02.10.2023 Marco Casu

2030-2040 Futuri Probabili: dall'account all'avatar

Νεάπολις, la nuova città, diviene la capitale del futuro, anzi dei "FUTURI im(possibili)", nei tre giorni del Convegno che celebra i primi dieci anni di attività dell'Italian Institute for the Future (Napoli, 28-30 settembre 2023).

Noi di "2030-2040 Futuri Probabili", progetto di ricerca promosso da Fondazione Leonardo - Civiltà delle Macchine con il sostegno di Intesa Sanpaolo, non potevamo mancare.

Per presentare i nostri documentari, le nostre ragazze e i nostri ragazzi, in compagnia di Massimiliano Nicolini, Direttore Ricerca e Sviluppo di Olimaint e tra i massimi esperti di realtà immersiva a livello internazionale.

Abbiamo iniziato questa ricerca con una sola convinzione: il futuro non accade, ma si costruisce nel presente. È il frutto delle decisioni che prendiamo oggi. Non è l'esito inesorabile di proiezioni e statistiche. Che ovviamente restano il nostro punto di partenza: analizziamo i dati, consultiamo gli esperti, seguiamo i trend e le curve, ma quelle curve siamo noi. E sono soprattutto i più giovani di noi, i nativi digitali, Generazione Z e Generazione Alpha. Il futuro non c'è. Ci sono loro. E noi andiamo da loro.
Nell'ultimo anno e mezzo ne abbiamo conosciuti tanti. In questi video ne conoscerete alcuni. Ora vi parlerò di due di loro, Camilla, 11 di Anguillara Sabazia vicino Roma, e Domenico, 13 di Trinitapoli, vicino Barletta.
Camilla ci parlerà dei limiti della realtà immersiva: alla realtà immersiva manca l'odore della pioggia. Certo è un grande limite, per che lei ha 11 anni.

Per noi è fantascienza. Eppure ci siamo quasi. Ce lo spiega Salvatore M. Aglioti (Professore ordinario di Neuroscienze cognitive e Fisiologia psicologica, Sapienza Università di Roma), in questo video:

https://youtu.be/Q2hrkcM24II

La storia del digitale, dell'interfaccia umano-macchina, e anche delle relazioni umane attraverso la macchina, ha conosciuto interazioni molto più limitate. 
Pensate a Pong, il videogioco di tennis degli anni 70, bidimensionale: puoi solo muovere su e giù una racchetta stilizzata. Ora il limite è la digitalizzazione dell'olfatto in una realtà tridimensionale in cui già posso guardare in alto col visore e vedere la pioggia che mi cade addosso. E presto potrei sentirne le gocce sul viso.

O pensate a internet, la cui storia è una corsa verso livelli sempre più intensi di interazione, una storia che parte da un'interazione molto elementare: il Web1, quello degli anni Novanta, è costituito da pagine statiche, pagine di testo. Chi conosce il linguaggio HTML può scriverle, gli altri leggono. Col nuovo Millennio nasce il Web2, sorgono i primi servizi (Blogger, Wordpress e poi certo Youtube e facebook) che consentono all'utente medio di creare il proprio spazio di condivisione, e di commentare gli spazi altrui, postare foto e video. Sono servizi spesso gratuiti, però in fondo i dati personali di un account di facebook fruttano a Zuckerberg circa 16 dollari al mese, quasi 3 volte un abbonamento Netflix. Ma è anche vero che l'interazione digitale si è fatta più intensa.
Nel Web1 leggi, nel Web2 leggi e scrivi, ti mostri e vedi, nel Web3 ti ci muovi. E potrai persino toccare con mano, o meglio illuderti di toccare con mano, questo nuovo mondo, il Metaverso, il mondo di là.
Ma cosa significa Metaverso? E cosa Web3? Ce lo spiega Massimiliano Nicolini in questo video:

https://youtu.be/K4bbMI1q96Q

Senonché Camilla e Domenico non parlano di Web3 e non sanno cosa significhi Metaverso. Non lo sanno però lo fanno. Lo chiamano Gaming.

- Sono abituati a muoversi, anzi a muovere i propri avatar (personalizzati a piacimento), in ambienti tridimensionali, con o senza visori, ma pur sempre di fronte ad uno schermo (e dunque ad una webcam) e indossando un headset (dunque un microfono);
- sono abituati a giocare a diversi giochi con lo stesso avatar, cioè a cambiare applicazione mantenendo lo stesso avatar, per ora all'interno di una stessa piattaforma; 
- sono abituati a passarci molto (a volte troppo) tempo, anche oltre l'effettivo tempo di gioco: non li si limitano a giocare, ma chiamano, videochiamano, commentano, postano, socializzano, fanno amicizia, una nuova forma di amicizia (con nuove opportunità: amici da tutto il mondo, e nuovi pericoli, chi o cosa c'è dietro l'avatar che sto conoscendo?); 
- sono abituati ad interagire a qualsiasi ora del giorno e della notte con altri avatar connessi da qualsiasi altra parte del mondo, ma sono abituati anche ad interagire con avatar privi di controparte reale, fisica, umana: i famosi PNG, i personaggi non giocanti, azionati dall'intelligenza artificiale.

I videogiochi sono stati un banco di prova essenziale per la storia dell'intelligenza artificiale. La capacità di muoversi in uno spazio, di interagire con l'ambiente circostante, è una caratteristica fondamentale dell'intelligenza umana, che non è solo speculazione, giudizio morale, genio e creatività, è anche routine dei movimenti, automatismi, abitudini. L'intelligenza artificiale, probabilmente, non avrà mai entrambe queste dimensioni. Resterà automatismo. Mai dire mai, ma per per ora solo noi siamo in grado, a volte, di andare oltre l'automatismo, di andare fuori programma, solo noi abbiamo entrambe le dimensioni, l'abitudine e la creatività, e dobbiamo conservarle entrambe. Dobbiamo fare in modo che il digitale ci aiuti a mantenerle entrambe. 

Domenico ci parlerà della sua dipendenza da Gaming. Un tempo faceva "maratone da 10 ore", con un gioco di guerra. Grande concentrazione e grande stress. Fino ad avere un attacco epilettico. Sapeva di esagerare. La mamma glielo diceva. Però, nella "foga del gioco", era difficile ascoltarla.

La foga del gioco può essere anche utile. Il gioco ha un potenziale intrattenente che la scuola, anche la scuola italiana, sta già sperimentando. Camilla e Domenico studiano la storia con Minecraft. Una cosa è leggere un capitolo sui Longobardi, un'altra ricreare un insediamento e muoversi al suo interno. E questo è positivo.

https://youtu.be/d84ZUC91Jgc

Ma è un potenziale di intrattenimento che ha ovviamente anche un rovescio: gli automatismi prendono il sopravvento. Anche sul corpo, che ha bisogno di pause. Il mio avatar non ha bisogno di pause. Ma io sì.

Questo è un punto importante: i metaversi non sono solo ambienti, non sono solo spazi, ma hanno anche una propria temporalità, una temporalità persistente, perpetua. Non umana. Il gioco è una parte fondamentale dell'esistenza umana. Ma deve essere limitato, circoscritto nello spazio (possiamo giocare alla lotta nel ring, o nel videogioco, non fuori) ma anche circoscritto nel tempo. 
Viviamo in un tempo che mette in discussione non solo il confine tra reale e virtuale, ma anche il confine tra ludico e non ludico. Che era un confine importante per ogni comunità. Ancora poco tempo fa la domenica calcistica era sostanzialmente tarata sullo Shabbat. Ora non più.
Viviamo ormai nell'epoca della fusione. Ce lo spiega Luciano Floridi, il filosofo che ha dato il nome a quest'epoca "onlife": 

https://youtu.be/EXOKPI_pkwI

Riepilogando, tratti del Gaming: ambienti tridimensionali in una virtualità sempre più realistica, temporalità perpetua, un'intelligenza artificiale sempre più interattiva, anche a livello conversazionale, un unico avatar personalizzato che viaggia tra applicazioni diverse, la possibilità di passare un tempo indefinito a fare tante cose diverse attraverso il proprio avatar: sono tutti i caratteri del Metaverso, già pienamente prefigurati dal Gaming. 

Si capisce così anche la corsa di Zuckerberg verso il metaverso. Camilla e Domenico ora socializzano sulle piattaforme di Gaming e non sui social "tradizionali", almeno non su facebook. Domenico ha instagram, non lo usa tanto. Camilla non lo userà mai. Nel 2012 facebook rileva instagram e nel 2014 Whatsapp. Nello stesso anno anche Oculus VR che produce i visori. Meta, che dal 2021 riunisce tutte queste applicazioni, è un piccolo metaverso, non è IL metaverso.
Il Metaverso al singolare dovrebbe prevedere un accordo industriale trasversale. Cioè che tutte le big tech si mettessero d'accordo per rendere interoperabili le loro applicazioni: software compatibili, hardware compatibili. E in effetti sembra si stiano mettendo d'accordo, quasi tutti, tranne (per ora) Apple.

La questione è questa: dato che si stanno mettendo d'accordo sui protocolli del metaverso, sulle regole del gioco (in tutti i sensi), sulle norme che incideranno sulla normalità del futuro, dato che c'è una contrattazione in corso, è bene partecipare a questa discussione, a questa costruzione di futuro. Partecipare tutte e tutti.
Non solo i grandi imperi industriali, ma anche voci esperte in ogni campo, dall'informatica al diritto alla psicologia, tutte le voci che riusciamo a raccogliere. 
Ma soprattutto è bene che partecipino anche Camilla e Domenico. Che entrino in questo dibattito. E forse, attraverso questi video, ci stanno davvero entrando.

Courtesy Image: Italian Institute for the Future