11.09.2019 Giovanni De Gennaro

È una battaglia per il futuro, sorprendetemi

Racconto poco di me. Tuttavia la storia del mio rapporto con “Civiltà delle Macchine” voglio proprio raccontarla.

Ero stato di recente nominato presidente di Finmeccanica, oggi Leonardo, allorché mi imbattei in un libretto, edito non ricordo più da chi, che mi ritrovai a sfogliare con inusitata curiosità. Raccoglieva alcuni editoriali e gli articoli più significativi pubblicati da “Civiltà delle macchine”. Cominciai a leggerli e mi resi conto che in quella rivista, fondata da Giuseppe Luraghi e Leonardo Sinisgalli, non solo c’era un’idea che mi affascinava ma anche una passione dentro, che sentivo vicina alle mie curiosità.

L’idea che mi piaceva era quella di una grande impresa che dialoga con la società attraverso la cultura. E in questo dialogo compie l’operazione più ambiziosa e più carica di futuro, perché non considera la cultura un giacimento esaurito che va ben amministrato, ma una cosa vivente che cambia giorno per giorno e incrocia le nostre vite: dalle arti, alla scienza, fino al nostro modo di vivere in questo mondo e al mai sopito desiderio di viverci meglio e il più a lungo possibile.

La passione di quelle pagine, firmate dai migliori poeti, scrittori, scienziati della fine degli anni Cinquanta, era quella per il progresso. Forse allora si diceva “miracolo” perché l’Italia aveva fatto il miracolo di trarsi fuori dai drammi del dopoguerra e di collocarsi tra le maggiori potenze mondiali. Il tutto a prezzo di enormi sacrifici, ma con la forza dell’ottimismo di una nazione giovane.

Io vedo che oggi molti sentimenti agitano le persone che vivono accanto a noi, anche se parlano lingue diverse e hanno colori differenti dai nostri. E tra questi sentimenti c’è la paura. Una paura che nasce talora, possiamo dirlo senza fingere che non sia così, da una percezione di insicurezza di fronte al progresso. E questo accade mentre il mondo cambia così velocemente che non si fa a tempo a ragionare sull’oggi prima di scoprire che è già ieri. Ed ecco allora l’idea. Far rivivere “Civiltà delle macchine” perché torni a riproporre quel dialogo tra società e impresa attraverso la cultura. Perché torni a far ardere il fuoco del progresso senza averne timore, vivendo ricerca, tecnologia e innovazione come fattori di crescita che impariamo a conoscere, a capire, ad amare.

Migrazioni 4, Pietro Ruffo, 2016, inchiostro e ritagli su carta stesa su tela, foto di Giorgio Benni

Ho continuato negli anni di permanenza a piazza Monte Grappa a lavorare a questo progetto. Mi ritrovai a discuterne all’inizio con Alessandro Pansa, che fu amministratore delegato di Finmeccanica e che oggi non c’è più, ne ho parlato con Mauro Moretti suo successore, e alla fine ne ho tirato fuori idee concrete con Alessandro Profumo, oggi amministratore delegato di Leonardo. Insieme abbiamo pensato all’utilità di una fondazione che rappresentasse qualcosa di nuovo. Non una delle tante rispettate strutture accademiche, ma un luogo dove idee diverse, anche le più pazze, possano confrontarsi, soprattutto con quelle dei giovani che hanno sensibilità per il futuro e che ora sanno che presso la Fondazione Leonardo possono trovare la propria casa. Il rinnovato dialogo tra Leonardo e la società civile nasce da questa suggestione. Abbiamo scelto di non fermarci alla sola realtà industriale, che già di per sé rappresenta un valore immenso, ma di far nascere anche strumenti che abbiano vita propria, autonoma, e che sappiano renderlo visibile e concreto. Uno di questi, sicuramente lo strumento principe, sarà “Civiltà delle Macchine”.

A tutti coloro che da oggi vi collaboreranno, voglio lanciare una sfida. Fateci vedere se sarete capaci di aprirvi al mondo, di farci ragionare sul futuro, di collocare il delicatissimo viaggio nel passato tra le cose affascinanti e preziose di cui aver cura. Nessuno vi misurerà, infatti, sulla vostra precisione accademica, ma tutti vi valuteranno sulla vostra capacità di osare, di trovare ciò che lega la scienza all’arte, alla musica, alla bellezza, alla durata della vita dell’uomo, alle sue gioie e anche ai suoi piaceri.

“Civiltà delle macchine” al suo tempo fu una rivista controcorrente per i temi che affrontava, per come li affrontava. Perché mandava scrittori e poeti nelle fabbriche, perché mostrava la centralità della matematica nella vita quotidiana, perché chiamava a sé i più grandi guru della pubblicità del tempo, e uno dei maggiori fu proprio Leonardo Sinisgalli, il suo inventore. Nomi grandiosi apparivano nei sommari della rivista.

Il termine di confronto è certamente ambizioso, ma la sfida è tutta qui. Meno di questo oggi non si può fare. Ma la vostra sfida, la nostra sfida, non dovrà essere compressa negli angusti spazi di una gara con il passato. Tutt’altro. Dovrà essere una battaglia per il futuro, senza limiti ideologici, senza freni inibitori, senza paure, ma dando anche conto e dignità alle paure. E alla tecnologia e alla conoscenza scientifica come strumenti per vincerle.

Rifiuto l’immagine dei nostri lettori come un ristretto cenacolo di “progressisti”, voglio invece sognare un luogo affollatissimo in cui i cittadini di quest’epoca, siano o no italiani, si mettano a girare tutti insieme sulla ruota del futuro, imparando ad amarlo prima di vederlo, per cancellare così ogni sorta di timore irrazionale. Io sarò uno di loro.