Un nuovo rapporto tra testa e mani

La Fondazione Leonardo persegue l’umanesimo digitale, l’intreccio tra valori umanistici e valori tecnologici. A fondamento di questa scelta c’è la consapevolezza che l’Italia deve superare il gap formativo che sinora ha penalizzato le competenze scientifiche, tecniche ed epistemologiche a favore di quelle umanistiche.

Da quel divario sono derivati il disallineamento tra il sistema della formazione e le esigenze del mercato del lavoro, il rallentamento della mobilità sociale determinato dalla riduzione delle possibilità di occupazione, la scarsa sensibilizzazione delle famiglie e dei ragazzi al valore dell’istruzione professionale e tecnica.

Alcuni sociologi americani ritengono che sia specificamente occidentale la difficoltà di collegare mani e testa. Non sappiamo se l’osservazione valga per tutto l’Occidente, ma vale certamente per l’Italia. Ancora oggi, nella nostra esperienza quotidiana, è abituale manifestare stupore quando in un manufatto si riconosce il valore intellettuale della maestria tecnica. Analogo stupore si mostra quando si constata l’abilità manuale di un qualche professionista dell’intelletto. Questa svalutazione delle competenze tecniche viene da lontano. Già nella Repubblica fiorentina le arti maggiori erano sette, tutte attività intellettuali o legate al lusso, come i setaioli e i pellicciai. Le quattordici arti minori comprendevano le attività prevalentemente manuali. Alcune di esse, dei fabbri, dei maestri della pietra e del legname, richiedevano comunque spiccate capacità intellettuali; questo poco contava perché la prevalenza della mano offuscava il ruolo della testa.

Cinque secoli dopo, nel 1867, in occasione della Exposition Universelle di Parigi si manifestava un’altra dimostrazione del pregiudizio della contrapposizione tra testa e mani. La Commissione imperiale francese decise di tenere una esposizione retrospettiva dedicata alla storia del lavoro allo scopo di «facilitare, per la pratica delle arti e dei mestieri e per lo studio della loro storia, il confronto dei prodotti del lavoro dell’uomo nelle diverse epoche e presso i vari popoli». L’Italia partecipò con opere italiane custodite in musei francesi, con oggetti preistorici e archeologici e opere d’arte sino al tardo Settecento. Il lavoro da mettere in mostra, in questa prospettiva, era solo quello che aveva un contenuto prevalentemente aristocratico, intellettuale o storico.

Nei nostri tempi l’antico pregiudizio nei confronti del lavoro manuale è diventato pregiudizio nei confronti della tecnologia. La contrapposizione tra testa e mani espone al rischio di fallimento l’imponente piano di ripresa varato dal governo e successivamente approvato dal Parlamento. Il programma infatti richiede un esteso ricorso a competenze tecnologiche, un potenziamento della cultura del risultato rispetto alla cultura della procedura, la compresenza di progetto e azione. Tutti obiettivi che richiedono un formidabile sforzo di raccolta delle risorse. Ma non possiamo limitarci al presente; serve un programma per il futuro. Il presidente del Consiglio ha espressamente sollecitato, in occasione della presentazione del suo governo alle Camere, una ripresa d’interesse per le competenze tecniche. «Siamo chiamati – ha affermato – a disegnare un percorso educativo che combini la necessaria adesione agli standard qualitativi richiesti, anche nel panorama europeo, con innesti di nuove materie e metodologie, e coniugare le competenze scientifiche con quelle delle aree umanistiche e del multilinguismo».

Il primo ostacolo da superare riguarda la supposta inferiorità di status che deriverebbe dalla frequenza degli istituti tecnici rispetto ai licei. Gli istituti tecnici vanno trasformati in licei tecnologici, con integrazione dell’attuale formazione e diploma finale professionalizzante. Il secondo ostacolo da superare riguarda la supposta inidoneità delle donne al lavoro tecnico. Le donne sono presenti solo per il 15% negli istituti tecnici e tecnologici, mentre sono presenti al 90% nei licei di scienze umane. Il paese deve recuperare una così grande riserva di capacità che potrebbero essere decisive nel nostro futuro prossimo. Una pubblicità del governo a favore della formazione tecnica potrebbe aiutare a far conoscere le possibilità occupazionali che vengono oggi offerte da quelle competenze. Bisogna convincere innanzitutto le famiglie, perché alla fine della terza media una ragazza o un ragazzo difficilmente scelgono da soli. A questo proposito potrebbe essere utile una lettera del ministro dell’Istruzione da indirizzare a tutte le famiglie i cui figli stanno terminando la terza media, che spieghi le opportunità che offre una preparazione tecnologica a tutti i livelli. Per ricostruire il paese serve un nuovo rapporto tra testa e mani.

(Copertina) Ciencia, Orlando Agudelo-Botero, 2017, tecnica mista su tela