5G, la tecnologia plasma il futuro: l'umanità è un'appendice superflua
Andate a cercarvi su YouTube lo spot Tim-5G. Il futuro. Insieme è il titolo.
Dura un minuto esatto, meno della lettura di questo articolo e quel poco di tempo, in due storie parallele di due ragazze – un matrimonio e un intervento chirurgico – dipana il significato delle infinite potenzialità date all’uomo nell’epoca compiuta della tecnica.
Tutto quello che si può fare nell’evoluzione del digitale, il superamento del virtuale nell’inverarsi di un robot che da ogni lontano può fare qualsiasi cosa – anche il trapianto di un cuore – trova il suo romanzo in questo piccolo film fatto di commozione, emozione e felicità.
E trova anche il suo manifesto che è appunto il significato di cotanto significante: il futuro è già il nostro presente.
Nessuna meraviglia che si prenda a pretesto un “carosello” di pura propaganda commerciale, la tecnica sopravanza qualunque cautela perché questa, allo stesso modo della natura, è “indifferente” agli sbocchi istituzionali ed etici, figurarsi quelli del mercato. I giga sono solo pretesti della poiesis, il far emergere ciò che è ancora da venire.
Anche Vodafone, in questi giorni, attraverso il 5G ha “dimostrato” la possibilità di un’applicazione chirurgica per via remota e digitale, il destino dell’uomo si dispiega nello spazio dell’assoluto, la nostra giornata è il dì di festa e lo stesso protagonista del film Tim – un padre di famiglia, colto dalla macchina da presa nel giorno di gioia – non è un attore ma tra i medici è uno dei più ammirati al mondo per la sua abilità e le sue competenze di robotica.
È il professor Francesco Musumeci, cardiochirurgo in forza all’ospedale San Camillo di Roma. La sceneggiatura lo racconta mentre durante la funzione sacra risponde a un’emergenza. La partitura di Camille Saint-Saens – la colonna sonora – fa il resto, ovvero, nell’impasto di umanesimo e tecnologia esalta il sentimento di una sfida: realizzare l’impossibile, fare del futuro il nostro presente e di ogni, distanza – appunto – un traguardo. Quel che sembra fantascienza è già scienza. C’è da fare un trapianto, il professore sta vivendo un suo momento intimo e specialissimo – il matrimonio della propria figlia – e però la tecnologia arriva in soccorso.
Andate dunque a vederla la scena: il professore posiziona lo smartphone sulla balaustra di una bifora in pietra affacciata sul mare, quindi inforca un visore e intorno a lui si squaderna in olografia la camera operatoria su cui “effettivamente” può intervenire ed ecco: l’opera è compiuta.
Sul visore, e sulla scena, batte vivo un cuore.
La ragazza distesa sul tavolo operatorio è circondata da donne e uomini in camice. Sono tutti grati e sorridenti della felice riuscita dell’intervento, resta da fare la cucitura e il chirurgo in collegamento dalla sala – è una donna – mentre esce per dare notizia ai parenti della paziente può dire al professore: “Grazie, continuiamo noi”.
Il professore rientra in chiesa, afferra la mano della moglie in una stretta tutta di amore mentre lo sponsale si conclude nel sì e negli evviva. Il lieto fine sovrappone due fotogrammi – il cuore trapiantato e i tanti cuori ex voto cui porgono omaggio i due sposi – e i fatti della vita, allora, come quelli della morale, della scienza trasformano l’ovvio sentimentalismo di tutto ciò che è umano nel sovrappiù dominante della tecnica.
Continua sempre lui, per tutti noi, il futuro. È già il nostro passato.
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