Blade Runner, Rutger Hauer un eroe dal futuro
Il replicante Nexus 6 Roy Batty viene ufficialmente “ritirato” nel futuristico 2019 del Blade Runner di Ridley Scott. Nello stesso anno del suo personaggio cinematografico più iconico, si è spento l’attore Rutger Hauer.
Con la sua interpretazione, capace di trasporre tutto il genio letterario di Philip K. Dick, Hauer è riuscito a squarciare il mondo della fantascienza popolare, catapultandoci con un solo monologo verso il futuro delle relazioni tra uomo e macchina.
Prima di lui, il senso comune aveva dipinto gli automi come servili strumenti, dalle tre leggi della robotica di Isaac Asimov ai simpatici androidi di Guerre Stellari, o come gli emblemi di una razionalità sterminatrice, l’intelligenza artificiale di Stanley Kubrick. Hauer è invece riuscito a calare in un ineffabile corpo biomeccanico tutte le contraddizioni dell’essere uomini, restituendoci un androide more human than human, impegnato nella spasmodica ricerca di un antidoto alla propria mortalità, capace di dimostrare la pietas del compagno d’armi e la passione dell’amante. La stessa spiritualità trascendentale – che ci distingue in maniera archetipica - non è stata risparmiata dall’Ulisse sintetico di Hauer: incontrando lo scienziato Eldon Tyrell, Batty ci ricorda che non è cosa facile essere messi di fronte al proprio creatore, anche perché questo potrebbe non avere le risposte che cerchiamo.
Il nostro 2019 non è fatto di automobili volanti e cervelli sintetici, ma Batty sembra comunque chiederci, con quel viso solcato dal sangue e dalle lacrime della scena conclusiva: oltre la nostra carne ed i nostri circuiti, che cosa vuol dire essere uomini?
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