un livello minimo sufficiente di nozioni e competenze scientifiche. Alcune vicende della pandemia – in primo luogo quelle legate alle polemiche relative alla valutazione della pericolosità degli effetti collaterali dei vaccini a fronte dei loro benefici – sono molto recenti e ce l’hanno ricordato con tutta evidenza.

Purtroppo, come sappiamo, l’Italia ha ritardi gravi in questo campo, a partire dalla scuola. Nella scuola italiana le scienze vengono insegnate agli alunni della primaria come una materia integrata, favorendo un approccio complementare ad altri saperi e argomenti; a mano a mano che gli allievi crescono le materie scientifiche acquisiscono un’articolazione più strutturata e complessa attraverso un insegnamento che prevede una distinzione più marcata tra la matematica, le scienze naturali, la fisica e le materie tecniche.

Occorre proporre soluzioni e progettualità utili a rafforzare i livelli di competenze dei nostri studenti, orientandosi verso un insegnamento delle discipline scientifiche maggiormente dinamico e immersivo, nel quale sia prevalente l’impiego del metodo sperimentale per la creazione, la costruzione e la comprensione dei saperi scientifici

 

Il modello scolastico italiano produce buoni risultati per quel che riguarda le competenze scientifiche? Il livello di apprendimento degli studenti viene misurato a cadenza regolare da rilevazioni nazionali e internazionali. Queste ultime in particolare offrono la possibilità di confrontarsi con gli altri paesi, fornendo degli importanti spunti di riflessione su pratiche didattiche, percorsi di crescita, vincoli e debolezze, importanza del background degli studenti.

Così, mentre l’indagine TIMSS (Trends in International Mathematics and Science Study) rileva gli apprendimenti in matematica e scienze degli studenti di quarta elementare e terza media in oltre 60 paesi, l’indagine PISA (Programme for International Student Assessment) mette sotto la lente d’ingrandimento il livello di conoscenze e competenze degli studenti quindicenni provenienti da oltre 90 paesi.

Alla fine del 2020 sono stati pubblicati i risultati dell’indagine TIMSS condotta nel 2019 (la cadenza è quadriennale), che mostrano per l’Italia segnali positivi per quel che riguarda la scuola primaria, meno per quel che riguarda la media. In matematica, il punteggio medio conseguito dagli studenti di quarta elementare è pari a 515, un valore significativamente superiore a quello medio internazionale (500) e in crescita rispetto alle ultime quattro rilevazioni. Gli studenti di scuola media, invece, raggiungono un punteggio allineato con quello degli altri paesi, ma non mostrano miglioramenti significativi rispetto ai risultati delle ultime due edizioni del 2011 e 2015. Anche nelle scienze si osserva una performance migliore per i più giovani, mentre alle medie viene a mancare un trend positivo nel tempo. Scendendo più nel dettaglio, si osserva una particolare debolezza dei risultati in fisica: il punteggio di 500 in terza media è infatti frutto di performance in scienze della terra (512) e biologia (508) che compensano lacune in chimica (484) e, appunto, in fisica (487).

(Copertina) Esser mio frale – tentativo di costruzione n. 13, Marco Cingolani, 2019, elementi in metallo e magneti al neodimio. Foto di Giacomo Attili. (Sopra) Esser mio frale, personale di Marco Cingolani, Pio Monti - Idillio Arte Contemporanea, Recanati, 30 giugno-28 agosto 2019

 

La scienza, intesa in senso esteso come l’insieme dei saperi della matematica, della fisica, della chimica, della biologia, dell’ingegneria e della tecnologia, non solo fornisce gli strumenti fondamentali per interpretare i fenomeni che ci circondano, ma, diffondendosi nel frattempo sempre di più nel lavoro e nelle attività di tutti i giorni, ha anche cambiato le abitudini e i nostri stili di vita. I metodi, gli argomenti e gli algoritmi rigorosi che la scienza utilizza e valorizza, dando un ruolo centrale – anche se non esclusivo – all’evidenza empirica, aiutano a navigare con spirito critico e con più sicurezza in una società largamente digitalizzata e immersa in un flusso di informazioni continuo, interpretando e assegnando il giusto valore alle informazioni. Infine, ma non meno importante, nessuna cittadinanza attiva e partecipazione democratica alle decisioni politiche che a ogni livello – dal più locale al più globale – vengono prese sono oggi possibili senza possedere un livello minimo sufficiente di nozioni e competenze scientifiche. Alcune vicende della pandemia – in primo luogo quelle legate alle polemiche relative alla valutazione della pericolosità degli effetti collaterali dei vaccini a fronte dei loro benefici – sono molto recenti e ce l’hanno ricordato con tutta evidenza.

Purtroppo, come sappiamo, l’Italia ha ritardi gravi in questo campo, a partire dalla scuola. Nella scuola italiana le scienze vengono insegnate agli alunni della primaria come una materia integrata, favorendo un approccio complementare ad altri saperi e argomenti; a mano a mano che gli allievi crescono le materie scientifiche acquisiscono un’articolazione più strutturata e complessa attraverso un insegnamento che prevede una distinzione più marcata tra la matematica, le scienze naturali, la fisica e le materie tecniche.

Il modello scolastico italiano produce buoni risultati per quel che riguarda le competenze scientifiche? Il livello di apprendimento degli studenti viene misurato a cadenza regolare da rilevazioni nazionali e internazionali. Queste ultime in particolare offrono la possibilità di confrontarsi con gli altri paesi, fornendo degli importanti spunti di riflessione su pratiche didattiche, percorsi di crescita, vincoli e debolezze, importanza del background degli studenti.

Così, mentre l’indagine TIMSS (Trends in International Mathematics and Science Study) rileva gli apprendimenti in matematica e scienze degli studenti di quarta elementare e terza media in oltre 60 paesi, l’indagine PISA (Programme for International Student Assessment) mette sotto la lente d’ingrandimento il livello di conoscenze e competenze degli studenti quindicenni provenienti da oltre 90 paesi.

Alla fine del 2020 sono stati pubblicati i risultati dell’indagine TIMSS condotta nel 2019 (la cadenza è quadriennale), che mostrano per l’Italia segnali positivi per quel che riguarda la scuola primaria, meno per quel che riguarda la media. In matematica, il punteggio medio conseguito dagli studenti di quarta elementare è pari a 515, un valore significativamente superiore a quello medio internazionale (500) e in crescita rispetto alle ultime quattro rilevazioni. Gli studenti di scuola media, invece, raggiungono un punteggio allineato con quello degli altri paesi, ma non mostrano miglioramenti significativi rispetto ai risultati delle ultime due edizioni del 2011 e 2015. Anche nelle scienze si osserva una performance migliore per i più giovani, mentre alle medie viene a mancare un trend positivo nel tempo. Scendendo più nel dettaglio, si osserva una particolare debolezza dei risultati in fisica: il punteggio di 500 in terza media è infatti frutto di performance in scienze della terra (512) e biologia (508) che compensano lacune in chimica (484) e, appunto, in fisica (487).

L’artista Marco Cingolani al lavoro, 2020. Foto di Giacomo Attili

Il ritardo italiano nell’istruzione scientifica femminile priva il paese di un grande bacino di talenti in campi che saranno sempre più importanti nel mondo del lavoro del futuro, rendendo più lenta la progressione lavorativa e sociale delle donne

 

Il tema degli apprendimenti scientifici fa scattare anche un altro allarme, quello legato ai divari di genere: infatti, se negli apprendimenti legati alla lettura le bambine e le ragazze dimostrano di andare meglio dei loro compagni di scuola maschi, la situazione si capovolge negli apprendimenti scientifici. Così, andando a guardare ai risultati ottenuti dalle alunne e dagli alunni di scuola elementare si scopre che le prime scontano un ritardo di 12 punti rispetto ai secondi (509 vs 521) in matematica e di 8 punti (506 vs 514) in scienze. Alle medie le cose non cambiano molto: il ritardo delle studentesse di terza media è di 12 punti in matematica, uno tra i più alti a livello internazionale, e di 7 punti in scienze; in quest’ultimo caso l’Italia è uno dei 6 paesi su 40 nei quali si osserva un divario significativo a svantaggio del genere femminile.

Tali divari negli apprendimenti scientifici che si originano nei primi anni di scuola sono destinati a consolidarsi al crescere degli studenti, con implicazioni non soltanto sui livelli di competenze e conoscenze possedute ma anche sulle scelte di scuola superiore, prima, e sulle scelte di corso universitario, poi. Se è vero che al liceo scientifico c’è un sostanziale bilanciamento tra maschi e femmine, negli istituti tecnici tecnologici le ragazze rappresentano circa il 15%, percentuale che invece cresce fino all’80% circa nei licei linguistici e addirittura al 90% nei licei delle scienze umane. Le scelte fatte a 14 anni sono poi destinate a influenzare fortemente quelle fatte a 19, tant’è vero che la percentuale di laureate in corsi di laurea di ingegneria si attesta attorno al 25% mentre in alcuni ambiti scientifici come l’informatica questo dato scende fino al 15%.

Anche se poco discusso, questo ritardo italiano nell’istruzione scientifica femminile priva il paese di un grande bacino di talenti in campi che saranno sempre più importanti nel mondo del lavoro del futuro, rendendo più lenta la progressione lavorativa e sociale delle donne. Le ragioni e le origini dei divari sono molteplici e vanno ricercate tra le mura domestiche (aspettative e credenze dei genitori correlano con l’auto-percezione dei figli sulle proprie abilità), nelle esperienze fatte dai bambini a partire da quando sono ancora molto piccoli (la maggiore libertà di movimento e di organizzazione e il minor controllo dei maschi rispetto alle femmine nell’infanzia portano i primi ad avere maggiori esperienze di tipo spaziale che correlano a loro volta con maggiori abilità concreto- spaziali), nella presenza di stereotipi di genere consolidati (espliciti e impliciti, propri

dei ragazzi così come dei genitori e degli insegnanti) ecc. Ci sono però alcuni segnali di speranza sul fatto che sia possibile arginare questo fenomeno: ad esempio, i risultati di una recente ricerca dell’Università di Torino in collaborazione con la Fondazione Agnelli mostrano come l’impiego di metodologie didattiche di apprendimento attivo e cooperativo nella scuola primaria possa ridurre i divari negli apprendimenti, rinforzando le competenze delle alunne senza andare a scapito di quelle dei loro compagni.

In conclusione, i ritardi della nostra scuola negli apprendimenti scientifici sono significativi: per recuperarli occorre investire sulla didattica delle STEM, che in Italia rimane molto astratta e poco laboratoriale, a differenza degli altri paesi europei. Da questo punto di vista, il grande successo del nuovo indirizzo del liceo delle scienze applicate, che si scosta dalla tradizionale impostazione storica e umanistica della scuola superiore italiana, in linea con le migliori esperienze europee, è un segnale incoraggiante.