Moda e digitale
La moda, la si può snobbare fieramente malvestiti: quand’è così – a maggior ragione – la si subisce sotto l’anodina specie della fast fashion.
Tanto vale interessarsene, fuggire gli stracci finché è possibile, costruirsi un atollo di lusso e desiderio, un proprio mondo che di solito, prima di arrivare nell’armadio, stazioni per qualche giorno in un carrello virtuale. L’abitudine all’acquisto di capi online non è un fatto nuovo per chiunque abbia familiarità con Asos, Shein, Yoox et similia, ma adesso il raggio si allarga fino a diventare prassi. Il mondo del lusso prende atto della vita ameboide, rafforzata dalla pandemia, aprendo sempre di più a quanto assecondi la compulsione del click da divano. La malattia ha fermato i nostri corpi lassi, accelerando l’impetuoso progresso. Fisico e virtuale diventano due momenti di un’unica esperienza (è questo il lemma – esperienza, appunto – in assoluto più adescante). Lo sanno bene Dolce e Gabbana che già nel 2020, in vista dell’apertura post-pandemica a Hong Kong, escogitavano la “video-boutique” affinché i clienti potessero fare i propri conti da remoto prima di andare in negozio a comprare.
Oggi si profila da un lato il webrooming, fenomeno pensato nei termini dei preliminari online e del coronamento con l’acquisto fisico, dall’altro la strategia speculare e forse vincente, lo showrooming.
Quest’ultimo parte dal corpo in movimento che sempre più si lascia vincere dal dito snodato sullo smartphone, dito disposto a darsi tregua solo se nel negozio fisico trova un quid pluris irrinunciabile. I negozi diventano così gallerie che non lasciano spazio a tiepidi commessi, e richiedono invece consulenti, narratori audaci che spingano i clienti a cliccare sui prodotti una volta tornati a casa. Quello della moda e della vendita al dettaglio è un indubbio segnale: il digitale, come una specie infestante, mangia tutto e ammette l’uomo se e solo se questo dimostra di sapersi smarcare dai manichini in vetrina e fa la differenza persuadendo. Il cliente vuol essere corteggiato, la compravendita diventa un rito di seduzione e se così non è, si torna al pulsante fatale del puro e-commerce.
In questi complicatissimi tempi in cui fisico e virtuale si intrecciano in gravi interrogativi, i pionieri assurgono a fari. Già dalla fine degli anni ’90, la boutique fiorentina LuisaViaRoma apriva a internet con un prometeico www.com che ha resistito alle tempeste e accostato i “venerati maestri” (Dior, Givenchy, Prada) alle più “brillanti promesse”, con qualche spazio per i “soliti stronzi”. I fiorentini furono i primi in Europa a presentare il giapponese Kenzo, e credono oggi in Gilda Ambrosio e Giorgia Tordini, le due giovani madrine di The Attico. Per chi non lo conoscesse, The Attico (un nome, un programma) è un marchio costoso ma non tanto edonista: a guardare le foto sul sito del brand, piene di faccioni sgraziati e apparecchi dentali, non si pensa ai sontuosi piani alti ma alla voglia di espiazione di chi fa spendere e spende. Insomma, la pagina online (più che brillante promessa, noiosa premessa) è a rischio moralismo gradito alle masse. Le stesse masse da cui sono saggiamente lontani tutti coloro i quali, pur devoti alla moda, ingannano la caducità pensando in termini di unicità, rasentando l’arte pura. Il progetto ascolano Demanumea (un altro nome, un altro programma: de-manu-mea, “dalla mia mano”) ha pensato la borsa come capolavoro. In un mondo femminile fatto di monogram e mimetismo, Demanumea ha disegnato un universo di borse le une diverse dalle altre: non c’è un pezzo che si ripeta e che non abbia il suo posto riservato sulla piattaforma online. Pittori, scultori, orafi, coinvolti da Silvia Scaramucci, si rivolgono a clienti per ridestare in loro l’anelito all’unicità. Non per mezzo dell’accalappiante richiamo all’esperienza, questa volta, ma attraverso il pensiero di un prodotto concreto e unico che ai troppi interrogativi preferisce rispondere con grazia anziché furbizia.
L’alta moda non può certo resistere alla volontà di potenza del digitale.
Anzi, per essenza e per coerenza, la moda è in avanscoperta sul fronte, e fornisce risposte le più diverse. Anche perché, leopardiana sorella di Madama Morte, ha bisogno di uccidere per esistere e di cambiare per scampare. Alla fine della tempesta, ormai prossima, sapremo chi resterà a galla.
Credits Copertina: Pexels.com
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